Ora, per intervenire con efficacia in una lotta in difesa del più debole, aggredito dal più forte, è necessario, per definizione, essere più forte del più forte. Quindi, l’avanguardia socialista, per vincere la borghesia, deve accumulare più potere politico, giudiziario, militare e di polizia che mai la borghesia abbia avuto.
Però, siccome qualsiasi potere costa denaro, bisogna che la avanguardia abbia a disposizione nelle sue mani il controllo di una ricchezza maggiore di quella che mai la borghesia ebbe nelle sue mani. Da qui la soppressione di qualsiasi distinzione reale tra potere politico ed economico, che nel capitalismo ancora permette ai poveri di cercare aiuto in uno di quelli contro l’altro.
Qualsiasi bambino di dodici anni può concludere, da questo rapido esame, che la formazione di una nomenklatura politicamente onnipotente e dotata di mezzi economici per vivere una vita da nababbi non è una “deviazione” dall’idea socialista, ma la sua semplice realizzazione secondo il suo concetto originario. Purtroppo, non tutti i cittadini riempiti del loro sacrosanto diritto di esprimere opinioni politiche hanno la maturità intellettuale di un bambino di dodici anni
Olavo de Carvalho
(Sergiu Celibidache, direttore d’orchestra, buddista praticante, commentando le belle intenzioni con le quali la Cina comunista uccise un milione di buddisti tibetani)
ìNous ètions des cons.”
(Yves Montand, riferendosi alla militanza di sinistra)
Il sig. Immanuel Wallerstein, in una opera celebrata dai mass-media come il ne plus ultra del pensiero di sinistra, afferma di aver scoperto la “profonda irrazionalità” del capitalismo. Tale irrazionalità consiste nell’idea di lucro ascendente: guadagnare di più per guadagnare di più per guadagnare di più.
Con l’obiettivo di dimostrare ciò, egli scrive un trattato di centinaia di pagine, nelle quali egli solo si è scordato di una cosa: dire che cosa l’idea di ricchezza crescente ha di irrazionale, giacché essa corrisponde proprio ad uno degli istinti umani più naturali e ad uno dei motori essenziali di qualsiasi progresso sociale.
Ma l’intellettualità marxista, figlia di un noto bugiardo, mitomane e ciarlatano, i cui tonfi scientifici sono oggi ben conosciuti per mezzo di un semplice confronto dei documenti che usò per scrivere Il capitale, non poteva proprio essere molto esigente con sé stesso. Da qui la sua compulsione nel celebrare come elevato prodotto dello spirito umano qualsiasi nuova cretinaggine inventata da qualcuno delle sue fila, sia la genetica di Lyssenko, la “rivoluzione nella rivoluzione” di Règis Dèbray o la “via gramsciana” al socialismo.
Questa, per esempio, mai riesce ad arrivare al socialismo ma, nel suo cammino, trasforma la società capitalista in un inferno mediante la sistematica distruzione di valori culturali, religiosi e morali che la sostengono, sostituiti da un cinismo individualista che, dopo, la stessa militanza gramsciana — senza vedere che si tratta di opera sua — denuncia come un orrore inerente allo spirito del capitalismo.
Già l’irrazionalità del socialismo non ha bisogno di molte pagine per essere dimostrata. » sufficiente un breve paragrafo. La comprende, rapidamente, chiunque sia capace di apprendere intellettivamente lo stesso concetto di socialismo, così come è espresso dai suoi apostoli.
Questo concetto è quello di uno Stato che toglie il potere alla classe ricca in nome della classe povera, Ora, per intervenire con efficacia in una lotta in difesa del più debole, aggredito dal più forte, è necessario, per definizione, essere più forte del più forte. Quindi, l’avanguardia socialista, per vincere la borghesia, deve accumulare più potere politico, giudiziario, militare e di polizia che mai la borghesia abbia avuto.
Però, siccome qualsiasi potere costa denaro, bisogna che la avanguardia abbia a disposizione nelle sue mani il controllo di una ricchezza maggiore di quella che mai la borghesia ebbe nelle sue mani. Da qui la soppressione di qualsiasi distinzione reale tra potere politico ed economico, che nel capitalismo ancora permette ai poveri di cercare aiuto in uno di quelli contro l’altro.
Qualsiasi bambino di dodici anni può concludere, da questo rapido esame, che la formazione di una nomenklatura politicamente onnipotente e dotata di mezzi economici per vivere una vita da nababbi non è una “deviazione” dall’idea socialista, ma la sua semplice realizzazione secondo il suo concetto originario.
Purtroppo, non tutti i cittadini riempiti del loro sacrosanto diritto di esprimere opinioni politiche hanno la maturità intellettuale di un bambino di dodici anni.
Ma anche soggetti sprovvisti di capacità di astrazione per dedurre conseguenze dal semplice enunciato di un progetto, dovrebbero essere capaci di tirare conclusioni da cento anni di esperienza socialisti, che confermano di continuo quella deduzione. Se, incapace di analisi logica, l’individuo anche si rifiuta di imparare con l’esperienza che la conferma, allora è perché la sua mente è scesa all’ultimo stadio dell’oscuramento, cosa che è, di fatto, l’unico motivo per il quale oggi qualcuno può ancora continuare a credere nel socialismo.
L’obiezione gramsciana, che a molti verrà automaticamente, circa il fatto che lo Stato sarà controllato a sua volta dalla “società civile organizzata”, altro non è che un sotterfugio molto disonesto, perché basta aver letto Gramsci per sapere che tale “società civile organizzata” non è che la struttura del Partito, l’avanguardia propriamente detta, che, rimanendo legalmente distinta dallo Stato, sarà integrata con essa nella struttura maggiore che l’ideologo italiano chiama “Stato ampliato” — un’espressione il cui senso minaccioso e tenebroso può essere percepito a prima vista da chi comprenda ciò che legge, cosa che purtroppo non è generalmente della militanza di sinistra, anche quella universitaria.
Inoltre, non è intellettualmente rispettabile, neppure come fantasia passeggera, la convinzione che le conseguenze logiche dell’applicazione dell’idea socialista, tali come abbiamo appena finito di descrivere, non furono mai nelle intenzioni” della militanza, ispirata sempre da ideali elevati di giustizia e bontà.
Il termine “intenzione”, nel caso specifico, designa il valore (morale, politico, giuridico, religioso che sia) che la mente socialista associa all’idea o al concetto da realizzare. Ma chiunque comprenda l’idea socialista percepisce, nell’atto, la contraddizione insolubile tra questa idea e il valore ad essa associato. Se il socialismo è ciò che è, non può valere ciò che dicono che valga.
Ora, coltivare un’ “intenzione” soggettiva che a priori già è smentita dal semplice concetto che tale intenzione vuole realizzare, è uno stato psichico di scissione schizofrenica, che un uomo non può coltivare per molto tempo senza essere portato ad una successione di crisi insolubili.
Per esempio, un soggetto che si sposi alimentando allo stesso tempo l’ intenzione” di conservare la libertà sessuale di un giovane celibe, o che contragga molti debiti con l’ “intenzione” di conservare intatto il suo conto in banca nel decorrere dei mesi, lo trascinerà verso un finale tragico. Egli dirà che questo risultato non era nelle sue “intenzioni”, ma nessuna persona adulta ha il diritto di camuffare indefinitivamente l’assurdità intrinseca dei suoi atti con una vernice di buone intenzioni.
Di più, così come qualsiasi menzogna esistenziale fondamentale, essa prolifera inevitabilmente in una infinità di menzogne strumentali necessarie alla sua traduzione in atti, in breve, tutto il campo mentale sarà ripieno di menzogne che egli già non potrà più riconoscere come tali senza una dolorosa e umiliante presa di coscienza. E da ciò egli si sottrarrà fintanto ce sarà possibile, mediante la produzione di un terzo, quarto, e quinto strato di sotterfugi e razionalizzazioni, e così via fino alla completa frammentazione della psiche e alla perdita di dignità dell’intelligenza umana.
Questa è stata la storia del socialismo. » solo questo che spiega la facilità con la quale, da un lascito mostruoso di terrore e miserie, superiore in numero di vittime alla produzione sommata di due guerre mondiali, l’anima socialista può cogliere come il più bel fiore morale la mitologia rinnovata delle intenzioni”, e ancora avere l’ineguagliabile faccia di bronzo di denunciare l’ “irrazionalità del capitalismo”.