Ag Zenit (Zenit.org) 12 gennaio 2015
Alla vigilia dell’uscita nelle edicole, Mario Adinolfi presenta il quotidiano che ha fondato per sfatare “i falsi miti di progresso” promuovendo “una cultura della vita e della famiglia”
Federico Cenci
Da domani, 13 gennaio 2015, i lettori italiani potranno trovare in edicola una voce nuova. Una voce che, per dirla con il suo fondatore Mario Adinolfi, non canterà nel coro e sarà contro ogni mistificazione”. E che inoltre – va riconosciuto – non manca di coraggio. In un periodo storico tutt’altro che roseo per la piccola editoria, La Croce – quotidiano ha deciso di rinunciare ai finanziamenti pubblici e di lanciarsi in quest’avventura senza avere alle spalle alcun facoltoso imprenditore.
Un segno di fiducia nel futuro. Di fiducia nel fatto che un numero crescente di lettori è stanco di sciropparsi “i falsi miti di progresso” su temi quali aborto, eutanasia, gender, “nuovi diritti”. La Croce sfiderà questi “miti” proponendo “una cultura della vita e della famiglia”. Ma non finisce qui. Ogni giorno racconterà la realtà tutta, spaziando dalla politica all’economia, dalla cultura allo sport. Alla vigilia del debutto nelle edicole, Adinolfi presenta La Croce a ZENIT.
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Partiamo da qui, da quella che ho definito una scelta di coraggio. Cosa l’ha spinta a lanciarsi in quest’avventura senza finanziamenti pubblici e senza grandi gruppi alle spalle?
La necessità di farlo. Ho scritto un piccolo libro, Voglio la mamma, destinato a una platea di poche centinaia di amici. Improvvisamente ho scoperto che moltissime persone volevano parlare dei temi tabù che avevo affrontato nel volume, con il taglio che avevo dato io. Migliaia, decine di migliaia di persone mi hanno voluto incontrare in un massacrante tour di 125 date in otto mesi in fondo solo per ripetere insieme che sui temi essenziali del nascere, dell’amare, del morire noi abbiamo qualcosa da dire.
Vogliamo dire “contro i falsi miti di progresso” dell’aborto, dell’eutanasia, dell’omogenitorialità, dell’ideologia del gender che noi siamo per una cultura della vita e della famiglia, sempre a sostegno dei soggetti più deboli e davvero privi di diritti. Noi non accettiamo la visione antropologica di chi vuole trasformare le persone in cose: i bambini in oggetti di compravendita, le donne in uteri da affittare, gli anziani e i malati in prodotti deteriorati da eliminare, i nascituri in prodotti invisibili che si possono gettare via o usare per sperimentazioni.
Ritiene invece che i giornali italiani offrano una visione allineata ai “falsi miti di progresso”?
Offrono una visione irreale e mistificata, secondo cui il “bene” sarebbe un’accettazione supina di un progresso in cui non si può neanche più chiamare la mamma con questa parola, ma bisogna rifugiarsi nel politicamente corretto di “genitore 1 e genitore 2”. Ho avvertito la necessità, dopo l’esperienza di Voglio la mamma, di dare continuità a questo impegno a favore della vita e della famiglia costruendo un luogo di contatto quotidiano e di elaborazione culturale costante, raccontando ogni giorno la realtà che ci circonda per quel che è, con una voce che non canterà nel coro e sarà contro ogni mistificazione.
La Croce è un’immagine che rimanda a un’identità confessionale. Perché la scelta di questo titolo?
La Croce non è un’immagine confessionale, tutt’altro: è un segno di liberazione della schiavitù. Ci accusano di essere medievali, bigotti e retrogradi ma non ricordano che c’è stato un tempo in cui le persone erano cose, si vendevano al mercato degli schiavi, potevano morire per un pollice girato di un imperatore, se nascevano con qualche malanno venivano gettate giù di una rupe. C’è stato un tempo: oltre duemila anni fa. I retrogradi sono quelli che vogliono riportarci a quel tempo, il tempo della schiavitù, da cui un Segno ci ha liberati. Ci ha liberati tutti, credenti e non credenti. Quel Segno è ancora oggi scandaloso, duemila anni dopo, nel pieno di una contemporaneità a tratti delirante che spaccia il falso per vero. Noi non avremo paura di dare scandalo con il nostro quotidiano. Non ci vergogneremo della Croce e di dirci cristiani, pur con i nostri infiniti limiti.
Chi sono i redattori del giornale?
Una piccola squadra giovane che si ritrova nella redazione di piazza del Gesù, a Roma, attorno a me e a un trentenne di grande qualità che insieme a me la guida, Giovanni Marcotullio. Il nostro è un giornale che nasce dal basso, con tante penne che arrivano dai social network, oltre a un gruppo di collaboratori di assoluto livello. Dico alla rinfusa: Costanza Miriano, Franco Nembrini, Roberta Vinerba, Francesca Chaoqui, Giuliano Guzzo, Marco Scicchitano, Andrea Vannicelli, Fabio Bartoli, Filippo Savarese solo per citare i più noti. Possiamo contare su una rubrica di dialoghi con padre Maurizio Botta, uno tra i giovani sacerdoti più amati e seguiti d’Italia. Insomma, siamo un gruppo che vi sorprenderà.
Oltre ai dibattiti su famiglia e vita, La Croce si occuperà anche di altri temi d’attualità come politica, economia, etc.?
La Croce racconterà quotidianamente la realtà, tutta la realtà. Racconteremo i fatti della politica e dell’economia, della cultura e dei media, persino dello sport. Sì, abbiamo anche la pagina sportiva. Puntiamo a essere quello che tecnicamente si chiama un “primo giornale”: chi lo compra non avrà necessità di acquistare altri quotidiani, perché non saremo solo un foglio d’opinione, ma anche se non soprattutto di informazione per i nostri lettori.
Lei è stato anche parlamentare. Ha iniziato a occuparsi dei cosiddetti “temi etici” soltanto al termine di quella esperienza?
Tutta la mia attività politica è stata intrecciata ai temi che non mi piace definire etici, perché non ho prediche moralistiche da fare a nessuno. Per me sono temi essenziali e lo sono dal lontano 1985 quando da giovanissimo dirigente degli studenti medi democristiani stampavo volantini fuori tempo massimo (il referendum era già stato perso) con la scritta “no all’aborto”. Per venire ai tempi più recenti sono stato deferito ben due volte ai probiviri del Pd, partito che ho contribuito a fondare e di cui sono stato parlamentare, con l’accusa infamante di “omofobia” (tutte e due le volte assolto).
Quando nel 2007 fui candidato alla segreteria nazionale del Pd fece scalpore il mio no esplicito al matrimonio omosessuale così come la disponibilità che espressi a tenere un referendum interno agli iscritti sull’argomento. C’è chi mi accusa di essermi occupato fin troppo di questi temi nell’arco della mia trentennale attività politica. Ora che mi sono liberato dagli impegni istituzionali e non ho neanche più una tessera di partito in tasca, ho deciso di dedicare tutte le mie energie all’elaborazione di idee che fronteggino i falsi miti di progresso dell’antropologia di chi vuole trasformare le persone in cose.
E dov’è finita la sinistra, paladina degli oppressi, dinanzi a una realtà in cui c’è chi vuole trasformare le persone in cose? La stessa domanda se la pone in Voglio la mamma. È giunto a darsi una risposta?
Non sono spariti i difensori dei più deboli, neanche a sinistra. Si sono solo intimiditi. Occorre restituire loro coraggio. È una questione che riguarda non solo la sinistra italiana, ma anche e forse soprattutto il mondo cattolico italiano.
Prima ha accennato al “massacrante tour” per promuovere Voglio la mamma e per lanciare La Croce. Che riscontri ha avuto dalle persone, anche da quelle che si definiscono di sinistra?
C’è un livello di affetto popolare impressionante, che più di una volta mi ha portato a un passo dalle lacrime durante le iniziative che tengo in giro per l’Italia. L’affetto viene anche da sinistra, da molti militanti del Pd. E anche coloro che mi contestano pesantemente, ce ne sono, mi riconoscono il coraggio di una testimonianza di idee condotta a viso aperto. Poi c’è un piccolo segmento, purtroppo forte anche nei media, che vorrebbe impedirmi di parlare. Hanno l’atteggiamento dei fondamentalisti, vorrebbero un bavaglio assoluto verso le idee che rappresento. Nei giorni del massacro di Parigi, spero che abbiano provato a riflettere costoro.
A seguito di quel massacro si è tanto parlato di libertà d’espressione. Memore della reiterata censura subita dalla pagina Facebook di Voglio la mamma, non trova che anche in un contesto apparentemente “democratico” la libertà d’espressione sia una chimera?
La libertà d’espressione va ogni giorno conquistata, il ddl Scalfarotto ad esempio la voleva fortemente limitare, ma per fortuna la grande mobilitazione popolare di cui come circoli Voglio la mamma abbiamo fatto parte insieme a Sentinelle in Piedi, Manif pour Tous e tante altre associazioni ne ha impedito l’approvazione. Ma bisogna lottare per la libertà ogni giorno, per questo da domani ogni giorno in edicola ci saremo noi de La Croce. Per ricordarlo, prima di tutto a noi stessi.
Ha avuto grande risalto mediatico condito da polemiche il patrocinio della Regione Lombardia al convegno cui parteciperà a Milano il 17 gennaio con Costanza Miriano, padre Maurizio Botta e Marco Scicchitano. La preoccupa il clima che si respira in Italia?
Mi preoccupa che si inventino le notizie, si usino grandi giornali come Repubblica per raccontare cose completamente false per finalità di strumentalizzazione politica e ideologica. Un convegno sulla famiglia è stato raccontato come un “forum contro i gay” che avrebbe al centro i temi della cura dell’omosessualità. Tutto totalmente e semplicemente privo di qualsiasi fondamento. Anche per fronteggiare queste continue e quotidiane operazioni che mirano ad avvelenare i pozzi, La Croce da domani sarà in edicola. Per provare a impedire la trasformazione del falso in vero. O almeno per rappresentare una voce dissonante nel coro. Sostenetela, se vi va.