di Tommaso Scandroglio
Il documento “Verso una Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” a firma del Dipartimento delle pari opportunità e del suo ufficio UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), il cui contenuto è stato qui sintetizzato dal Direttore l’11 maggio, presenta un’infinità di lati oscuri e inquietanti.
Vale a dire che se una legge non c’è ancora che ad esempio legittimi i “matrimoni” omosessuali o che sbatta in galera chi pensa che l’omosessualità è condizione contro natura, ci penseranno gli enti locali – comuni, province, regioni – a “legiferare” attraverso il diritto amministrativo e la prassi. Ed infatti quali sono gli ambiti privilegiati in cui intervenire per diffondere la cultura “gender”? Scuola, lavoro, media e sicurezza-carceri. Esclusa l’area dei mezzi di comunicazione di massa, gli altri ambiti sono quelli che classicamente spettano come competenza alle amministrazioni locali.
Va da sé che tale strategia non può essere lasciata all’estro e all’arbitrio del singolo sindaco o del singolo presidente della regione: occorre coordinare gli sforzi. Ed ecco che veniamo a sapere che da tempo esiste “Ready”: una “rete nazionale delle pubbliche amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale ed identità di genere”. Trattasi di una pubblica amministrazione ombra, cioè sconosciuta ai più (e quindi non pubblica), una sorta di servizio segreto gender dedito alla cripto rivoluzione omosessualista. Una rete che agisce in modo carsico mentre l’etero signor Rossi è ignaro di tutto; ignaro, come vedremo tra qualche riga, che il proprio figlio dovrà giurare fedeltà ai “valori” gay e che avrà docenti abilitati all’insegnamento da associazioni omosessuali; ignaro che se dice una parola in più sull’omosessualità potrà essere denunciato sul posto di lavoro e magari perderlo; ignaro che non farà carriera dal momento che gli omosessuali saranno privilegiati perché discriminati.
Ma la rete Ready è solo uno dei tanti tentacoli di questa “gaia” piovra. Infatti si prevede l’istituzione anche di un “Tavolo di lavoro di coordinamento interistituzionale” il quale servirà come interfaccia tra le amministrazioni locali e ben sei ministeri, la Conferenza delle regioni e province autonome e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani. E’ previsto inoltre un tavolo di lavoro con i sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl) e con dieci sigle del mondo del lavoro: Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, Coldiretti, etc. Si spera che ne facciano parte persino l’Ordine dei giornalisti e la Federazione Nazionale Stampa Italiana. Tutti sono coinvolti in questa rivoluzione di velluto e paillettes, anche i “centri scout, palestre, asl, Università della terza età e Università popolari”. Qui siamo al complotto per un nuovo ordine nazionale-europeo pan-omosessualista che non risparmia niente e nessuno.
Questa Spectre arcobaleno chiamata Ready forse ha già prodotto risultati notevoli. A lei potremmo addebitare l’istituzione in numerosi comuni italiani del registro per le coppie di fatto anche omosessuali; l’introduzione del doppio libretto, maschile e femminile, per gli studenti transessuali che frequentano il Politecnico di Torino, l’Università degli Studi di Torino, di Bologna ed ultimamente di Padova; la possibilità che la compagna omosessuale della partoriente lesbica possa aver al polso un braccialetto con scritto non “padre” ma “partner”, come è avvenuto a gennaio presso l’ospedale di Padova; e l’introduzione del voto di genere nelle elezioni amministrative, già legge a Bologna e in Sicilia.
La cultura gender per mettere radici deve trovare terra buona e feconda. In questo senso gli adulti sono ormai una battaglia persa, “legati ad una cultura che prevede soltanto una visione etero normativa”, cioè imprigionati nell’idea retriva che un uomo possa e debba amare una donna e viceversa. Occorre invece intervenire – sempre muovendosi all’interno della Pubblica Amministrazione – sulle nuove leve, le quali sono sprovviste di filtri critici particolari. Ecco allora che la Spectre gay, come ogni servizio segreto che si rispetti, riesce ad inserire i propri emissari nei posti che contano ed infatti si prevede l’“accreditamento delle associazioni LGBT [lesbiche, gay, bisessuali e transessuali], presso il MIUR [Ministero per l’istruzione, l’università e la ricerca], in qualità di enti di formazione”.
Detto in altre parole: le associazioni LGBT potranno entrare in classe per indottrinare i bambini e porre alcuni criteri di arruolamento del personale docente. Fuori gli omofobici quindi. Inoltre la formazione su queste tematiche rientrerà nel Piano nazionale di aggiornamento e si prevedono crediti formativi: quindi se lo studente non ripeterà a voce alta che è favorevole all’omosessualità non passerà l’anno.
La rete Ready permetterà una diffusione del pensiero gender davvero capillare. Ad esempio è prevista sempre per le scuole pubbliche una “predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite da genitori omosessuali”. Un altro modo di riconoscere le coppie gay seppur solo a livello amministrativo. Inoltre ci sarà un “coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti”. Per “diversity management” si intende la capacità di valorizzare nelle scuole le differenze di etnia, culturali, religiose e dunque anche di “orientamento sessuale”.
Naturalmente ogni buon agente segreto gay si preoccuperà di smascherare i traditori. D’altronde è una spia. Ed ecco che si predispone un “monitoraggio e analisi quanti/qualitativa sugli atti di bullismo nelle scuole, con particolare focus sui casi di bullismo omofobico, trans fobico e sessuofobo”: un Grande Fratello Gender dove la delazione, come ai tempi di Stalin, è considerata una virtù sociale.
La strategia, ammettiamolo, è furba e produrrà frutti abbondanti e velenosi. Porre il focus sulla pubblica amministrazione permetterà di creare una prassi pro-omosessualista che poi il legislatore dovrà per forza di cose legittimare in Parlamento. Occorre creare le premesse fattuali perché successivamente chi fa le leggi registri un dato di fatto ormai esistente. In tal modo poi si risparmierà tempo e risorse scavalcando di un sol colpo infinite discussioni parlamentari e sterili scontri tra partiti, e si eviterà infine di metter sul tavolo del Parlamento qualsiasi merce di scambio – tu mi dai il “matrimonio” gay ed io evito di far sfilare Gay Pride davanti a San Pietro ad esempio -. La rete Ready invece permette di correre dritti dritti alla meta. E la meta è un mondo apparentemente arcobaleno, ma in realtà sprofondato nelle tenebre dell’ideologia.