di Seamus Murphy s.i.
L’atesmo è in difficoltà. Inteso come atteggiamento intellettuale a sostegno dell’affermazione che non esiste alcun Dio né alcuna realtà trascendente o spirituale, l’ateismo non si sta diffondendo e forse sta addirittura attraversando una fase di declino. La religione, invece, è in piena fioritura in Africa, in America e in buona parte dell’Asia. In Europa, le religioni organizzate sono insidiate non dall’ateismo, bensì da un secolarismo indifferente a Dio o da una forma superstiziosa di consumismo.
In un ateo tali tendenze destano preoccupazione. Appare infatti incomprensibile come il progresso della scienza e la diffusione di una tecnologia che mira a elevare il livello di vita non abbiano eroso in maniera significativa il credo religioso. E’ sbalorditivo sentire affermare da un intellettuale autorevole — e non credente — come il tedesco Jùrgen Habermas che la società laica ha la necessità di comprendere le convinzioni religiose e, ancor più, che lo Stato costituzionale democratico può aver bisogno di elementi di religiosità come parte delle sue fondamenta intellettuali (1).
Altrettanto negativa è la notizia che la filosofia analitica, la scuola di filosofia contemporanea più rigorosamente logica e «fredda», con una posizione preminente nei Paesi anglofoni e scandinavi, è testimone di un atteggiamento di fede quasi evangelico tra i suoi membri cristiani, mentre i loro colleghi laici o atei retrocedono di fronte ad essi, in una tacita ammissione che nessuna adeguata considerazione relativa alla persona umana e al bene può avere basi meramente laiche o atee.
E’ giunto quindi il momento, per gli atei convinti, di scendere in campo e diffondere «la loro “fede”». In tale contesto va inserito l’attuale scontro tra scienza e religione. Il recente volume di Richard Dawkins, The God Delusion, è l’esempio più indicativo della preoccupazione che gli atei manifestano nei confronti dello stato delle cose appena descritte (2). Il tono aspro del libro riflette la disperazione. In tempi di crisi, ogni gruppo ritorna alle proprie origini o ai propri miti. Ed è proprio di questo che ci occuperemo.
Il mito
Intorno alla fine del XIX secolo si diffuse il mito secondo il quale scienza e religione erano reciprocamente incompatibili: la religione organizzata e la teologia erano antitetiche alla scienza e alla ragione in generale, ed essere un credente rendeva impossibile avere l’atteggiamento mentale critico e indagatore che contraddistingue uno scienziato (3).
Benché le rivendicazioni del mito si fondassero su una grossolana distorsione della realtà storica, esso si è dimostrato singolarmente duraturo. E oggi è una convinzione condivisa in linea di massima dai media e dal pensiero comune. Chiedersi se un cristiano possa essere uno scienziato viene considerato ragionevole, indipendentemente dalla risposta; al contrario, domandarsi se un ateo possa essere uno scienziato è talmente insolito che chi ascolta tende a credere di aver capito male (4).
Galileo e Darwin vengono portati ad esempio per dimostrare l’ostilità di tutta la religione organizzata nei confronti della scienza. Ma all’inizio del XVII secolo il concetto stesso di uno scontro tra Chiesa e scienza non avrebbe avuto alcun significato. Nel senso stretto del termine, allora non esisteva una vera e propria «scienza» e Galileo si considerava cattolico esattamente come i suoi avversari aristotelici.
Per quanto riguarda l’opposizione religiosa al darwinismo, essa esisteva proprio come, d’altro canto, era presente anche un sostegno religioso a quella teoria (5). Una simile affermazione è comunque imprecisa, in quanto il «sostegno» o l’«opposizione» in questione altro non erano che le opinioni di singoli cristiani, ecclesiastici o laici. Siamo quindi ben lungi da una presa di posizione dottrinale ufficiale da parte delle autorità di una determinata religione nei confronti di una determinata teoria scientifica.
Una ulteriore implicazione sottintesa nel mito è quella che un credente non può essere uno scienziato, oppure può esserlo soltanto al prezzo di una divisione schizofrenica della mente in compartimenti stagni. Eppure la lunga lista di illustri scienziati che sono stati al tempo stesso credenti smentisce clamorosamente questa bugia: p. Georges Lemaìtre, probabilmente il primo a elaborare la teoria del Big Bang all’inizio del XX secolo, il padre della genetica, l’agostiniano Gregor Mendel, e importanti figure di riferimento nell’ambito della biologia evolutiva come Ronald Fisher, Asa Grey e Theodosius Dobzhansky. Essere cristiano non costituisce un impedimento a diventare un valido scienziato, né essere ateo costituisce un aiuto in tal senso.
Scienza e religione
II mito presuppone che scienza e religione siano nettamente separate. Ma non è così. In primo luogo, i termini «scienza» e «religione» comprendono una moltitudine di cose. La «scienza» fa riferimento alle scienze fisiche, come biologia e geologia, e alle scienze sociali, come economia e antropologia. La «religione» ha una connotazione addirittura più ampia, in quanto include i monoteismi (ebraismo, cristianesimo, islàm), i politeismi, le religioni che non ammettono chiaramente l’esistenza di un Dio o di un mondo sovrannaturale (ad esempio, in genere il buddismo), il panteismo, l’adorazione della natura, le filosofie di natura religiosa (taoismo, confucianesimo, teosofia ecc.) e le filosofie che ritengono di offrire una sorta di visione del mondo (sulla natura del mondo, il significato della vita, cosa sono gli esseri umani, perché siamo qui ecc.).
Anche tale diversità di significato smaschera il mito. L’ebraismo e l’economia non sono in conflitto. Il taoismo e la paleontologia non si combattono l’un l’altra. Il satanismo non ha obiezioni da fare alla chimica. E nessuno ha mai sostenuto che l’induismo e la fisica fossero incompatibili. Di conseguenza, il cosiddetto conflitto tra scienza e religione sembra essere pertinente soltanto alle questioni che riguardano le origini dell’uomo.
In secondo luogo, come appare evidente, i confini che le delimitano sono incerti. La linea di demarcazione tra ciò che è e ciò che non è scienza è labile e controversa: alcuni intransigenti sono addirittura pronti a sminuire le scienze sociali in quanto troppo «deboli». È inoltre molto più difficile di quanto in genere si creda dare una definizione del metodo scientifico o stabilire ciò che fa classificare alcune discipline o corpus conoscitivi come scienza (6).
In una situazione analoga si trova anche la religione. Ad esempio, non si può identificare la religione con la convinzione dell’esistenza di un dio, poiché alcune religioni non credono in un dio personale, laddove alcuni filosofi e scienziati hanno sostenuto che un dio esiste, ma non in senso religioso. Perciò l’immagine di uno scontro ben definito tra religione e scienza, dove esse vengono rappresentate come due eserciti avversari, in cui ognuno è perfettamente schierato da una parte o dall’altra, è falsa.
Si prenda in considerazione un biologo evoluzionista, cattolico convinto, ma, al tempo stesso, fortemente critico nei confronti dell’attuale movimento del «disegno intelligente»: da quale lato del campo di battaglia si deve collocarlo? E chiaro che potrebbe trovar posto in ambedue i campi, senza che ci sia tensione tra il suo essere cattolico e il suo essere biologo. È piuttosto la metafora dei «campi» e dello «scontro» che non si adatta alla realtà dei fatti. Essa può far presa soltanto sui fondamentalisti di ambedue le parti.
Il rapporto tra religione e scienza
Esistono svariate teorie riguardo al rapporto tra religione e scienza. In linea di massima possono essere raggruppate secondo tre parole chiave: a) incompatibilità; b) indipendenza; e) complementarità.
II concetto che religione e scienza siano incompatibili sottintende che esse siano in competizione per lo stesso territorio, quindi che le religioni offrano «spiegazioni» analoghe a quelle scientifiche, e che la scienza si proponga di fornire un «significato» alla vita delle persone che sia altrettanto valido, o anche migliore, di quello religioso. Si tratta di un presupposto ingenuo e grossolano, derivato da una considerazione semplicistica della realtà, che prevede un unico tipo di conoscenza.
Di conseguenza, secondo questa teoria, la religione e la scienza non possono che entrare in rotta di collisione, combattendo per chi debba avere il primato. I fondamentalisti religiosi tollerano la scienza, ma soltanto fino al punto in cui le sue scoperte possono essere contenute entro i limiti dettati dalla religione. I fondamentalisti laici, dal canto loro, ritenendo che la scienza debba fornire tutte le risposte, vogliono estromettere la religione dal campo della conoscenza.
Neppure il fondamentalismo può essere sostenuto. Il mondo o la realtà sono troppo diversi e complessi perché vi sia una sola e unica scienza in grado di fornirci tutte le .nostre conoscenze. C’è un unico mondo, ma ci sono molti diversi tipi di conoscenza: la scienza è uno di questi, ed essa stessa si divide a sua volta in una vasta gamma di discipline particolari, ognuna delle quali si occupa del proprio, «mondo» o della propria dimensione della realtà. La realtà è composta da molti strati. In conclusione, la teoria della incompatibilità non è applicabile a ciò che in effetti attiene alla pratica di una determinata scienza (o religione) e si rivela quindi priva di fondamento.
La teoria dell’indipendenza ha basi più solide, soprattutto quando si focalizza su ciò di cui si occupa una particolare scienza. In primo luogo, ciò che gli scienziati fanno nella loro ricerca — come osservare, verificare ipotesi, eventualmente sperimentare o eseguire indagini, formulare e correggere teorie alla luce di nuove scoperte — non ha alcun legame con qualsivoglia filosofia religiosa, atea o che intenda spiegare il senso della vita. In secondo luogo, quanto detto è valido anche nell’ambito specifico della scienza, in quanto le scienze tendono ad essere indipendenti le une dalle altre.
Ciò che riguarda la biologia non ha nulla a che fare con ciò che concerne la fisica, oppure l’economia o l’antropologia. Si tratta di ambiti separati di ricerca. In terzo luogo, ciò che riguarda il rituale e la pratica di ogni religione non ha alcun collegamento significativo con quello che compete a qualsiasi tipo di scienza. Da questo punto di vista, parlare di compatibilità e incompatibilita, di complementarità e conflitto tra scienza e religione appare decisamente fuori luogo.
La teoria della complementarità ha una certa validità, ma deve essere analizzata alla luce dei precedenti paragrafi. Per quanto riguarda ciò che concerne una particolare scienza o religione, la questione della complementarità non si pone affatto. Nessuna religione (o ateismo) potrebbe avere qualche elemento complementare per contribuire al lavoro dei fisici sul supercollisore del Cern, né quel tipo di lavoro potrebbe avere qualcosa da offrire all’obiettivo del cristianesimo di rievangelizzare l’Europa.
Ma, a un livello esterno, la religione e la scienza si incrociano, anche se con modalità a volte troppo diverse per essere classificate in maniera chiara come complementari. Il loro intersecarsi, infatti, ha a che fare con le diverse finalità della religione e delle scienze.
I rispettivi obiettivi
Le scienze spiegano le realtà fisiche, umane e sociali e i differenti livelli ai quali ognuna può essere analizzata. La religione «spiega» nel senso che offre significato, aiutando gli uomini a comprendere che cosa è bene per loro. Essa mira a rispondere a quesiti ultimi quali «Che cosa sono? Perché siamo qui? C’è un senso alla realtà? Perché esiste il mondo?».
Nessuna delle due è veramente interessata o in grado di affrontare i problemi che riguardano l’altra. Il messaggio è: bisogna rispettare i confini. Un «creazionista» che sostiene che la teoria dell’evoluzione dev’essere sbagliata perché non si adatta al racconto biblico, o uno scienziato che rivendica la presenza o la mancanza di una prova (scientifica) dell’esistenza di Dio hanno oltrepassato i confini. Non solo, stanno cercando (in genere in maniera inconsapevole) dì annettere l’altro campo al proprio.
Esaminiamo allora l’ideologia sottesa al conflitto tra scienza e religione. Si tratta di una combinazione di ateismo e umanesimo laico, secondo la quale siccome 1) la religione si è opposta a queste cose, 2) l’umanesimo ateo si è opposto alla religione, 3) uno è per forza l’alleato del nemico del proprio nemico, ergo 4) l’umanesimo ateo dev’essere in favore della scienza e del progresso, ed ergo 5) la scienza e il progresso devono essere in favore dell’ateismo e dell’umanesimo laico (7).
Naturalmente sia gli atei sia gli umanisti laici hanno diritto, come tutti, ad avere la propria opinione. Tuttavia l’opinione degli atei e degli umanisti non ha nulla a che vedere con la scienza, ma piuttosto riguarda le stesse cose che interessano la religione: questioni di significato, di realtà assolute, di valori e di come vivere una vita da esseri umani.
Essa, in questo caso, funziona proprio come una religione. Questo punto è di cruciale importanza per ciò che segue. Alcuni atei si rendono conto di questo e capiscono che le scienze non offrono maggiore sostegno all’ateismo di quanto esse non lo offrano al teismo. Molti tra gli atei che maggiormente fanno sentire la loro voce, tuttavia, o non possono o non vogliono riconoscere questo e si aggrappano alla scienza (o a ciò che essi credono sia la scienza) come a una loro esclusiva proprietà. Perciò il loro è l’interesse acquisito che sta dietro l’ultima riproposizione della vecchia (e usurata) guerra tra scienza e religione (8).
L’inclinazione per la scienza dell’umanesimo laico
Cosi come alcuni fondamentalisti cristiani vorrebbero considerare il primo capitolo della Genesi la base di una teoria scientifica, allo stesso modo alcuni atei e umanisti laici hanno maturato l’idea secondo cui ciò che avviene in fisica e biologia giustifica o rafforza le loro convinzioni «religiose» o, piuttosto, che la loro «religione» non è altro che la lettura delle evidenti implicazioni «religiose» o metafisiche delle scoperte di queste discipline.
Questo comprende Io scientismo, ovvero l’affermazione che non esiste alcuna conoscenza che non sia quella raggiunta attraverso la scienza. Ma, considerato che esistono discipline non «scientifiche» come la critica letteraria e la storiografia, nonché capacità pratiche di vario genere e conoscenze personali che si acquisiscono rispetto a se stessi, alla famiglia, agli amici e via dicendo, lo scientismo è falso. Ancora più importante è il fatto che tale affermazione, vera o falsa che sia, non potrebbe avere una base scientifica, in quanto nessuna scienza può pronunciarsi sul tipo di conoscenze che possono essere acquisite al di fuori della propria sfera.
Un discorso analogo vale per il naturalismo, la teoria secondo la quale ogni realtà è soltanto materiale. La fisica (il candidato preferito per sostenere tale affermazione) non può dimostrare che non esistono realtà non materiali: che si tratti di Dio o di programmi di software, di angeli o di titoli finanziari. Non può neppure provare che la materia è reale, né — cosa ancora più importante — ha bisogno di farlo. In fisica, i postulati «soltanto gli oggetti materiali esistono» e «la materia è reale» non sono né dimostrabili né assiomatici. La fisica non ha bisogno di nessuno dei due (9).
Lo scientismo e il naturalismo, dunque, equivalgono a una sorta di «religione», nel senso che essi hanno la pretesa di offrire (grazie alla scienza) le sole risposte alle domande fondamentali: cosa è la realtà? come è nato il mondo? Che cosa sono gli esseri umani e che cosa sono io? esiste un Dio? e via dicendo. Anche se la risposta è che non esistono risposte alle domande fondamentali, né verità ultime o trascendenza, si tratta comunque di una sorta di religione, che comporta un abuso della scienza, in quanto pretende di dare una risposta a quesiti religiosi e metafisici.
Questo ci riporta alle affermazioni fatte all’inizio dell’articolo. L’assunto che scienza e religione sono incompatibili è una tattica intellettualmente disonesta per far sembrare che, siccome la scienza non fa alcun uso dell’ipotesi che esiste un Dio, in questo mo-.do fornisce la prova della non esistenza di Dio. Lo stesso infondato ragionamento condurrebbe alla conclusione che, poiché la biologia non utilizza i concetti di azioni o di titoli di Stato, tali cose non esistono. Le scienze empiriche non possono fare riferimento a Dio, e quindi non possono fornire la prova di alcuna affermazione che riguardi Dio, compresa quella che egli non esiste, proprio come la biologia non può fornire alcuna prova, in un senso o in un altro, riguardo all’esistenza delle azioni.
Come un lettore attento avrà notato, questo articolo non è una critica nei confronti dell’ateismo per se. Ma coloro che vogliono sostenere che non c’è un Dio, né una verità ultima, né bontà o bellezza e, ancora, nessun significato trascendente la vita delle persone, devono farlo sullo stesso terreno di quelli che sostengono l’esistenza di Dio. Non possono nascondevi dietro alla scienza, con la pretesa che questa concordi con loro e tolga le castagne dal fuoco (10).
È diffìcile essere un dio
A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, la scienza, insieme alla religione e alla filosofia sistematica, è diventata il bersaglio di pesanti attacchi da parte di quello che si può definire, con una certa imprecisione, «postmodernismo». Il profeta del postmodernismo è Friedrich Nietzsche (1844-1900), il quale, quando proclamava la morte di Dio, intuiva che ciò implicava al tempo stesso la morte della verità e di qualsiasi sostituto (compresa la scienza) di Dio e della religione.
Il postmodernismo contemporaneo rifiuta tutte le teorie del mondo metanarrative o onnicomprensive. Questo lo pone contro ogni religione che abbia un corpo dottrinale sistematico, nonché contro il modello esplicativo su larga scala della scienza. Agli occhi del postmodernismo, l’umanesimo laico è una religione al pari di quelle tradizionali, in quanto esso innalza la scienza a nuovo idolo da adorare, e le sue teorie a nuova verità da accettare con fede.
La maggior parte del pensiero postmoderno non è soltanto contro la scienza, ma anche fondamentalmente irrazionale. Se è debole dal punto di vista intellettuale, è però culturalmente potente. Esso si nutre del disagio che si manifesta in buona parte del mondo nei confronti della scienza, che a volte viene vista come un mostro di Frankenstein capace di sfuggire al controllo. Alla luce di questo, l’idea di «aver fiducia nella scienza» perché essa è in grado di fornire «tutte le risposte» appare non solo ingenua da un punto di vista intellettuale, come in ogni epoca, ma anche, oggi, politicamente pericolosa e in parte responsabile dell’ostilità nei confronti della scienza in certi ambienti (11).
La fantascienza ha avuto spesso un atteggiamento guardingo nei confronti della scienza, a cominciare dal primo romanzo di genere, il Frankenstein di Mary Shelley, per passare attraverso opere degne di nota come II mondo nuovo di Aldous Huxley, Distruggete le macchine di Kurt Vonnegut, Un cantico per Leibowitz di Walter Miller, Dune di Frank Herbert, La falce dei cieli di Ursula Le Guin, Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro e buona parte delle opere di Philip K. Dick e Stanislaw Lem (12).
Questa tradizione non si oppone alla scienza, ma si interroga sull’ingenuo ottimismo nei confronti della scienza e della tecnologia. Essa mette in guardia contro idee quali a) la scienza rappresenta la salvezza, ed è al di sopra di ogni altra conoscenza; b) la tecnologia giova sempre all’umanità; e) gli esseri umani sono infinitamente malleabili e perfettibili; d) come usare al meglio la scienza e la tecnologia è sempre evidente (13).
Gli scienziati seri, senza interessi personali ideologici o religiosi, dovrebbero acquisire una maggiore consapevolezza delle mire secolariste di annettere la scienza per metterla su un piedistallo a rappresentare la nuova autorità (ovvero Dio). I falsi dei, anche quando esistono e non sono oggettivamente cattivi, sono incapaci di salvare l’umanità, e i fedeli delusi potrebbero rivoltarsi contro di loro e profanare il loro reliquiario.
Riconoscimento reciproco
Scienza e religione (compreso l’umanesimo laico e i suoi derivati) ricoprono ruoli diversi. Perciò il tentativo da parte di una di annettere l’altra e viceversa è destinato al fallimento. Vorremmo qui suggerire alcune modalità secondo le quali esse potrebbero essere, se non complementari, almeno in grado di operare un riconoscimento reciproco.
In primo luogo, Io sviluppo della scienza è una grande conquista culturale, per quanto riguarda sia la comprensione del nostro mondo sia la sua applicazione per il bene dell’umanità (medicina, tecnologia e via dicendo). Creare a questo uno «spazio» intellettuale all’interno di una più ampia cornice umanistica è un compito importante, che allarga gli orizzonti umani, cosicché le persone non rifiutino né idolatrino la scienza (14). Qui la religione gioca un ruolo molto importante. Ma il mito dello scontro tra scienza e religione costituisce un ostacolo a tale compito.
Storicamente, alcuni dei presupposti filosofici che sottendono la fede giudaico-cristiana hanno creato parte dello «spazio» all’interno del quale la scienza ha potuto svilupparsi. Come nota van Inwagen, la Chiesa ha insegnato che a) il mondo fisico non è un’illusione, quindi esiste qualcosa da studiare; b) il mondo non è malvagio, di conseguenza non è verosimile che contamini coloro che lo analizzano; e) il mondo non è divino, perciò non è blasfemo investigare su di esso. La sua affermazione che d) il mondo è il prodotto di una mente razionale rafforza la convinzione degli scienziati che l’universo sia intelligibile e che ci siano verità scientifiche da scoprire. Essa condanna anche d) la magia e l’astrologia, che sono di ostacolo sia alla scienza sia alla fede (15).
In secondo luogo, le religioni monoteiste che sostengono l’esistenza di un Dio Creatore, la cui creazione è intelligibile, sono confermate in quella convinzione dal progresso della scienza. Questo vale indipendentemente dalle convinzioni religiose personali dei singoli scienziati.
In terzo luogo, in un’epoca in cui il postmodernismo e molte altre tendenze culturali spingono la religione verso una deriva soggettiva (suggerendo che la religione non ha alcuna verità oggettiva e che è «vera per te soltanto se vuoi che lo sia», dunque l’approccio consigliato è a la carte, in modo che ognuno possa farsi la propria), la fede cristiana viene sfidata a restare fedele alla verità dalle richieste delle scienze «rigorose» (le scienze naturali e la fisica), che affermano che la conoscenza dev’essere una cosa seria.
Se i cristiani ritengono che la loro fede sia «piena di significato», ma non vera, allora dovrebbero abbandonarla e non rimanere aggrappati ad essa semplicemente perché offre un conforto psicologico. È superficiale, e persino irresponsabile, considerare la propria religione come una sorta di accessorio, senza credere affatto in essa. L’impegno nei confronti della verità da parte delle scienze più rigorose è qualcosa che le Confessioni cristiane, in particolare quelle più liberali, dovrebbero imitare.
In quarto luogo, l’insistenza della religione sul fatto che esistono aree di conoscenza che sono fuori dalla portata della scienza aiuta la scienza. Le ragioni di questo sono note e in parte sono state esposte nelle pagine precedenti. Implicitamente, la religione aiuta la scienza dissuadendola dal caricarsi un fardello che non può portare, ovvero fornire significato alla vita di una persona o una guida al comportamento morale.
In ultimo luogo, il cristianesimo in modo particolare, con la sua dottrina della Trinità (tre persone, una natura divina) e di Cristo (una persona, due nature), ha aiutato la scienza a comprendere che esiste una dimensione personale della vita umana che esula da ciò che concerne le scienze biologiche. Di conseguenza, il pensiero cristiano è stato uno degli elementi più importanti che hanno condotto alla nascita delle scienze umane, nel senso che hanno a che fare con le persone in quanto tali, come, ad esempio, l’antropologia, l’economia e la psicologia.
II mondo contemporaneo, con la sua grande diversità culturale e la specializzazione della conoscenza, è troppo complesso per polarizzazioni superficiali, anche quando al di sotto della polarizzazione c’è qualcosa di vero. Ma nel caso del mito «scienza contro religione» non c’è proprio nulla. Ma il mito probabilmente non svanirà presto: è necessario perciò combatterlo.
Note
1) Cfr J.HABERMAS -J.RATZINGER, «The Dialectics of Secularization», in Reasonand Religion, San Francisco, Ignatius Press, 2007.
2) Cfr R. DAWKINS, The God Delusion, Boston, Hougton Mifflin, 2006. Per un quadro più significativo, anche se in completo accordo con Dawkins, cfr P. Kurtz (ed.), Science and. Religion, New York, Prometheus, 2003; in particolare il saggio di apertura di Kurtz «An overview of the issue». Cfr anche CH. HlTCHENS, God is Nat great: Hoiv Religion Poisons Everything, New York, Twelve, 2007.
3) Alcuni esempi rappresentativi comprendono J. W. DRAPER, History of the Gonfiici between Religion and Science, New York, Appleton, 18755, e A. D. WHITE, History of the Warfare of Science with Theology, ivi, 1896. Cfr anche Kurtz (nota 2) per una versione moderna e disinvolta del mito.
4) Negli ultimi decenni alcuni cristiani statunitensi, nell’intento di difendere la verità letterale dei primi capitoli della Genesi, hanno inconsapevolmente accettato il mito, avallando l’affermazione che scienza e fede cristiana sono incompatibili.
5) Per un apprezzabile ridimensionamemo del mito dell’iniziale opposizione al darwinismo da parte dei cristiani, cfr le prime pagine di M. RUSE, Can a Darwinian he a Cbristian?, Cambridge (UK) – New York, Cambridge University Press, 2001.
6) Se il criterio è l’utilizzo dei dati empirici, allora l’astrologia sarà considerala una scienza. Se invece il criterio è quello della possibilità di esperimenti ripetibili, potrebbe escludere l’astronomia.
7) Molti (ma non tutù) umanisti laici pretendono di dimostrare che le religioni sono il male (e quindi sono false) poiché esse «provocano» le guerre, ma quando devono confrontarsi con il nazismo e lo stalinismo comunista essi, senza batter ciglio, negano che tali regimi fossero autenticamente atei, definendoli piuttosto forme di «religione secolarizzata», senza notare che, invece di provare a dimostrare che la religione causa i conflitti, hanno semplicemente definito la religione come causa di conflitti. Cfr CH. HlTCHENS, God is Not great: How Religion Poisons Everythig, cit. e J. SAGGINI, Atheism: a Very Short Introduction, Oxford – New York, Oxford University Press, 2003. Il fatto che non si rendano conto dei «buchi» nel loro ragionamento è segno di chiusura intellettuale
8) Naturalmente chi scrive simpatizza con quegli americani che sono giustamente preoccupati dal tentativo, frutto di. una scienza mediocre e di una peggiore teologia, di dare al creazionismo di un tipo o di un altro lo stesso credito della teoria di Darwin. Ma questo non giustifica la generalizzazione secondo cui scienza e religione sono in conflitto
9) Speriamo sia chiaro, in questa sede, che è irrilevante che questi postulati siano veri o falsi. Il punto è che non si tratta di postulati della fisica o di un’altra scienza, bensì di affermazioni metafisiche.
10) The God Delusion di Dawkins è un esempio in merito. Il libro mostra la rotale mancanza di padronanza delle argomentazioni sull’esistenza di Dio o di come sfruttare i loro punti deboli e non rappresenta nessuna minaccia per i credenti. Per alcuni buoni esempi a sostegno dell’ateismo cfr J. L. MACKIE, The Miracle of Theam, Oxford-New York. Clarendon Press – Oxford University Press, 19S2 e N. EVERITT, The Non-existence of God, London – New York, Routledge, 2003.
11) Cfr K. MILLER, Finding Darwin’s God, New York, Cliff Street Books, 1999, 19.
12) Per non citare una folta schiera di film come Jurassic Park, Robocop e molti altri. Anche gli entusiasti sostenitori della scienza tra gli scrittori di fantascienza a volte mostrano un atteggiamento di cautela, come, ad esempio, Isaac Asimov in I Robot e Arthur Clarke in Rendezvous with Rama.
13) Per un’attenta riflessione su questo argomento in relazione ad alcune conquiste tecnologiche contemporanee cfr G. GRAHAM, The Internet, London – New York, Routledge, 1999, e ID, Genes, ivi, 2002.
14) II termine «umanistico» qui si riferisce a quel tipo di umanesimo comune a tutte le religioni serie, oltre che all’umanesimo laico.
15) Cfr P. VAN INWAGEN, God, KnowleJge and Mystery, Itaca, Cornell University Press, 1995.209.