A colloquio con padre Cornelio Fabro tra i massimi pensatori viventi. Fu lui a fotografare l’età moderna per la quale «se Dio c’è non c’entra». Ora ha il dubbio che Cristo, al suo ritorno, non troverà più la fede. «Gli uomini d’oggi mi paiono irrecuperabili. I cristiani condannati al fallimento. Occorre l’onestà di accettare un Dio personale, che è entrato nella storia. L’esistenza è solo questo: un sì o un no davanti a Cristo. Occorre pregare e resistere. La lotta é più che mai decisiva»
a cura di Renato Farina
Padre Cornelio Fabro è un grande del pensiero contemporaneo. Nella sua biblioteca non filtra la luce del bel pomeriggio romano. Hegel, Tommaso, Aristotele, manoscritti rari sono rischiarati da una luce modesta e tremula. Ma la penombra sembra essere lo sfondo giusto per i drammatici pensieri di quest’uomo. Fabro li fa zampillare da sé senza la pretesa che molti altri lo seguano. É lui che ha studiato le radici dell’ateismo; che ha permesso a tutto il mondo di penetrare — se vuole — il vero Kierkegaard; che ha fotografato la situazione religiosa dell’Illuminismo esprimendone lo spirito con una frase: «Se Dio c’è, non c’entra». Eppure è lasciato solo, troppo radicale, troppo profondo, impresentabile. A 76 anni, lucidissimo e disponibile, è trattato come un classico: se ne stia in un angolo buono, ma fermo, che non faccia danni.
Padre Cornelio Fabro: Ho una sola cosa da proporre. Io sto con il mio Kierkegaard il quale dice: quando ciascuno di noi compie un’azione la ponga davanti a Dio e davanti a Cristo. Qualsiasi cosa prende senso soltanto così. Il male dell’età moderna è questo: aver travisato la libertà. É stata concepita come dispersione dell’io nella storia, invece che intenderla come la condizione esistenziale dell’uomo, che si ripete ogni volta, in ogni situazione e campo, davanti a Dio e davanti a Cristo. Unicamente questo è la testimonianza cristiana, di te che scrivi, vai in giro per Roma, in autobus, da solo in casa, e sei davanti a Dio e Cristo, e dici sì, e lo proponi a tempo e fuori tempo, senza nessun rispetto. E unicamente questo voglio dire.
Il Sabato: E come vede i cattolici di questi anni ’80? Cominciamo ad esempio dalla politica…
Fabro: Io soffro. Pensi al divorzio: quello che non era riuscito ai massoni tanti anni prima, ora era possibile con la Dc al potere. Ma io vorrei dire che l’abisso in cui è piombata la politica, e la politica dei cristiani, è l’eco di un altro abisso più profondo: quello della coscienza.
Ogni scelta, la minima opzione, è sempre davanti a Dio e davanti a Cristo. E questo non accade più.
II Sabato: Qual è la sua idea di politica?
Fabro: La politica o è religiosa o si sostituisce alla religione. Non esiste una politica neutra, come non c’è una scienza neutrale. Il lavoro politico e quello scientifico o sono orientati al bene (davanti a Dio e a Cristo) oppure si innalzano esse stesse a divinità. Kierkegaard, ancora lui, è stato lapidario: la politica nell’età moderna ha preso il posto della religione. I vescovi dovrebbero spiegare questo ai fedeli. Non lo fanno. Ma non e loro colpa: i vescovi non conoscono le dinamiche interne delle ideologie moderne, e uno Spadolini, un Natta dicono qualsiasi cosa e per loro è acqua che scivola, non comprendono. Lo dissi a Paolo VI.
Il Sabato: In che occasione?
Fabro: Mi ricevette in udienza. Aveva il tavolo pieno di scarabocchi miei: «Quanto ha lavorato per la Chiesa?», mi disse. Poi mi confidò: «Quello che mi preoccupa non sono le correnti teologiche e filosofiche. Certo, sono importanti. Ma mi preoccupa l’episcopato: non fa il suo dovere. Cosa mi consiglia?». Io gli dissi che il Concilio ha proclamato la missionarietà della Chiesa. Questa missionarietà vuol dire andare incontro al mondo. «Ma i vescovi lo sanno cos’è il mondo? Essi non conoscono le idee moderne, non sono capaci di affrontarle». Gli chiesi che i candidati all’episcopato piuttosto che di diritto canonico fossero sapienti della filosofia moderna.
Il Sabato: Che cosa ci recherà il futuro? penso al mondo e alla Chiesa…
Fabro: Si trova davanti a un povero vecchio, che ha dato addio alla vita e a tutto. E mi sono fatto la convinzione che l’uomo sia, come diceva Lutero, un ubriaco: che se la Grazia di Dio non lo regge cade. Quant’è grande il fascino dell’errore. La superbia, la volontà di potere, la lussuria mi paiono ormai inarrestabili.
Gli uomini d’oggi mi paiono irrecuperabili. I cristiani, mi ascolti, sono condannati al fallimento storico.
Il Sabato: Ci sono state epoche forse peggiori, quando l’eresia di Ario sembrava spazzar via tutto…
Fabro: Lei dice? Anche Gregorio VII finì in esilio… Ecco io prego che escano fuori come nel secolo decimo quarto e decimo settimo delle figure di cristiani che si impegnino fino all’eroismo a testimoniare la verità di Cristo. Come Francesco. Senza paura. Come Filippo Neri e Ignazio: scuotere le coscienze. Questo è il problema.
Il Sabato: E chi non è della rara stoffa di questi santi?
Fabro: Fin dove può arrivare il suo raggio di testimonianza si spenda fino a morire. Proclamare la verità di Cristo dovunque, sulla strada, nei luoghi normali o malfamati.
Il Sabato: Quindi è una questione di fede…
Fabro: Sono vecchio. Sento crescere la presenza fisica di Satana mano a mano passano gli anni, soprattutto nella politica: il regno di Satana contro quello di Dio. Però, e mi contraddico, lo so: bisogna entrare, portare Cristo dappertutto. Questa fede in Italia c’è ancora? Ho davanti agli occhi Luca 18: «Quando il Figlio dell’Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?».
Il Sabato: Però ecco che subito dopo Luca al capitolo 19 racconta di Zaccheo che cerca Cristo, e Cristo gli dice: «Stasera sarò a casa tua».
Fabro: Sì, e questo continua. C’è un certo numero, un parvus grex, un piccolo gregge che resisterà. Bisogna pensare, agire come se potessimo vincere. Abbiamo l’onore di essere associati a Cristo, siamo chiamati con lui a trasformare il mondo, sì, lo ammetto, anche nella politica.
Il Sabato: È possibile un progetto politico cristiano?
Fabro: Non è «possibile», se uno è cristiano: è necessario. Tutto scaturisce dentro un progetto di vita, nella libertà della coscienza che si pone in ogni azione. E come può un disegno politico, una minima azione essere fuori di questo?
Il Sabato: Lei saprà che lo slogan sull’onestà è il cavallo di battaglia di chi nega lo specifico cristiano in politica e si appella ai valori umani comuni…
Fabro: Ma questo è l’ideale massonico della società. E trova consensi in tanti che non sono massoni. Ma se non si ammette la presenza di un Dio personale, di una Persona che ha fatto passare l’uomo dal non essere all’essere, che ci tiene in vita, che ha dato la speranza all’uomo di essere oltre il tempo e lo spazio. Se non si parte da questo, la vita non ha più colpi d’ala, è finita, la coscienza è morta, e questa è la realtà che vedo. L’ideale massonico che prevale è questo: la vita non si gioca più davanti a Dio e davanti a Cristo, ma davanti a niente. Anche la morte è ridotta a nulla. Quando io parlo di onestà non la intendo così com’è stata ridotta: cioè alla correttezza nei rapporti sociali di scambio. No non è questa l’onestà.
La qualità dell’onestà sta nella coscienza intera, nell’orientamento profondo di tutti gli atti interni ed esterni davanti a Dio e davanti a Cristo. È la scelta radicale che avviene prima ancora di conoscere, di riflettere. É la libertà con cui si prende posizione sul significato dell’esistenza. I valori comuni, l’ideale massonico toglie il dramma della libertà. Prima riduce Dio a qualcosa che tocca una sfera limitata della coscienza, poi approda al nichilismo.
Il Sabato: Come lo spiega il fascino di questa posizione così poco adeguata al senso religioso che ognuno di noi sente?
Fabro: É Dio che permette a Satana questo dominio sull’uomo perché la sua Grazia si mostri più chiara. E Satana lavora senza molti voli ideali, sa?
Il Sabato: Dove, come a lei è capitato di vederlo?
Fabro: Le racconto la storia più curiosa. Nel ’68 tengo la prolusione all’Università di Perugia, al Palazzo dei Priori. Il mio discorso è senza equivoci. I professori, ad uno ad uno, passano a congratularsi con me. E noto che molti di loro stringendomi la mano mi premono come un dito sul palmo. Lo dico al preside. Mi dice: «Ingenuo. Quello è l’invito a entrare in massoneria. Farai carriera, ti aiuteranno anche nel campo ecclesiastico».
Come vede, la realtà è molto pedestre e monotona. Ho resistito: c’è la Grazia che sostiene la nostra libertà. Noi cristiani dobbiamo suscitare oggi la responsabilità: la responsabilità è la coscienza che noi dobbiamo rispondere, l’esistenza stessa è questo: un sì o un no davanti a Dio e davanti a Cristo. Occorre pregare. Ma sono sicuro che i cristiani dovranno ogni volta essere inchiodati sulla Croce. Falliranno.
Il Sabato: Manzoni direbbe che «là c’è la Provvidenza». E disporrà Lei…
Fabro: Sì, e tuttavia il cristiano resterà un rifiutato. Quello che conta è non dare nemmeno un pezzetto del proprio orecchio alla menzogna. Tutto il nostro corpo è stato battezzato, è divenuto proprietà dello Spirito. No, nemmeno un pezzetto alla menzogna.
Voi che siete giovani, resistete. Ogni istante riferitevi alla verità di Cristo e basta.