Comunità Ambrosiana Newsletter di Alleanza Cattolica in Milano
n. 180 – giugno 2015
Marco Invernizzi
Care amiche, cari amici,
L’anima di ogni apostolato è certamente la preghiera, come spiega un bel libro del secolo scorso, recentemente riproposto dall’editore San Paolo e che merita di essere letto ancora oggi. Ma la preghiera non è in contrapposizione con l’impegno pubblico a cui per esempio papa Francesco richiama i laici cattolici affinché siano presenti nelle istituzioni e siano protagonisti della vita pubblica, anche politica.
Il dilemma che è riemerso in occasione della manifestazione delle famiglie italiane il 20 giugno in realtà è antico, almeno di trent’anni. Quando nel 1985, a Loreto, San Giovanni Paolo II pronunciò il celebre discorso in cui raccomandava che il movimento cattolico fosse presente nella cultura e nella vita politica, per molti tale intervento rappresentò il superamento della cosiddetta scelta religiosa che in precedenza aveva allontanato i cattolici da quella animazione cristiana dell’ordine temporale richiesta dal Vaticano II e aveva, di fatto, “coperto” un’apertura politica e culturale verso il comunismo, che allora sembrava destinato a una vittoria definitiva.
Intendiamoci, l’invito che negli anni Sessanta chiedeva maggiore concentrazione sulle cose ultime e un certo distacco da quelle temporali così come l’insistenza con cui tutti i pontefici hanno raccomandato di privilegiare la testimonianza rispetto alla polemica e alla contrapposizione hanno un fondamento storico e teologico reale.
Oggi il processo di disgregazione del corpo sociale è arrivato così in profondità che sembra impossibile pensare di fermarlo soltanto con battaglie politiche, tattiche, di breve periodo, proprio perché la crisi è culturale e antropologica, è penetrata cosi a fondo nel cuore degli uomini che sarà possibile superarla solo accostandoli uno per uno, in quell’apostolato missionario che papa Francesco invita a praticare verso le periferie ferite del mondo contemporaneo. Inoltre, Cristo non ha promesso ai suoi discepoli la vittoria temporale ma quella eterna, che è garantita dal suo sacrificio e dalla sua Resurrezione.
Tuttavia, questa convinzione, sacrosanta perché legata ai fatti, non è in contraddizione con una presenza pubblica che denunci con forza e visibilità che il mondo non si è allontanato da Dio e dalla Sua legge solo per la carenza della testimonianza dei cattolici, ma anche perché qualcuno e qualcosa lo hanno spinto in questa direzione.
Per entrare nel concreto, le leggi contro la dignità della persona umana che hanno accompagnato la storia del nostro Paese, dal divorzio all’aborto, e che continuano a essere proposte, come i ddl Scalfarotto e Cirinnà, sono l’espressione legislativa di una visione del mondo che deve essere denunciata.
Questo hanno fatto le famiglie del 20 giugno. Hanno detto a voce alta che l’ideologia genderesiste eccome, ha una sua storia e suoi protagonisti, ha avuto le sue tappe e conosce oggi una sua espressione legislativa.
Nessuno credo pensi che sia sufficiente opporsi a questa deriva legislativa per migliorare il mondo, ma nessuno credo possa onestamente negare che sarebbe un’omissione grave rifiutarsi di dire a voce alta che un’ideologia malvagia viene insegnata nelle scuole ai nostri figli e nipoti e che questa ideologia prevede fra l’altro la legalizzazione del matrimonio omosessuale e delle adozioni dei bambini da parte di coppie gay, come peraltro è già avvenuto in molti Stati occidentali
Come allora, nel 1985, quando San Giovanni Paolo II invitava il movimento cattolico a essere presente non intendeva affermare che i cattolici italiani smettessero di pregare per la loro patria, anzi indisse una Grande preghiera per l’Italia, così oggi la piazza del 20 giugno può benissimo stare accanto alla veglia di preghiera del 3 ottobre, alla quale il Santo Padre ci richiama per illuminare i padri sinodali alla vigilia dell’assise.