La carenza di responsabilità delle élìtes imputabili della crisi sociale, politica, spirituale, sollecita oggi un esame di coscienza tra politici, economisti, scienziati, intellettuali, preti e cattolici. La conseguenza principale della abiura delle classi dirigenti passate è stata la confusione e l’impreparazione di quelle attuali ad affrontare i problemi. Mancando di riferimenti solidi, ora rischiano di non saper affrontare le sfide e le complessità del mondo globalizzato, avendo come solo vantaggio competitivo una supposta cultura occidentale
di Ettore Gotti Tedeschi
Perché sono mancate classi dirigenti?
Perché le stesse hanno perso il senso del dovere. Ci appare piuttosto chiaro che il senso del dovere, secondo il proprio stato, è stato soppiantato dal senso supposto dell’opportunità, persine dell’interesse separato dalla virtù necessaria. Questa scissione ha provocato virtù interessate e doveri opportunistici. Creando così una élite avulsa spesso dal vero senso di responsabilità, non eroica e non santa. E un sistema senza eroi e santi è come una pasta fatta con farina senza lievito.
Quali classi dirigenti sono mancate?
Certamente non sono mancate solo quelle responsabili della crisi economica in corso, perché questa è conseguenza di crisi morali. Sono mancate anche le élites responsabili per la crisi sociale, politica, spirituale. Auspicheremmo che questo esame di coscienza lo facessero politici, economisti, scienziati, intellettuali, preti, noi cattolici. Sì, anche quei preti che – in totale rettitudine di intenzione – si sono occupati meno di Dio, e hanno insegnato poco dottrina e molto più sociologia, politica ed economia. E soprattutto dobbiamo farlo noi cattolici che abbiamo pregato poco per i nostri preti. Facciamo anche noi un esame di coscienza, come per preparare una buona confessione, come si faceva una volta, piuttosto che sul lettino deresponsabilizzante dello psicanalista, come vorrebbero proporre oggi per chi, dal papa al più semplice fedele, è innamorato di Dio.
Dove sono mancate?
La prima assoluta carenza di élites la riconosciamo fra gli insegnanti sul problema antropologico. Qui la cultura cattolica si è lasciata troppo intimidire lasciando sorgere una pericolosissima confusione su questo problema. Detta confusione nasce con la separazione tra la visione antropologica cattolica e quella laicista. Per la prima il valore dell’uomo, creatura di Dio, sta nel fatto che detto uomo ha un’anima. Per la seconda, il valore dell’uomo sta nel fatto di esistere, come essere vivente, animale intelligente, homo sapiens.
Ora, togliendo all’uomo l’anima lo si deve compensare con altre capacità da esaltare al suo posto, se non altro per istinto di autoconservazione. Così si ipervalorizza la sua intelligenza, la sua volontà, la sua capacità creativa, in sintesi il suo genio. Genio capace e pronto a migliorare la sua stessa condizione umana, con la medicina, l’economia, il diritto, la politica. Paradossalmente questa visione invece di valorizzare l’uomo, lo ha svilito, deresponsabilizzato, ha cancellato il libero arbitrio e i veri principi di fratellanza e uguaglianza, mortificando le virtù, stimolando invece solo egoismo e competitivita fine a se stessa. E gli ha tolto il senso della sua vita e il senso delle sue azioni.
Conseguenza pratica di tutto ciò è che, di fronte alle crisi ed ai grandi problemi ed errori provocati, l’uomo da la colpa agli strumenti anziché all’uso che ne ha fatto, irresponsabilmente appunto. Non c’è da meravigliarci che lo sviluppo economico degli ultimi decenni sia stato influenzato da questa erronea cultura. Quando oggi il nostro pontefice parla di “emergenza educativa” si riferisce probabilmente anche, o forse soprattutto, a questo problema: non si è insegnato e non si è appreso cosa è il vero valore dell’uomo, il senso della sua vita, il senso da dare alle sue azioni. Si rilegga in tal senso ancora una volta l’introduzione alla enciclica Caritas in ventate di Benedetto XVI.
Con quali conseguenze?
Conseguenza principale della abiura delle élites passate è la confusione e impreparazione di quelle attuali ad affrontare i problemi. Mancando di riferimenti solidi, rischiano di non saper affrontare le sfide e le complessità del mondo globalizzato, avendo come solo vantaggio competitivo una supposta cultura occidentale. Ohimè, ma quale?
Basta vedere quanto queste nuove élites sono confuse da informazioni in perenne contraddizione su fatti – quali il clima, il riscaldamento o raffreddamento globale, la globalizzazione e la crescita sostenibile o no, cosa fa bene o male alla salute, ecc. – di cui conoscono ben poco, ma di cui sono state forzate ad avere opinioni. Non vi capiscono molto perché sono state private dell’educazione necessaria per capire fatti complessi, e poi perché questi fatti complessi vengono spiegati non tanto per amore della verità, quanto per influenzare idee e comportamenti. Sono state private dello studio della logica, frutto di quella educazione del “know why”, soppiantata da quella del “know how” considerata più pratica e competitiva.
Quando nello sviluppo delle idee si investe poco, ci vuoi poco a influenzare il comportamento. Addirittura succede che il comportamento influenza le stesse idee, visto che queste non sanno più dirigere i comportamenti. Diceva il beato Giovanni Paolo n nell’enciclica Sollecitudo rei socialis che l’uomo contemporaneo ha sviluppato scienza e tecnica, ma molto meno conoscenza e sapienza, correndo pertanto il rischio che strumenti sofisticati gli possano sfuggire di mano, perché sa concepirli ma non gestirli per il suo bene. Come sta succedendo quasi ovunque dalla medicina all’economia.
Ma chi o cosa ha tolto il senso del dovere a queste élites?
La storia del mondo spiega che questo è cambiato grazie ai grandi pensatori e generatori di idee che sono state accolte ed utilizzate da un sistema di pensiero che le ha stimolate e fatte proprie. Ma sempre più, progressivamente, separandole dalla valutazione morale se queste idee fossero bene o no per l’uomo. Fino a far loro assumere autonomia morale. Il fatto è che oggi il mondo si è globalizzato molto rapidamente, in modo disomogeneo e con morali, non più relative, ma totalmente differenti. Si rifletta a cosa comporti per l’uomo che uno strumento – come ad esempio la medicina, l’economia o il diritto – assurga ad avere autonomia morale, che da mezzo diventi fine.
Nella cultura del mondo occidentale la morale si è distaccata progressivamente dall’esser guida all’uso degli strumenti, con il risultato di produrre un pensiero diretto ad emancipare sempre più l’uomo dal suo Creatore. Si è cominciato con eresie e si è andato avanti con eresie. Religiose, razional-intellettuali, politiche, pseudoscientifiche, economiche, ecc. Non ci si deve perciò sorprendere oggi se l’uomo diffida di chi si occupa di religione, di politica, di filosofia, di scienze varie.
Avendole distaccate dalla valutazione morale esse sono state, e sono, alla mercé di élites che spesso non han saputo usarle e dare loro un senso per l’uomo. E l’uomo lo sente, lo percepisce, e perde fiducia. Il senso morale per il bene dell’uomo è stato licenziato secoli fa. Per riprendere fiducia sull’uso di strumenti quali il mercato e l’economia, le scienze e le loro promesse, la politica e le sue suggestioni, o si fanno miracoli o si promettono con credibilità. E chi da credibilità a questi? Il Magistero della Chiesa è diffidato a intervenire, se non richiesto. La morale laica è troppo differente nel tempo e nello spazio e soggetta a troppe mode.
Altre religioni, meno universali, parlano soprattutto ai loro fedeli. Le filosofie sembrano preoccuparsi più di metter in contrasto scienza e fede che proporre soluzioni. Altri modelli di morale potranno imporsi secondo leggi democratiche fondate sulle maggioranze numeriche. Se questa ipotesi è vera allora vinceranno i cinesi. La cui visione morale razionalistica e pragmatica è un mix di taoismo, confucianesimo, buddismo, maoismo, consumismo.
Qual è il rischio oggi?
Il rischio è che oggi ciò che è morale o no, nel mondo globale disomogeneo nelle radici culturali, lo decida chi è maggioranza e non più una minoranza élitaria. Se è così, è necessario capire e cercar di convincere con idee questa futura maggioranza dominante. Dovremmo farlo, si dice, se non altro per i nostri posteri. Ma siamo onesti, a parte i dubbi sulle nostre capacità di generare grandi idee, negli ultimi decenni ci siamo quasi estinti, di quali posteri parliamo? Possiamo confidare nelle leggi naturali, anche se egoistiche.
Se osserviamo con attenzione gli effetti delle leggi naturali in economia negli ultimi decenni ci ha salvato più l’effetto imprevisto della globalizzazione che altro. Si pensi nel disastro economico che è stato generato nel Paese più avanzato e democratico del mondo perché non si sono seguite le grandi direttive delle leggi economiche classiche: non sprecare le risorse scarse; assicurare uno sviluppo economico integrale e non solo consumistico e a debito; distribuire la ricchezza quanto prima.
Eppure, grazie alle sue pratiche egoistiche – interruzione natalità nei Paesi ricchi; globalizzazione accelerata con delocalizzazione; crisi economica; sviluppo investimenti cinesi in Africa – il Gdp mondiale si sta ridistribuendo, certo non ancora con equità, ma sta succedendo.
Le statistiche della World bank dicono che il Gdp mondiale diviso per la popolazione è moltiplicato negli ultimi anni e, se pur con disequità ancora, oggi in media è pari al potere di acquisto dei cittadini russi o turchi. E ciò non grazie alle nostre idee geniali o alla nostra bontà e amore per il prossimo, ma grazie alla globalizzazione egoistica. E allo sviluppo dell’Africa penseranno, sempre egoisticamente, i cinesi.
Chi può ridare questo senso del dovere alle élites?
Paradosso a parte, la migliore economia per l’uomo l’han sempre indicata i papi nelle encicliche sociali, basterebbe studiarle. Perché i papi sanno cosa è l’economia per l’uomo, sanno quali sono i bisogni dell’uomo, sanno qual è la dignità dell’uomo. Basta leggersi Carìtas in ventate di Benedetto XVI. In più credo non ci sia tanto tempo per ricostruire élites, dobbiamo convincere la maggioranza che governerà il pianeta dove sta la verità. E questo può farlo solo il papa. Non sarà un discorso da economista accademico, ma da vero economista, per l’economia dell’uomo, certamente.