Testo tratto da un intervento di
Carlo Caffarra
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
E prima ancora: è necessario che il legislatore produca una legge a riguardo? Per quel che concerne quest’ultima domanda possiamo notare che il ricorso alla procreazione artificiale ha una rilevanza pubblica per diverse ragioni:
· è necessario tutelare i diritti fondamentali delle persone più deboli. Ora chi viene concepito, anche attraverso la procreazione artificiale, deve esserlo in modo che i suoi diritti fondamentali siano tutelati;
· le attuali tecniche di procreazione artificiale possono consentire una strumentalizzazione dell’embrione umano da parte di altre persone, fatto che mina il fondamento della società, cioè la pari dignità o l’uguaglianza nella dignità fra le persone;
Dunque è necessario che lo Stato disciplini il ricorso alla procreazione artificiale.
La risposta alla prima domanda è difficile: essa deve individuare le condizioni di giustizia di una disciplina giuridica di ricorso alla procreazione artificiale. E la ricerca di tali condizioni deve essere guidata da un criterio fondato sulla natura della persona umana, che potrebbe essere espresso come segue.
Ogni procreazione artificiale deve salvaguardare tre diritti fondamentali di colui che viene concepito: il diritto ad essere trattato come soggetto e non come oggetto; una volta concepito, il diritto inviolabile alla vita; il diritto ad una famiglia fondata sul matrimonio. In base a questo criterio è da ritenersi gravemente ingiusta una legge:
· che permettesse la produzione di embrioni umani al solo fine di sperimentazioni scientifiche;
Alla luce di quanto detto finora, si dovrebbe concludere: una legge che consentisse il ricorso alla procreazione artificiale omologa a due sposi, proibendo loro la “produzione di embrioni sovra-numerari”, proibendo cioè la creazione di un numero di embrioni trasferibili superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, pur essendo una legge che permette un comportamento moralmente illecito, per gravi motivi potrebbe essere promulgata dal legislatore umano.
Tuttavia le cose non sono così semplici: dal momento che è altissimo il tasso di aborti spontanei, bisognerebbe ripetere la procedura più volte, cosa che potrebbe causare problemi di salute per la donna e quindi essere penalmente perseguibile. Pertanto ritengo ogni legge civile che consente il ricorso alla procreazione artificiale una legge gravemente ingiusta.
D’altra parte chi ha responsabilità legislative può trovarsi dentro ad una situazione nella quale, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, esistono già fatti gravemente contrari alle esigenze del bene comune. In questa situazione, nel caso in cui non fosse possibile evitare una legge già messa ai voti che consente il ricorso alla procreazione artificiale, è lecito dare il proprio contributo e voto per rendere la legge la più conforme possibile a quel criterio sopra enunciato.
Due osservazioni necessarie. E’ assolutamente importante chiarire a tutti che si tratta comunque di una legge gravemente ingiusta. Inoltre, è necessario tenere ben distinte le responsabilità. Altra è la responsabilità e il compito di un parlamentare che ha doveri legislativi, altra è la responsabilità e il compito di soggetti culturali (per es. movimenti, associazioni) che hanno doveri educativi. Questi ultimi devono continuamente tenere viva nell’ethos del nostro popolo non semplicemente la giustizia legale, ma la giustizia reale.
La vera questione in materia di procreazione artificiale è molto profonda. La procreazione artificiale ormai si inscrive dentro ad una sorta di “imperativo tecnologico”: ciò che è tecnicamente possibile deve essere consentito; il contrario è rassegnazione priva di senso. La procreazione artificiale trasferisce il generare umano nell’ambito del fare fuori dall’agire.
Da atto umano la generazione umana diventa un atto tecnico: si oscurano le relazioni costitutive della persona, le relazioni di origine, quelle di paternità/maternità e filiazione; si oscura progressivamente l’intima verità della comunità coniugale. E’ questa la più profonda sfida culturale che chi è ancora capace di stupirsi di fronte alla dignità della persona, deve raccogliere