Voci per un Dizionario del Pensiero Forte
di Domenico Airoma
1. Le origini
La storiografia più recente individua le origini delle triadi nella lotta che contrappone, nella seconda metà del secolo XVII, i sostenitori della dinastia Ming contro gli invasori Manciù – popolazione di origine tungusa, insediatasi nella regione poi chiamata Manciuria -, che conquistano il potere nel 1644. I partigiani della dinastia sconfitta si raccolgono in gran numero in una società segreta, fondata da monaci guerrieri, denominata Hong Mon – Hong era il nome di uno dei pretendenti al trono sostenuti dai partigiani dei Ming -, il cui motto è motto Fan Qing fu Ming!, “Abbattere i Qing e restaurare i Ming!”.
Il luogo d’incontro dei primi associati è il monastero buddista di Shaolin, nella provincia di Henan, dove s’insegnava una tecnica di combattimento a mani nude, il Kung-fu. Alla distruzione del monastero, compiuta nel 1674 dall’esercito mancese, sopravvivono solo cinque guerrieri, conosciuti nell’epica cinese come “le tigri di Shaolin”, che si trasferiscono nella provincia meridionale dello Guangdong, fondando altrettante società, poi unificatesi in quella denominata Città della Pace Celeste, e codificando quel complesso rituale – mutuato dal taoismo e dal buddhismo e successivamente sempre più sincretistico – che ancor oggi viene osservato nelle triadi.
La persecuzione da parte degl’imperatori mancesi, che nel 1717 mettono al bando anche il cristianesimo, non impedisce ai seguaci delle “tigri” di costituire numerose società segrete sull’impronta della Hong Mon; dall’unione di quest’ultima con la Società del Loto Bianco nasce la Triade, così chiamata per il triangolo, posto nell’ideogramma Hong, simboleggiante la relazione armoniosa fra la terra, il cielo e l’uomo.
2. La struttura organizzativa
L’organizzazione delle triadi – oggi come ieri – è di tipo piramidale e ogni gradino della scala gerarchica viene identificato con un numero, il cui significato simbolico è da rintracciarsi principalmente nella numerologia taoista: al vertice è la Testa del Drago o Signore della Montagna, San Chu, con il numero 489, seguito dal Vicario del Capo, Fu San Chu, dal Maestro d’incenso, Heung Chu, addetto al cerimoniale, dal Garante delle Alleanze, Mengzheng, e dal Guardiano del Vento, Sinfung, incaricato della sorveglianza interna, tutti contrassegnati dal numero 438; vengono quindi il Ventaglio di Carta Bianca, Pak Tsz Sin, investito dell’amministrazione delle finanze, 415, il Sandalo di Paglia, Cho Hai, deputato alla trasmissione delle informazioni, 432, il Guerriero del Polo Rosso, Hung Kwan, responsabile del settore militare e dell’amministrazione della giustizia interna, 426; infine, i membri ordinari, tutti identificati dal numero 49.
L’affiliazione presuppone un giuramento che si articola in trentasei promesse, riassumibili nell’impegno di preservare la segretezza della triade, di prestare soccorso agli associati in pericolo, di rispettare i valori tradizionali, pena l’inflizione di pesanti sanzioni corporali, fino alla pena capitale per le trasgressioni più gravi.
3. Triadi, società e Partito Comunista Cinese
Le origini socio-politiche delle triadi spiegano la diffusione che tali società segrete hanno anche fra gli strati più umili della popolazione cinese, alimentando i tumulti che per quindici anni, dal 1851 al 1866, sconvolgono la Cina dei Manciù, fino alla repressione sanguinosa che determina il primo grande esodo verso i paesi vicini e negli Stati Uniti d’America.
Qui giungono alcuni affiliati della Banda Verde di Shangai, costituendo nelle comunità cinesi di quel paese le Tongs, termine che nel dialetto cantonese significa “sala di riunione”, sorte – secondo la giornalista Pina Cusano e l’investigatore Piero Innocenti – “per supplire alla mancanza di servizi sociali a disposizione e supporto dei compatrioti emigranti e per tutelare la propria cultura e le proprie tradizioni”.
La violenta persecuzione mancese non debella però le triadi: nel 1900 esse sostengono la rivolta contro gli stranieri, animata dai boxer, aderenti a una società segreta antimancese; nel 1911 appoggiano la detronizzazione dell’ultimo imperatore, il piccolo Pu Yi (1906-1967); quindi combattono a fianco del nazionalista Chiang Kai-shek (1887-1975) contro i comunisti di Mao Zedong (1893-1976), il quale – in uno scritto del 1926 – individua gli affiliati alle triadi in “contadini che erano stati privati delle loro terre ed in artigiani che avevano perso il proprio lavoro”.
La violenta repressione comunista determina la seconda grande diaspora: numerosi affiliati emigrano, costituendo triadi a Macao, a Singapore, in Birmania, in Thailandia, nelle Filippine, in Indonesia, ma soprattutto a Taiwan e a Hong Kong, dove vengono costituite la Bambù Uniti e la 14K, che si svilupperanno anche nei continenti americano ed europeo.
In Cina le Società Nere, come venivano chiamate le triadi nei rapporti della polizia comunista, si dedicano in prevalenza alla gestione dell’economia non pianificata, al traffico degli oppiacei – ormai diffusi in tutto il paese a seguito dell’introduzione operata dall’Inghilterra, che aveva imposto l’oppio indiano come forma di pagamento delle importazioni – e al commercio delle adolescenti “illegali”, cioè partorite in violazione dei precetti di contenimento demografico imposti dal Partito Comunista Cinese.
Il progressivo arricchimento di tali organizzazioni è effetto soprattutto del traffico di eroina, nella versione della China White, che, per l’elevato grado di purezza e per le modalità di assunzione – per inalazione e per fumo – finirà per assorbire la quasi totalità del mercato statunitense. Ciò fornisce lo strumento ai nuovi ricchi per avviare una vasta opera di corruzione dei funzionari dell’apparato statale e dello stesso partito comunista.
Pertanto, quest’ultimo, per evitare l’implosione che aveva posto fine al sistema imperiale sovietico, viene indotto a scegliere la coabitazione con le triadi, nelle quali, ormai dominate da un’assorbente vocazione criminale, perde progressivamente contenuto il richiamo ai princìpi tradizionali. L’8 aprile 1993, il ministro della Polizia cinese Tao Siju, annunciando che le autorità comuniste non intendevano decretare un’amnistia per gli studenti che avevano partecipato al movimento di Tienanmen, dichiara che il governo è lieto di “unirsi” alle triadi: “i membri delle Triadi – spiega il ministro – non sono tutti dei gangsters. Se essi sono dei buoni patrioti, se assicureranno la prosperità di Hong Kong, noi dobbiamo rispettarli”. È la legalizzazione del rapporto di coabitazione governo-triadi, fondato sul riconoscimento dell’assoluto controllo delle Società Nere su Hong Kong e sulla sua economia, probabilmente ben presente anche alla Gran Bretagna nel momento in cui abbandona la città nel 1997.
L’ufficializzazione delle triadi, secondo il giornalista francese Roger Faligot, è l’esito inevitabile della loro “penetrazione in tutte le sfere della vita economica e politica”, sulla cui imponenza non è lecito aver dubbi, se si considera che lo stesso ministro della Giustizia cinese, Xiao Yang, in occasione della Conferenza Mondiale sulla Criminalità Organizzata Transnazionale, organizzata a Napoli, dall’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, dal 21 al 23 novembre 1994, ammette la presenza sul territorio cinese di 150.000 organizzazioni criminali, cui risultano collegati altri 600.000 gruppi di media importanza.
Pertanto, la liberalizzazione voluta da Deng Xiaoping (1904-1997) avrebbe avuto l’effetto di consegnare l’economia della Cina ai corrotti e ai mafiosi. “La morale comunista di solidarietà e patriottismo, che aveva funzionato fino ai primi anni Settanta cadeva a pezzi – riferisce il giornalista Francesco Sisci-, ma non c’era niente con cui rimpiazzarla. La vecchia morale confuciana era sparita, e con essa il rispetto degli altri, degli anziani, del lavoro, della proprietà … Non restava niente, solo l’imperativo categorico di Deng […],”facai”, arricchitevi”.
4. L’internazionalizzazione delle triadi
Le comunità cinesi in America, in Australia e in Europa finiscono per essere tutte controllate dalle triadi, che disciplinano l’emigrazione clandestina dalla Cina verso gli altri continenti, fornendo documenti contraffatti, spesso di marinai legalmente espatriati, o utilizzando quelli di connazionali già emigrati, il cui decesso all’estero viene occultato.
La tecnica di conquista del territorio, sperimentata in Inghilterra, in Olanda, in Canada, negli Stati Uniti d’America e recentemente anche in Francia, in Germania e in Italia, passa attraverso l’acquisizione di tutte le attività economiche del quartiere e la progressiva espulsione – indotta o coatta – dei residenti, fino alla costituzione di una vera e propria enclave, la così detta Chinatown, difficilmente penetrabile sia dalle forze dell’ordine sia dagli altri gruppi criminali.
In questo modo, le Tongs hanno soppiantato Cosa Nostra sia nella gestione delle consuete attività criminose – la droga, la prostituzione e il gioco d’azzardo -, sia, e soprattutto, offrendo servizi assolutamente nuovi, quali il traffico di adolescenti e il commercio di organi per trapianti. Quest’ultima attività – secondo la denuncia del senatore americano John Kerry, democratico del Massachusetts – coinvolge direttamente le istituzioni governative cinesi, che negli ospedali pubblici fanno praticare gli espianti degli organi sui detenuti, anche politici, condannati a morte, per poi immetterli nel circuito occidentale tramite la rete delinquenziale delle triadi.
Pur essendo munite di un’organizzazione interna rigidamente gerarchica, non sono tuttavia emersi all’attenzione degl’investigatori stabili collegamenti federativi fra le varie triadi, né può dirsi fondatamente che esista un organismo di vertice, come la “cupola” siciliana di Cosa Nostra. Allo stato, vi sono differenze soltanto nella consistenza numerica degli affiliati e nell’ampiezza del raggio di azione criminale, che vedono prevalere fra le triadi il Grande Cerchio, la 14K e la Sun Ye On.
La dimensione pulviscolare delle formazioni triadiche spiega anche il carattere localistico, e perciò transeunte, degli accordi con le altre organizzazioni criminali. Non è tuttavia escluso che, soprattutto per il ruolo sempre più egemone assunto da tali organizzazioni nella madrepatria, possa costituirsi un coordinamento centrale delle attività criminali e degl’investimenti legali delle triadi sparse nel mondo.
Potendo contare su un flusso migratorio quantitativamente in crescita e geograficamente in espansione, e avendo da lungo tempo dimestichezza con il sistema sotterraneo di trasferimento di capitali creato per sfuggire ai controlli governativi, le triadi si sono trovate ad anticipare – in termini criminali – la globalizzazione economico-finanziaria, assumendo perciò un ruolo di leader nel panorama delle nuove mafie.
La difficoltà di ottenere informazioni aggiornate sulle loro attività e sulla loro consistenza numerica, riconducibile al ferreo vincolo di segretezza che lega gli affiliati e alla scarsa visibilità degl’investimenti, non impedisce alle triadi di porsi al vertice delle organizzazioni mafiose per aderenti – stimati in diecimila solo in Europa -, giro d’affari e prospettive di diffusione, meritando da Faligot la definizione di “Impero invisibile”.
Per approfondire: Roger Faligot, L’Empire invisible. Les mafias chinoises, Édition Philippe Picquier, Arles 1996; Francesco Sisci e Patrizia Dionisio, Piovra Gialla. La mafia cinese alla conquista del mondo, Liber Internazionale, Pavia 1994; Pina Cusano e Piero Innocenti, Le organizzazioni criminali nel mondo: da Cosa Nostra alle triadi, dalla mafia russa, ai narcos, alla yacuza, Editori Riuniti, Roma 1996; John Kerry, The new war. The web of crime that threatens America’s security, Simon & Schuster, New York 1997; e Nations Unies, Conseil Économique et Social, Conférence Ministerielle mondiale sur la criminalité transnationale organisée, Naples 21-23 novembre 1994.