di Giuliano Ferrara
Ultime notizie. La famiglia è allargata, il matrimonio già ristretto al legame di un uomo e di una donna è equiparato a prescindere dal sesso dei contraenti, che è una differenza da abolire in nome dell’eguaglianza, adozione e fecondazione artificiale sono estese a tutti compresi i single, l’ultima di Zapatero è la pari opportunità anagrafica di dirsi uomo o donna a seconda di come ci si senta ma a questo punto perché chiudere nell’angusto e forse reazionario concetto o dovere di coppia il matrimonio, perché escludere altri possibili soggetti di diritto dalla magica sfera dell’amore eguale e universale, perché non rompere altri tabù odiosi, altri limiti, perché non procedere alla ratifica del diritto a unioni multiple, perché vietare che l’affetto amoroso e un eros pedagogico comprendano nelle dovute forme legalmente sorvegliate gli adolescenti, i minori, forse i bambini da non lasciare a un’educazione sessuale maschilista o selvaggia, patriarcale o matriarcale, perché non andare oltre il divieto dell’amore pubblicamente riconosciuto tra consanguinei, perché non includere tutto il desiderabile e in condizioni di assoluta parità e libertà?
Ma intanto cerchiamo di ragionare. Le nostre parole storiche e umane non costituiscono il mondo, che forse è solo un mistero e forse è creato dal logos, da un principio di ragione, da un disegno intelligente e intelligibile: le nostre parole il mondo si limitano a rifletterlo, a ricrearlo.
Ne ho messe alcune in corsivo, all’inizio di questo articolo. Rileggiamole e distinguiamole, le parole che riflettono ciò che siamo diventati. Parole con contenuto morale altamente positivo: allargamento, equiparazione, estensione, eguaglianza, parificazione, diritto, comprensione, inclusione, libertà. Sono le formule nobili dell’andare oltre, la lingua di Faust e di Don Giovanni. Si oppongono ad altre parole che debbono presumersi culturalmente e moralmente ignobili: restrizione, differenza, dovere, esclusione, tabù, limiti, vietare, divieto.
Sono le parole dello stare al di qua, del non andare oltre. È la lingua della contadinella a cui fa pietà Masetto, la lingua del vorrei e non vorrei, è la lingua del curato di Torey, il prete eroico di George Bernanos che osò richiamare il suo tempo alla verità evangelica, poco elegante e poco santimoniosa, secondo cui ì cristiani sono il sale della terra, non il miele. Quando Ratzinger dice che l’occidente da due secoli fugge dal cristianesimo e che i cristiani devono difendere la famiglia e la vita, dice bene.
Il ciclo della libertà e dei diritti ci ha offerto splendori e molto dolore, molta luce e molta ombra, ma sta finendo nel ridicolo del nuovo conformismo, nel grottesco di una secolarizzazione vissuta e praticata come nuova religione civile, sta soprattutto finendo con l’abolizione della ragione, avvilita e trattata come una Dea pagana. Dice bene, il Papa.
Ma bisogna aggiungere che il cristianesimo della sottomissione, l’ideologia relativista e nichilista di un rispettabile monaco come Enzo Bianchi, ben dissimulata e perfettamente consolatoria, non ce la farà mai a stare al livello delle ambizioni che gli propone la gerarchia cattolica giovanpaolina, la chiesa di Benedetto, la chiesa dei movimenti neocarismatici.
Voglio dire una cosa forte e semplice: la radice di quel che sta succedendo all’amore, all’eros, all’agape, alla carità, alla natura e alla vita, sta in quella divaricazione di significato morale, e parlo ovviamente della morale corrente, delle due liste di parole in corsivo che ho richiamato sopra. Senza aggredire la libertà che disumanizza e denaturalizza e derazionalizza il mondo, nessuno potrà riconquistare la libertà razionale che sta anche nel cuore della fede cristiana e in due millenni di cultura cristiana. Senza la libertà di vietare, niente libertà.