di Melissa Maioni
Non ce ne accorgiamo eppure è incredibile come i messaggi contro la vita passino di fronte a noi, riuscendo a cambiare il nostro modo di pensare senza nemmeno interpellarci, senza nessuna resistenza da parte nostra. Non si tratta soltanto di leggere libri o articoli dichiaratamente contro la vita, giornali che sostengono l’aborto, o cose simili, purtroppo si parla di quotidianità, di costume, di abitudini.
Teschi indossati come ciondoli, come orecchini, teschi sulle magliette, sulle sciarpe, sulle scarpe… Teschi per tutti: per gli uomini, per le donne, e persino per i bambini. Addirittura è possibile incontrare, durante una scampagnata al mare, ragazze che sulla pancia, in corrispondenza delle ovaie, si sono fatte tatuare due teschi. Non dobbiamo stupirci se poi si usano gli anticoncezionali, si abortisce, si pratica l’autolesionismo!
Una volta i genitori usavano molta delicatezza nel portare i bambini al cimitero in occasione della commemorazione dei morti, perché non volevano spaventarli; cercavano invece di dar loro una speranza, che superava la triste soglia della morte. Ora invece non è così: la speranza che poteva essere trasmessa in occasione di una visita al campo santo, è stata completamente cancellata dalla (non) educazione, ma oltre a questo, i simboli di morte sono arrivati anche sui vestiti per bambini, che dovrebbero rappresentare la freschezza della vita.
Qualcuno potrebbe obiettare che è solo questione di gusti, che, in quanto tale, questa moda può piacere o meno. Non credo sia così. L’uomo infatti è l’unico essere vivente ad avere un linguaggio, a poter esprimere la propria interiorità in modo unico ed esclusivo proprio tramite il linguaggio. Il vestito rientra nel linguaggio umano e dunque anche attraverso di esso l’uomo esprime ed esterna ciò che ha in sé perché gli altri lo possano conoscere. Anche il vestito ha un valore: ci andreste mai voi a un matrimonio in costume da bagno?
Oggi purtroppo respiriamo ovunque una cultura di morte e rischiamo di diventare suoi figli. E guardando tutto ciò, potremmo farci precipitare nell’angoscia e rinunciare alla nostra libertà. Dobbiamo riprenderci la nostra libertà che è vera solo se è per il bene e per la vita.
Tutti noi, in qualche modo siamo testimoni, se non di un Dio incarnato, morto e risorto per noi, almeno di un ideale, o almeno di noi stessi. Indossando simboli di morte, non testimoniamo nemmeno noi stessi, poiché mostriamo agli altri di essere schiavi di una moda che annulla la nostra vera vocazione: la vocazione alla vita!