Valentina Colombo
Lo scorso 7 giugno, Mahmoud Abdel Gawad, inviato diplomatico dell’università islamica di al-Azhar al Cairo, ha dichiarato che l’istituzione cui appartiene si attende un passo avanti da Papa Francesco per potere riaprire un dialogo interrotto nel gennaio 2011 con Benedetto XVI.
Il 12 giugno scorso si è tenuto al Cairo un congresso dei principali leader sunniti, capitanati da Yusuf al-Qaradawi, il teologo di riferimento dei Fratelli musulmani, per dibattere della crisi siriana. Durante il dibattito la parola jihad, intesa come “sforzo militare”, è stata la più usata. Il predicatore Muhammad Hassan ha affermato che «il jihad è necessario per i fratelli in Siria, jihad con la mente, con il denaro e con le armi, tutte le forme di jihad». D’altronde già il 2 giugno Yusuf al-Qaradawi aveva dichiarato aperto il jihad contro Hezbollah e Assad: «Ogni musulmano addestrato al combattimento e in grado di farlo deve rendersi disponibile».
La posta in gioco in Siria è alta. Non si tratta più, come sembrava nel 2011, di una battaglia, meglio una guerra, per spodestare uno dei più feroci tiranni della zona, bensì di una lotta fratricida islamica tra sunniti e sciiti, a scapito della maggior parte dei cittadini. Lo scontro in Siria vede da un lato l’asse sciita (regime di Assad, Hezbollah, Iran), sotto l’egida della Russia, e dall’altro l’asse sunnita (il movimento globale dei Fratelli musulmani, dei salafiti e dei jihadisti puri), sponsorizzato dagli Stati Uniti che vedono di buon grado la “moderazione” della Fratellanza.
La situazione siriana sta mettendo in luce la profonda schizofrenia del mondo islamico ufficiale che nei rapporti con l’esterno vuole apparire unito e rassicurante, ma al proprio interno è lacerato e ricorre alla violenza contro il proprio simile. I paesi che hanno per primi sperimentato la cosiddetta “primavera” araba vivono una profonda crisi e gli islamisti al potere sono alla resa dei conti. Al Cairo il 30 giugno prossimo è prevista una manifestazione di massa contro il presidente Morsi organizzata dal movimento Tamarrud, ovvero ribellione, che nelle ultime settimane ha raccolto in tutto il paese firme contro il Presidente accusato di non agire per gli interessi dei cittadini, ma solo per gli interessi dei Fratelli musulmani.
In Egitto la situazione presente vede i cittadini privati quotidianamente dell’elettricità, dei beni primari, ma soprattutto della tanto agognata libertà. Ancora una volta la schizofrenia del mondo islamico, in questo caso di al-Azhar, vale a richiedere dichiarazioni a Papa Francesco a patto che non si intrometta nelle questioni interne quali la condizione dei cristiani in Egitto, ma non pensa alla miseria degli egiziani e dei musulmani più prossimi. È come se si volesse guardare lontano per non vedere nel proprio cuore, è come se si volesse guardare la pagliuzza per non vedere la trave nel proprio occhio. Si guarda alla fantomatica umma, ma non si guarda ai musulmani. È lo stesso errore compiuto dal presidente americano Obama nel giugno 2009 quando dal Cairo si rivolse alla umma, ai musulmani, e non al Medio Oriente nel sua poliedricità e complessità.