Il Messia porterà pace sulla terra. Tutti vivranno più a lungo. E sotto un solo governo mondiale. Come vuole la globalizzazione. è questa la visione ebraica della storia. La Chiesa e Cristo, invece, rimandano a una giustizia infallibile. Ma nel mondo che verrà.
Dunque un evento politico, pace universale, liberazione degli ebrei dal dominio degli altri popoli. “Il giudaismo – ha scritto il massimo studioso ebreo del messianismo, Gershom Scholem – ha sempre riguardato la redenzione come un evento pubblico che deve prodursi sulla scena della storia e all’interno della comunità ebraica; un evento visibile [?] esteriore. Al contrario, il cristianesimo vede la redenzione come qualcosa che accade nello spirituale e nell’invisibile, un evento che si gioca nell’anima [?] e che chiama a una trasformazione inferiore senza che ciò modifichi necessariamente il corso della storia [?].Ciò appare all’Ebreo come una scappatoia”.
Per Israele, non si scappa. L’Alleanza fra Dio e il popolo eletto comporta la promessa di un regno nell’aldiquà. Perciò Gesù, che diceva: “II mio Regno non è di questo mondo”, non poteva essere per loro il Messia Dal loro punto di vista, rifiutarlo fu persino doveroso II fatto è che la stona, oggi, sembra dare ragione ai “fratelli maggiori”, e torto a quel Gesù con le sue speranze celesti.
Con l’organizzazione mondialistica in corso, l’Onu, il “superamento degli stati nazionali”, i commerci globali e così via, la pace universale sembra alle porte. E il popolo d’Israele è tornato nella sua terra, massimo “segno dei tempi”, vistoso indizio dell’imminenza dei tempi messianici, per gli antichi profeti gli israeliti stanno procedendo alla propria redenzione storica.
“L’idea ebraica di un principio universale che abbraccia tutta l’ umanità [nell’aldiquà] ha trovato la sua incipiente realizzazione nell’era globale in cui il mondo è effettivamente entrato”, ha notato il filosofo Franco Volpi nel suo saggio Il Nichilismo (Laterza 1966) .è un bel progetto, a cui i cattolici dovrebbero dare il loro assenso cordiale E molti, moltissimi lo danno. Perchè un credente in Gesù non deve compiacersi del fatto che l’umanità “migliora”, che si sta “redimendo”, che è meglio istruita, che mangia meglio, che fa’ meno guerre?
Non la pensava così il grande filosofo della politica Cari Schmitt. Cattolico, peccatore ma cattolico, Schmitt, considerava che solo due “interpretazioni della stona universale” contassero nel mondo, l’ebraica e la cattolica, quella che vede la redenzione nell’aldiquà e quella che l’attende nell’aldilà. Due interpretazioni “in lotta” da secoli.
E Schmitt, nella creazione delle Nazioni Unite, paventò che “l’escatologia cristiana, basata sulla redenzione dell’uomo nell’aldilà, si stesse rivelando l’interpretazione perdente della storia universale”, ha scritto sempre Franco Volpi” “Vincente invece sarebbe quella ebraica: l’umanità in cammino progressivo verso “il regno di pace” futuro, verso la nuova Gerusalemme, lontana nel tempo, ma situata nell’aldiquà”
In questo radioso mondo futuro, Schmitt vedeva la fine “del cattolicesimo romano come la forza che frena l’Anticristo”. Strane, tremende parole. Perchè mai quel buon progetto di progresso secolarizzato, la volontà di attuare il miglioramento umanitario nell’aldiqua (con la conseguente eclisse del pensiero escatologico cristiano) dovrebbe portare l’avvento dell’Anticristo? Pensiamoci.
La Chiesa, Cristo, rimandano a una giustizia escatologica e infallibile nell’aldilà. Rispetto a questa giustizia assoluta, che spetta a Dio, i poteri politici, stati, governi e Onu, sono (inevitabilmente) manchevoli. La giustizia promessa da Cristo è in qualche modo “l’ultima istanza”, a cui i deboll e gli oppressi nell’aldiquà si appellano contro i forti, e gli Stati e i potenti devono (più o meno) tenerne conto.
In un progetto di futuro tutto “nella storia”, da cui l’aldilà come timore e speranza è cancellato, l’ultima istanza diventa invece la potenza politica, in ultima analisi la forza, l’astuzia, il successo pratico. Non c’è una giustizia superiore a cui gli ultimi possano appellarsi, ammonendo i potenti del divino castigo che li attende. Non ci sarebbe un criterio assoluto per giudicare il potere, e trovarlo mancante o deviante. E il potere potrà dichiarare buono, santo addirittura, ciò che lui vuole e impone. Come, dice San Paolo, farà l’Anticristo “Si porrà al di sopra di tutto ciò che è chiamato Dio”. Il suo regno sarà magari “buono” e progressista, ma privo di verità, e perciò di giustizia.
Ben Gunon, il grande statista israeliano, confidò alla rivista Look nel 1962 la sua immagine del mondo futuro: “Tutti gli eserciti saranno aboliti. In Gerusalemme le Nazioni Unite edificheranno un tempio per celebrare l’unione federata di tutti i continenti: sarà la Corte Suprema dell’Umanità per comporre le controversie tra i popoli federati, come profetizzato da Isaia. Ogni persona avrà una migliore educazione. Una pillola per prevenire la gravidanza abbasserà la crescita demografica esplosiva. La media raggiungerà i cento anni”. E’ la visione ebraica della storia, ed è già qui.
“Buona” in apparenza: vita lunga, governo dell’Onu, tribunale dell’umanità e poi anche la pillola. Già. Quando non c’è riferimento a una giustizia assoluta, a un giudizio infallibile che verrà da Dio, nel “buono” può mescolarsi anche qualche offesa all’uomo, qualche violazione della giustizia divina. Nell’interesse dei poteri costituiti, diventati l’ultima istanza, contro cui non ci si può appellare.
“Nessuno vi inganni in nessun modo! Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio” (San Paolo, II lettera ai Tessalonicesi, 2,3-4).
Bibliografia
Maurizio Blondet, Gli “Adelphi” della dissoluzione, Ares, Milano 1994.
Maurizio Blondet, I fanatici dell’Apocalisse, II Cerchio, Rimini 1993