di Fabio Spina
“Il settore nucleare può rappresentare una grande opportunità per il futuro. Ciò spiega il «rinascimento nucleare» a livello mondiale. Questo rinascimento sembra schiudere orizzonti di sviluppo e prosperità.”[…] “Tutti sono coinvolti in questo progetto ambizioso e indispensabile, sia all’interno sia all’esterno del settore nucleare ed energetico, sia nel settore pubblico sia in quello privato, a livello sia governativo sia non governativo”.
L’intervento della Santa Sede è più articolato e profondo di quanto possa emergere dalle poche frasi riportate sopra: affrontando il tema della sicurezza si ricorda pure che, al fine di non far divenire il nucleare una pericolosa illusione, “le politiche energetiche devono essere considerate nella prospettiva dello «sviluppo integrale dell’essere umano» (Dichiarazione sul Diritto allo Sviluppo del 1986, art. 5), che include non solo lo sviluppo materiale, ma anche, e soprattutto, lo sviluppo culturale e morale di ogni persona e di tutti i popoli”.
In un intervento in cui la Santa Sede tratta direttamente problematiche ed opportunità connesse all’uso dell’energia nucleare, il Suo pensiero non sembra esattamente quello pregiudizialmente anti-nuclearista che veniva riportato da tutti i mass-media pochi giorni prima dei recenti referendum. Posizione anti-nucleare desunta interpretando i contenuti di un discorso, fatto da Benedetto XVI ad ambasciatori non interessati dal disastro di Fukushima e dai referendum italiani, in cui il termine “nucleare” non era mai citato (come peraltro soltanto La Bussola Quotidiana aveva puntulalmente rilevato).
Chiedersi come mai il discorso del 21 giugno non abbia avuto alcuna diffusione verso l’opinione pubblica è ingenuo, la Chiesa va fatta ascoltare solo quando il suo pensiero confluisce e s’ingloba in ciò che qualcun altro ha deciso essere la scelta “giusta”. Se invece non segue la corrente ed esce dal gregge belante, non va dato modo di conoscere la Sua posizione, la strategia diviene l’indifferenza.
La stessa indifferenza che sembra colpire i temi trattati dai referendum. Da settimane “stranamente” non arrivano più notizie dal Giappone. Fino al giorno prima del referendum i reattori fumanti stavano esplodendo, l’oceano era contaminato, i radio nuclidi erano trasportati dai venti a migliaia di chilometri di distanza, in Italia riprese dalle telecamere della TV migliaia di persone facevano incetta di pastiglie allo iodio e mascherine. Tutti sanno che la Germania chiuderà le sue stravecchie centrali, che hanno già finito il ciclo di vita da molti anni, mentre pochi sono informati che ad esempio Cina, USA e Giappone porteranno avanti i loro programmi per la costruzione di nuove centrali. Dopo il referendum l’attenzione su tali problematiche è tornata nella “norma”, nessuno informa su cosa sta accadendo in Giappone anche se l’evoluzione della situazione sembra relativamente positiva.
Anche per il tema acqua tutto sembra caduto nel dimenticatoio. Sui quotidiani e TV, ai titoloni pre-referendum sulla necessità dell’acqua pubblica, hanno fatto seguito spazi ristretti, ad esempio per l’aumento del 7% delle tariffe autorizzato dal governatore Vendola per l’acquedotto pugliese. Poco spazio anche se tale aumento, a detta di molti comitati promotori dei referendum sull’acqua, è stato effettuato aggirando il risultato referendario.
In un piccolo articolo pubblicato sul Corriere della Sera il governatore Vendola ha detto:”E’ indispensabile fare i conti con la realtà, non precipitare nei burroni della demagogia. Bisogna incrociare due principi: a) chi più ha più paga e chi meno ha meno paga; b) chi spreca paga”. E ha concluso: ”Noi stiamo interpretando legittimamente il risultato referendario sulla strada che non ci fa inciampare dal punto di vista dell’efficienza e dell’economicità dell’azienda”. Ai giornalisti che gli chiedevano perché queste cose non le ha dette prima del referendum, Vendola ha risposto:”Nessuno me le ha chieste”.
Ai referendum l’importante è vincere, a volte non serve neanche il “lungo” impegno per convincere ma basta avere i mezzi e “velocemente” saper spaventare. Ma un paese impaurito ed angosciato dal futuro cerca di aggrapparsi allo “status quo” che appare l’unica certezza, per questo tendenzialmente si schiera pregiudizialmente contro ogni proposta di riforma e/o cambiamento. Il rischio è divenire un paese immobile, dove regnano i “no” e i “contro”, dove non si costruisce ma si è portati a demolire quello che cerca di fare l’altro: un paese incapace di “sognare” ed impegnarsi per un futuro migliore.