Neodemos 20 marzo 2018
Tra le questioni che agitano il dibattito politico italiano e internazionale, quella islamica è preminente. Fabrizio Ciocca ci aiuta a fare il punto sulle dimensioni della comunità islamica in Italia, una indispensabile base per ogni onesto dibattito sull’argomento.
Fabrizio Ciocca
La questione della presenza musulmana è ovunque in Occidente un tema di accesa discussione politica e sociale e il sentimento anti-islamico appare in continua crescita. Non sono pochi coloro che paventano una vera e propria “invasione islamica”. In questo scenario, è quanto mai necessario poter disporre di dati sulla reale presenza musulmana nel nostro Paese.
I Numeri
In Italia, come nella maggior parte dei paesi europei, non esistono statistiche ufficiali sulla confessione religiosa delle persone; per quanto riguarda gli stranieri, si usa in genere attribuire loro la stessa religione del paese di origine. Questo metodo non presenta rilevanti problemi per i paesi dove la religione islamica è la religione esclusiva, o quasi esclusiva; altrimenti si usa attribuire, agli stranieri di una data provenienza, la stessa quota che i musulmani hanno nella popolazione di origine (sistema della “quota”) per ricavare una stima degli stranieri islamici. Questo metodo è sicuramente molto approssimato (1), ma fornisce comunque utili indicazioni generali.
Una prima stima a livello ufficiale è stata effettua dallo statunitense PEW Research Centre, che nel 2010 valutava la presenza in Italia dei musulmani residenti (regolari e rifugiati) pari al 3.7% della popolazione complessiva al 1/1/2011 per un valore di 2,2 milioni. Di questi, il 69% aveva un passaporto straniero mentre il 31% era di nazionalità italiana. Le prime dieci comunità islamiche per numerosità includevano l’88% di tutti i musulmani stranieri immigrati (Tabella 1).
La fondazione ISMU, in un recente studio (2) su “La presenza musulmana in Italia” al fine di correggere le distorsioni connesse all’applicazione del sistema della quota, utilizzando indagini campionarie condotte in diversi anni sulla popolazione straniera residente in Lombardia (in cui vive il 25% di tutti gli immigrati in Italia), ha provato a definire in modo più preciso l’appartenenza religiosa delle singole comunità immigrate. L’ISMU ha così valutato in 2,574 milioni i musulmani in Italia all’inizio del 2015, (valore che arriva a 2,7 milioni, includendo però anche la quota degli irregolari stimata intorno alle 200 mila unità a quella data), di cui 900 mila con passaporto italiano.
Un’ulteriore stima aggiornata è stata realizzata ancora dal Pew, che per il 2016 ha stabilito al 4.8% l’incidenza dei musulmani regolari sulla popolazione complessiva Italiana, pari a 2.9 milioni di soggetti; utilizzando invece la metodologia Ismu si avrebbe un valore pari 2.52 milioni (3) per lo stesso anno. Per quanto riguarda invece la componente italiana, il PEW la stima in 1,27 milioni. Di questi, 460 mila sono i naturalizzati con la cittadinanza (4), mentre i restanti 817 mila comprendono tutti i convertiti, e tutti coloro che sono nati già musulmani italiani, ossia da famiglie con almeno un genitore italiano. Indipendentemente dal tipo di metodologia utilizzata, emerge una serie di interessanti indicazioni: siamo in presenza di un Islam multietnico e multinazionale, stabile, composto da un insieme di soggetti con culture e tradizioni diverse, legati da una visione religiosa comune, per una cifra poco inferiore ai 3 milioni di persone e meno del 5% della popolazione complessiva in Italia.
Relativamente alle singole collettività immigrate, quella Marocchina e quella Albanese sono numericamente la prima e la seconda comunità islamica del Paese; è pur vero, però, che la prima comunità islamica è proprio quella Italiana, con oltre un milione di presenze.
Il ruolo della cittadinanza
Di notevole interesse è constatare come nel quinquennio 2012-2016, oltre la metà delle 657.982 richieste di cittadinanza accolte sono state presentate da cittadini provenienti da Paesi Islamici (5) (o con una elevata presenza musulmana, come nel caso della Macedonia) (Tabella 2).
Confrontando le stime effettuate dal Pew Research Center nel 2010 e nel 2016, risulta che in 6 anni i musulmani sono aumentati di 688 mila unità, pari ad un incremento annuale di 114 mila soggetti. Crescita determinata non tanto dalla componente straniera, aumentata di 191 mila unità (di cui la maggior parte sono soprattutto rifugiati o persone con un status di protezione internazionale), ma da quella “italiana” che ha un incremento di 497 mila unità, per la maggior parte attraverso l’acquisizione della cittadinanza. La percentuale degli Italiani musulmani sul totale dei musulmani è perciò aumentata dal 31% del 2010 al 44% del 2016.
Nessuna invasione ma minoranza stabile
In conclusione, i musulmani in Italia costituiscono meno del 5% di tutta la popolazione residente e dal 2010 sono aumentati di quasi settecentomila unità. Si tratta di numeri considerevoli, ma che non consentono di sostenere la tesi di un’Italia sommersa da una “invasione islamica”. Siamo di fronte ad una minoranza religiosa stabile, sempre meno legata ai fenomeni migratori e sempre più “italiana”, di dimensioni rilevanti, e di interesse crescente per i movimenti politici.
Note
1) Per molti Paesi, è assai incerta la distribuzione della popolazione secondo la religione di appartenenza
2) Alessio Menonna, “La presenza musulmana in Italia”, Factsheet, Giugno 2016, Fondazione ISMU
3) scarto dovuto soprattutto al fatto che il centro di ricerca italiano assegna una percentuale di affiliazione religiosa all’Islam per l’Albania e la Nigeria decisamente inferiore rispetto al PEW
4) Dal 2012 al 2016 applicando il sistema delle ‘quote’ sul numero di cittadinanze rilasciate sono circa 328 mila i musulmani naturalizzati, a cui vanno aggiunti altri 132 mila diventati italiani tra il 2002 e il 2011
5) I numeri della cittadinanza
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Nota di Rassegna Stampa: vi è una tendenza a rassicurare l’opinione pubblica riguardo il “problema islamico” puntando sul dato numerico: gli islamici non sono così numerosi come si vuol far credere e quindi non vi è una “invasione” in atto.
In realtà ciò che determina apprensione non è il numero più o meno ampio ma la volontà esplicitamente dichiarata da parte di una parte consistente dell’islam, anche italiano, di non volersi affatto integrare nella società ospite accettandone tradizioni, consuetudini e leggi, ma al contrario di voler imporre usi e tradizioni islamiche.
E’ tale integralismo che rende difficile – se non opportunamente governata – la convivenza e pericolosa la presenza islamica in Europa e in Italia, anche in presenza di un dato numerico non particolarmente consistente.