Il 20 aprile scorso, nella provincia dello Yunnan la polizia ha sparato su un gruppo di 100 contadini che difendeva la terra espropriata da una compagnia mineraria. Negli scontri con la le forze dell’ordine, almeno un contadino è rimasto ucciso, 5 sono stati feriti gravemente e oltre 20 percossi e contusi.
Protetti da guardie di pubblica sicurezza, polizia e guardie civili inviati dal governo, un gruppo di minatori ha cominciato gli scavi sul terreno del villaggio. I contadini hanno tentato di fermarli e di riprendere la scena con una videocamere per documentare il sopruso. La polizia e i minatori hanno sequestrato le videocamere e la tensione è aumentata finché la polizia ha sparato sulla folla uccidendo un contadino. Decine di abitanti sono stati prelevati dalla polizia per essere interrogati. Il governo ha bloccato ogni notizia e la polizia ha istituito posti di blocco sulle vie principali per controllare chi entri o esca dalla provincia.
Un incidente simile era avvenuto ad aprile nella provincia di Hainan dove la polizia si era scontrata con oltre 6.000 abitanti che protestavano contro il governo locale per aver confiscato circa 7.000 ettari di terra coltivata per costruire campi da golf, a fronte di un indennizzo troppo basso. La polizia aveva lanciato gas lacrimogeni e caricato la folla ferendo 300 contadini e isolando l’area.
Secondo Chen Xiwen, Vicedirettore dell’Ufficio centrale per gli Affari finanziari ed economici, gli espropri forzati di terra sono la causa prima delle centinaia di rivolte che tutti i giorni scoppiano in Cina. I dati del ministero della Terra e delle Risorse affermano che nel 2006 le espropriazioni indebite sono cresciute fino a 100.000 ettari di terreni – un 76% in più rispetto al 2005 – di cui 43.000 ettari di terreni agricoli. Alcune personalità del Partito comunista cinese rivendicano l’uso delle armi contro i contadini e manifestanti.