di Fabio Trevisan
ROMA _ Con un interessante saggio su “La Dottrina sociale di Leone XIII” edito da Fede&Cultura, Massimo Introvigne, vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica e direttore del CESNUR (Centro Studi Nuove Religioni) intende colmare una incomprensibile lacuna riguardo il silenzio che ha accompagnato il bicentenario della nascita di Papa Leone XIII (Gioacchino Pecci, 1810-1903).
A questo proposito Introvigne suggerisce di leggere le nove encicliche principali di Leone XIII non in ordine cronologico ma seguendo l’orientamento proposto dallo stesso Pontefice nell’enciclica del 1902 Pervenuti all’anno vigesimoquinto (enciclica scritta per il venticinquesimo anno di pontificato).
Si inizia così con l’Aeterni Patris del 1879, che costituisce e sprona il ritorno alla “solida e limpida filosofia di San Tommaso d’Aquino”, soprattutto a quel rapporto tanto caro anche all’attuale Pontefice, fede e ragione. La seconda enciclica nell’ordine proposto da Leone XIII è la Libertas del 1888, con la quale il Pontefice tratta il problema della libertà umana. Leone XIII spiega l’importanza della distinzione fra libertà naturale e libertà morale. Se la libertà naturale (o libero arbitrio) costituisce la facoltà di scegliere, la libertà morale costituisce la facoltà di scegliere “il bene conforme a ragione”. La libertà morale è quindi l’uso buono del libero arbitrio.
Nell’enciclica si indica come la nozione di libertà morale non è esclusiva del soggetto singolo, ma si estende anche alla società, onde per cui la libertà non è fare quello che si vuole, ma perseguire il bene comune dei cittadini.
L’enciclica Arcanum Divinae Sapientiae del 1880 illustra l’importanza della famiglia e del matrimonio cristiano nel piano originario di Dio. Riprendendo anche i classici greci pre-cristiani, in particolare Aristotele, la famiglia, società naturale, precede lo Stato ed ha dei diritti inalienabili posti da Dio.
L’enciclica Humanum genus del 1884 si scaglia contro la Massoneria, come del resto la Chiesa Cattolica ha sempre fatto, se si considerano i ben 586 documenti di condanna della massoneria.
Come rileva Massimo Introvigne, la struttura dell’enciclica muove dalla dottrina esposta da Sant’Agostino (354-430) nel De civitate Dei per condannare, senza mezzi termini, principi e azioni della massoneria. Significativa è la riproposizione efficace di una frase dell’enciclica: “La prima cosa da fare, anzitutto, è mostrare il vero volto della massoneria, dopo averne strappato la maschera”. Nel far ciò, Leone XIII ribadisce il primato della preghiera e della vita spirituale.
Nell’enciclica Diuturnum illud bellum del 1881, Leone XIII espone la dottrina cattolica sull’autorità ed i suoi fondamenti. Anche l’autorità deriva da Dio e siccome non c’è società senza autorità, Dio, volendo la natura umana sociale, ha voluto l’autorità. Precisata la natura dottrinale e la vera fonte dell’autorità, Leone XIII evidenzia come essa non implichi una scelta preferenziale né tantomeno obbligata fra le possibili legittime forme di governo. Introvigne afferma la validità perenne del magistero della Chiesa facendo mirabilmente notare come la parte dedicata all’autorità nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 è, nella sostanza, un compendio dell’enciclica Diuturnum del 1881.
In successione, l’enciclica Au milieu des sollecitudes del 1892, pone una questione scottante ancor oggi per la presenza cattolica nel mondo sociale e politico. Questione scottante ma precisata da Leone XIII: i cattolici devono essere uniti, non riguardo le forme di governo (opinabili), ma per la legislazione (potremmo dire, con termini attuali, per i principi non negoziabili).
L’autentica architrave del Corpus Leonianum, come suggerisce brillantemente l’Autore, è l’enciclica Immortale Dei del 1885, nella quale si sottolinea come la Chiesa sia opera immortale di Dio, per sua natura ordinata alla salvezza delle anime.
Leone XIII ammonisce che alla dottrina sociale cristiana si va sostituendo un “diritto nuovo”, che muove, afferma il Pontefice, dall’idea della “sovranità popolare” secondo cui l’origine dell’autorità deriva dagli uomini attraverso il “contratto sociale” e non dalla natura e quindi da Dio. Nel “diritto nuovo” (si possono individuare qui, ancora molto attuali, i temi del laicismo e del soggettivismo) né le persone né gli Stati hanno obblighi verso Dio. Potremmo dire che si parla tanto (giustamente) dei diritti dell’uomo; ed i diritti di Dio ?
Introvigne evoca, a sostegno ed in continuità con il magistero di Leone XIII, l’enciclica Mirari vos di Gregorio XVI del 1832, con la quale si condannavano i principi del “diritto nuovo” e successivamente un radiomessaggio di Pio XII del 1941, nel quale si afferma: “Dalla forma data alla società, consona o no alle leggi divine, dipende e s’insinua anche il bene e il male nelle anime”.
Con la Quod apostolici numeris del 1878, dedicata al socialismo e al comunismo, il Pontefice rimarca le negazioni che queste ideologie introducono: la negazione dell’autorità, della famiglia, della proprietà, delle fondamenta della vita sociale. Oltre all’esplicita denuncia delle ideologie e della loro portata sovversiva, Leone XIII ci conduce alla sorgente degli errori: la separazione della ragione dalla fede, la separazione fra fede e vita sociale, la separazione fra fede e vita, con l’insorgere di un materialismo pratico in cui (parole di Leone XIII): “L’ardente desiderio della felicità venne rinserrato fra gli angusti confini del presente”.
La celeberrima enciclica Rerum novarum del 1891, la quale, ribadisce l’Autore, non va letta come un documento isolato, rinnova la condanna del socialismo quale “falsa soluzione della questione operaia” e pone invece i veri auspicabili protagonisti: la Chiesa, lo Stato e le associazioni dei lavoratori. La Chiesa ricorda tre principi importanti per comprendere la “questione operaia”: il primo è che “togliere dal mondo le disparità sociali è impossibile”, il secondo è che “non si può eliminare dalla vita dell’uomo il lavoro” ed il terzo è che “considerare la lotta di classe inevitabile è cosa contraria alla ragione e alla verità”.
Con l’enciclica Sapientiae christianae del 1890, alla constatazione del progresso materiale il Papa pone dei precisi doveri ai fedeli cristiani: il dovere di amare la Chiesa, il dovere dell’apostolato, dell’unità, direi sostanziale e sui principi e del dovere della prudenza (non della “falsa prudenza” né della “stolta temerità”).
A conclusione di questo importante saggio, Massimo Introvigne sottolinea che c’è in Leone XIII, una vera passione per l’unità dei cattolici attorno ai principi essenziali della dottrina sociale che lo fa essere, ancora oggi, un Papa di grandi speranze.