Il Giornale.it venerdì 18 Dicembre 2020
Un altro anno di papato emerito per Joseph Ratzinger , che nel 2020, oltre alla pandemia, ha dovuto affrontare la morte del caro fratello Georg
Francesco Boezi
Un altro anno di papato emerito per Joseph Ratzinger, che nel 2020, oltre alla pandemia, ha dovuto affrontare la morte del caro fratello Georg. Il periodo che ci stiamo lasciando alle spalle è stato davvero particolare per il primo pontefice emerito della storia della Chiesa cattolica. Il 2020 si chiude con il dibattito sulla regolarizzazione della figura di chi ha rinunciato (o rinuncerà) al soglio di Pietro. Un problema che negli ambienti ecclesiastici è stato sollevato con costanza in questi quasi otto anni.
Benedetto XVI potrebbe essere stato del resto il primo di un elenco, e non è detto che i prossimi vescovi di Roma non optino a loro volta per abbandonare l’incarico, nel caso dovessero percepire di non avere le forze per affrontare questioni spinose, ad esempio. Come papa Francesco ha dichiarato, Ratzinger ha insomma aperto una strada nuova, che potrebbe anche tutelare la Chiesa da situazioni come quelle vissute negli ultimi anni del pontificato di San Giovanni Paolo II, quando la sensazione era che il Vaticano fosse governato sì, ma non dal sovrano pontefice.
Benedetto XVI non è più il Papa, ma ha continuato a dire la sua. Il mite professore non ha fatto voto di silenzio quando si è dimesso, ma dagli ambienti progressisti continuano a segnalare una certa insofferenza, che emerge quando Ratzinger afferma verità di fede che possono contrastare con certe istanze e certe strategie.
Tentativi di mettere a tacere Joseh Ratzinger sono stati raccontati anche negli scorsi trecentossessantacinque giorni ma, anche a detta dell’emerito, è un atteggiamento diffuso, in specie nella “sua” Germania. Nella terra in cui i vescovi si sono riuniti per il “Sinodo biennale“, le posizioni di Benedetto XVI non sono sempre gradite, anzi. Tanto che il mite teologo di Tubinga lo ha messo nero su bianco – era il maggio del 2020 -, scrivendo appunto di chi ha intenzione di “silenziare” la sua “voce”.
In altre epoche, quell’affermazione dell’ex Papa avrebbe fatto più rumore, ma eravamo e siamo in piena pandemia da Covid-19, e la Chiesa è chiamata a sciogliere i nodi tra le misure che la situazione sanitaria impone e la normalità del culto e della distribuzione dei sacramenti che l’emergenza la base dei fedeli pretende. Uno spartiacque, insomma, in cui le priorità sembrano divenute altre e le tensioni alla base dell’unità della Chiesa si palesano in misura minore.
Pensare che il 2020 era iniziato, per Ratzinger e per i ratzingeriani, con una discesa in campo decisiva per evitare che il celibato sacerdotale venisse abolito. A metà gennaio del 2020, mentre gli ecclesiastici attendevano le disposizioni del Papa dopo il Sinodo post-amazzonico, viene pubblicato Dal Profondo del Nostro Cuore,
LA BATTAGLIA CONTRO L’ABOLIZIONE DEL CELIBATO SACERDOTALE
Siamo a gennaio del 2020. La Chiesa cattolica vive una fase di profonda dialettica. Il Sinodo panamazzonico è terminato. I progressisti si aspettano che Jorge Mario Bergoglio metta la parola fine all’obbligo di celibato sacerdotale. C’è attesa: la decisione è telefonata dal fronte della sinistra ecclesiastica, ma non è scontata. Anzi, Francesco ha già lasciato intendere che quella scelta non verrà presa durante il suo pontificato. Però la questione è sul tavolo.
Un duo conservatore inedito solo per chi non è esperto di “schieramenti vaticani” opta per una mossa, che è inaspettata ma che in qualche modo sembra condita da impellenza: esce Dal Profondo del Nostro Cuore, un libro che scatena una bufera. Il nodo si complica.
Le parole di Ratzinger non sono quelle di un ecclesiastico qualunque. E Benedetto XVI ha preso posizione più volte da quando ha rinunciato, suscitando le ire dei progressisti, che invocano un mai pronunciato voto di silenzio. Nel corso della bufera libraria, mons. Georg Gaenswein smette di essere il prefetto della casa pontificia. Il vescovo tedesco rimane così solo il segretario particolare dell’emerito.
Qualcuno vede in quella novità una “purga” del Papa per la storia del libro di Ratzinger e Sarah, ma è Bergoglio stesso a non avere intenzione di abolire il celibato sacerdotale (e infatti non lo abolirà). Altri interpretano il congedo di Gaenswein come un ennesimo gesto di vicinanza del presule tedesco nei confronti dell’emerito, che sta per passare un periodo complicato della sua esistenza. Anche se Ratzinger, come l’intera umanità del resto, non può pronosticare l’avvento di una pandemia.
LA MORTE DEL FRATELLO GEORG
La prima fase della pandemia per Ratzinger ha luogo al Mater Ecclesiae, il monastero che ha scelto per la sua vita spirituale dopo la rinuncia. Il 16 aprile, in pieno lockdown, Benedetto XVI festeggia il suo compleanno, ma nel 2020 non c’è spazio per inviti ed iniziative comunitarie, con tanto di canti e birra bavarese. Al Mater Ecclesiae, per la prima volta dopo anni, manca Georg Ratzinger, ex direttore del coro di Ratisbona e fratello dell’emerito. Georg è in Germania ma, mentre la quarantena volge al termine inizia a diffondersi, la notizia delle gravi condizioni di salute.
Joseph Ratzinger vuole andare a salutare il fratello, convinto forse del fatto che la malattia del maggiore non consentirà ai Ratzinger numerosi momenti insieme in futuro. C’è un problema però: al netto delle misure vigenti per evitare la diffusione del Sars-Cov2, Benedetto XVI ha appena compiuto 93 anni, e non tutti sembrano pensare che un viaggio in Germania sia consigliabile. Il pontefice emerito parte lo stesso alla volta di Ratisbona.
Il professore dà l’ennesima lezione di cristianità al mondo intero, che si stupisce per questo ecclesiastico quasi centenario che vola verso la sua patria per stare al capezzale del fratello. Un gesto arrivato nonostante le critiche arrivate proprio dalla terra d’origine in contemporanea agli interventi del Ratzinger emerito, che per la sinistra ecclesiastica dovrebbe tacere.
Georg Ratzinger muore poco dopo la visita di Joseph. Mentre l’ex Santo Padre è in Germania, circolano voci sul fatto che non tornerà in Vaticano: niente di vero. Benedetto XVI torna eccome tra le mura leonine. Poi rinuncia all’eredità di Georg e dona tutto, a parte qualche effetto personale, alla Santa Sede.
CHI VUOLE “METTERE A TACERE” BENEDETTO XVI?
Il 16 aprile del 2020, però, su un tavolino del monastero compare un regalo che Ratzinger attende: è la biografia scritta da Peter Seewald, il bavarese cui Benedetto XVI ha già affidato molte delle sue memorie storiche. In “Ein Leben” – questo il titolo dell’opera – Joseph Ratzinger si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Il mite teologo di Tubinga torna a parlare dei “lupi”. Quelli da cui aveva chiesto di essere messo al riparo con le preghiere nel corso del suo pontificato: “Ma la vera minaccia per la Chiesa e quindi per il ministero petrino non risiede in queste cose, bensì nella dittatura mondiale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddicendo le quali si resta esclusi dal consenso sociale di fondo”.
Un taglia-fuori in piena regola che la Chiesa cattolica, quindi anche Ratzinger, avrebbe subito e sarebbe chiamata a contrastare. Non è finita: l’ex Papa dichiara anche altro. L’emerito rilascia un’intervista in Germania – come ripercorre Aska News – in cui sottolinea alcuni aspetti: “Lo spettacolo delle reazioni della teologia tedesca è così sciocco e così cattivo che è meglio non parlarne. I veri motivi per cui vogliono silenziare la mia voce non voglio analizzarli”. In questa fase, Benedetto XVI invididua dunque due “avversari”, per così dire: le ideologie umanistiche figlie del relativismo, che sono falsamente cristiane, e un emisfero dei teologi tedeschi che lo accusano d’immischiarsi con l’andazzo dottrinale.
L’OPINIONE DELL’ESPERTO
Se Rosario Vitale è un religioso lo deve pure al papa emerito. Vitale ha anche dato alle stampe un’opera sull’istituto del papato emerito, che Ratzinger come detto ha creato. Torniamo all’inizio. La figura del pontefice emerito, cioè di un Papa che rinuncia all’incarico quando è ancora in vita, va regolarizzata o no? Vitale è propenso per il sì: “Sembra semplice a dirsi – esordisce il religioso -, ma nel concreto semplice non è. È già tanto che negli anni l’argomento sia venuto fuori sovente, e che molte ed autorevoli voci si siano espresse in merito, anch’io nel mio piccolo con il mio testo “Benedetto XVI il primo papa emerito della storia” (Aracne 2019), ho cercato di dare un contributo al dibattito”.
Quindi la questione sul tavolo c’è, ma non è di facile risoluzione: “Penso sia necessaria una legislazione che fissi dei paletti per intenderci, abbiamo già il canone 332 §2, bisognerebbe dunque normare il dopo, non tanto il momento della rinuncia quanto lo status, i diritti e i doveri del papa rinunciatario. Per tali ragioni sarebbe prima opportuna l’istituzione di una commissione che possa lavorare ad una bozza e poi presentarla alla Santa Sede”.
E per quanto riguarda la storia del “silenziatore”? Qualcuno ha provato, e magari è anche riuscito, nell’intento di far tacere Ratzinger nel corso dell’anno che ci stiamo per lasciare alle spalle? “No – replica Vitale -, il papa emerito non è il tipo che si lascia “silenziare”. Non ci sono riusciti da Cardinale, né da Papa, e benché meno adesso da papa emerito, per il semplice fatto che Ratzinger nella sua vita ha sempre detto tutto ciò che pensava senza guardarsi intorno, senza temere critiche o ripercussioni, armato solo della forza della fede e dell’intima amicizia verso nostro Signore”, conclude.