La rivoluzione francese nel processo rivoluzionario

Rivoluzione francesePubblicato in Insorgenze antigiacobine in Italia (1796-1799). Saggi per un bicentenario, Istituto per la Storia delle Insorgenze, [via Castelmorrone 8, 20129] Milano 2001, pp. 360, L. 29.000.

Testo riveduto e con una prima annotazione dell’intervento al convegno Contro l’Ottantanove. Miti, interpretazioni e prospettive, organizzato da Alleanza Cattolica e da Cristianità, Roma, 26-26 febbraio 1989. La materia dei primi sette paragrafi, senza note e in una redazione più sintetica, è comparsa in lingua spagnola con il titolo La Revolución Francesa en el proceso revolucionario, in Aportes. Revista de Historia Contemporánea, anno V, n. 12, Saragozza novembre 1989-febbraio 1990, pp. 44-47, numero monografico su La Revolución Francesa, curato da Miguel Ayuso Torres].

di Giovanni Cantoni

1. La dottrina sociale della Chiesa e la sua rivalutazione

Da un decennio a questa parte – cioè a far data dal discorso di apertura della III Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-Americano, tenuto da Papa Giovanni Paolo II a Puebla de Los Angeles, in Messico, nel 1979 (1) – è in corso, nel mondo cattolico, una certa “rivalutazione” della dottrina sociale della Chiesa (2), solo da pochi – purtroppo – mai dimenticata anche nei quasi vent’anni che partono dal 1961, anno di pubblicazione dell’enciclica Mater et magistra, di Papa Giovanni XXIII (3).

Evidentemente questa rivalutazione comporta uno studio preventivo di tale dottrina nonché adeguati tentativi di definirne la natura, il metodo e l’oggetto. E, in proposito, è di straordinaria importanza quanto il regnante Pontefice afferma nell’enciclica Sollicitudo rei socialis, del 1987, nella quale esclude categoricamente che la dottrina sociale della Chiesa sia un’ideologia e la dichiara appartenere piuttosto al campo della teologia, in specie della teologia morale (4).

Quindi, se la dottrina sociale è teologia, se ne può parlare come di teologia sociale ed esplicitarla come una delle possibili “teologie del genitivo”, cioè come “teologia della società”. Poiché, poi, la teologia è conoscenza soprannaturale di Dio, dell’uomo e delle cose nella loro relazione con Dio, oggetto della teologia della società è la società stessa nei suoi rapporti con Dio. Poiché, ancora, la società è la proiezione nella storia della naturale socialità dell’uomo, ecco che oggetto della teologia della società si rivela l’uomo in quanto essere sociale nella sua relazione con Dio.

2. Dalla “teologia della società” alla “teologia della storia”

Su questa base si fonda la massima consapevolezza dell’esame sub specie aeternitatis delle strutture della società, dal matrimonio alla famiglia, dalla corporazione allo Stato. Ma, accanto agli elementi strutturali – in qualche modo sempre presenti – se ne evidenziano anche altri, che non dicono relazione soltanto con le articolazioni funzionali della vita della società umana, dell’uomo vivente in società, ma anche con la vita della società quasi ad extra, cioè con la vita storica dell’umanità, sia considerata nel suo insieme, sia in quelle sue espressioni parziali che sono le nazioni, comunità di destino degli uomini viventi in società.

Così, la teologia della società si rivela comprendere, almeno nella prospettiva che ho evocato, non solo la teologia della società in sé considerata, cioè nelle sue strutture funzionali e nella sua vita ad intra, ma anche la teologia della società nella sua vita ad extra, cioè nella sua proiezione nel tempo storico: quindi, la teologia della società ingloba anche la “teologia della storia”, in quanto, appunto, la storia è “storia di qualcosa”, […] soprattutto dell’uomo collettivo, della società umana” (5), cioè storia dell’umanità e delle sue articolazioni di destino, le nazioni, e di necessità, gli Stati (6).

3. Magistero sociale e “teologia della storia”

Se le cose stanno nei termini in cui le ho enunciate, dallo stesso Magistero sociale della Chiesa è possibile e lecito ricavare elementi di una teologia della storia, e questi elementi – anche quando si trovano in documenti non classificabili o semplicemente non classificati come “sociali” in senso proprio e stretto – sono integrabili nel corpus costituito dalla dottrina sociale della Chiesa, a illuminare con la luce della “grande dinamica” storica la “piccola dinamica” delle istituzioni, delle strutture e dei costumi. Quindi, si impone una rilettura del Magistero in tutte le sue espressioni per verificare quanto di esso sia stato eventualmente trascurato o abbandonato, quasi fosse una clausola stilistica o, comunque, un corpo estraneo rispetto all’insegnamento sociale stricto sensu considerato.

4. La “Civitas hominum” fra “Civitas Dei” e “Civitas diaboli”

Benché la dottrina sociale sia contemporanea di tutta la storia umana post peccatum – anche se con diverse modalità di espressione e con diversi gradi di consapevolezza quanto alla sua recezione -, il Magistero ritiene di dover attribuire particolare rilievo alla sua esposizione organica a partire soprattutto dal pontificato – e dal corrispondente insegnamento – di Papa Leone XIII, con specifico riferimento all’enciclica sulla condizione degli operai Rerum novarum, pubblicata nel 1891, quindi al suo intervento in campo socioeconomico (7).

Nella prospettiva che ho brevemente illustrato s’impone però attenzione anche all’enciclica Tametsi futura prospicientibus, dedicata sempre da Papa Leone XIII, nel 1900, a Gesù Cristo redentore del genere umano (8), nonché all’enciclica Humanum genus, sulla massoneria, pubblicata dallo stesso Pontefice nel 1884 (9).

Infatti, in tali documenti il Magistero evidenzia rispettivamente gli effetti di civiltà della Redenzione operata dal Signore Gesù, quindi fa propria, applicandola, la teologia della storia elaborata e illustrata da sant’Agostino soprattutto, anche se non esclusivamente, nel De Civitate Dei (10), “filosofia della storia” che Papa Leone XIII aveva già indossata nel breve sugli studi storici Saepenumero considerantes, del 1883 (11), e che è presente, per esempio, nell’enciclica Divini Redemptoris, sul comunismo ateo, pubblicata da Papa Pio XI nel 1937 (12), nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, approvata dal Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgata da Papa Paolo VI nel 1965 (13), e finalmente, soprattutto, nell’esortazione apostolica circa i compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi Familiaris consortio, del 1981, di Papa Giovanni Paolo II (14), e, dello stesso Pontefice, nell’esortazione apostolica post-sinodale circa la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi Reconciliatio et paenitentia, del 1984 (15), e nell’enciclica Dominum et vivificantem, del 1986, dedicata allo Spirito Santo nella vita della Chiesa e del mondo (16).

Questa dottrina descrive – e interpreta – la storia dell’umanità, cioè degli uomini variamente organizzati, come pellegrinaggio della Civitas hominum nel tempo, dalla Genesi all’Apocalisse, perennemente attratta dalla Civitas Dei e contemporaneamente tentata dalla Civitas diaboli, che della storia umana vengono a costituire categorie fondamentali (17).

E questa drammatica alternativa storica – presente in filigrana nella Scienza nuova di Giambattista Vico (18) e che trova espressione culturale rilevante anche in Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, di Juan Donoso Cortés (19), in Storia dell’Amore e in Storia dell’empietà, di Antonio Rosmini Serbati (20), nonché in Filosofia e antifilosofia, di Michele Federico Sciacca (21) – si radica nel cuore dell’uomo, di ogni uomo che viene in questo mondo, chiamato da sant’Ignazio di Loyola a meditare “di due bandiere” (22) oppure, da san Luigi Maria Grignion di Montfort, a nascere spiritualmente nella stirpe della Vergine o in quella del serpente (23).

5. Dinamiche e realizzazioni storiche

Ma, se la Civitas Dei e la Civitas diaboli sono categorie della vita dell’umanità post peccatum, la Civitas hominum ha una dinamica specifica nei rapporti con ciascuna di esse, e queste diverse dinamiche vanno a costituire quelle che Papa Giovanni Paolo II – nella ricordata esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia – indica rispettivamente come “legge dell’ascesa” e “legge della discesa“, cioè le modalità dei processi di accostamento e di allontanamento della stessa Civitas hominum rispetto alla Civitas Dei e alla Civitas diaboli; cioè, ancora, dei processi di conversio di volta in volta ad Deum o ad creaturam, se non direttamente ad diabolum, e, simmetricamente, di aversio a Deo, a creatura e a diabolo (24).

Queste dinamiche hanno loro realizzazioni storiche, loro “incarnazioni” epocali, cioè relative a diverse epoche storiche. E anche a proposito di queste realizzazioni epocali il Magistero della Chiesa si esprime, per esempio descrivendo come tempo di conversione esemplare – benché, evidentemente, di una esemplarità relativa e non esclusiva – la Civitas hominum romano-germanica realizzata in Occidente nel cosiddetto Medioevo (25), cioè la Cristianità, dalla cui crisi si è venuto svolgendo un processo di aversio a Deo, di allontanamento da Dio e dalla sua Chiesa, che il Magistero stesso periodizza secondo una triplice scansione, presente nella lettera apostolica Pervenuti all’anno vigesimoquinto, pubblicata nel 1902 – quasi testamento – da Papa Leone XIII (26), quindi ultimamente reiterata nell’Istruzione su libertà cristiana e liberazione “Libertatis conscientia”, nella quale – nel 1986 e con l’approvazione del Santo Padre Giovanni Paolo II – la Congregazione per la Dottrina della Fede descrive il “moderno processo di liberazione” da Dio, che “fin dall’alba dei tempi moderni”, nel Rinascimento, nella Riforma protestante e nella Rivoluzione francese, ha assunto […] forme aberranti e [che] giungono ad opporsi alla visione cristiana dell’uomo e del suo destino” (27), e lo denuncia come “contagiato da errori mortali circa la condizione dell’uomo e della sua libertà” (28), quindi connotato da una “mortale ambiguità” (29).

Ma la formulazione più efficace e certamente più sintetica di questo processo epocale e della sua scansione si trova in un discorso di Papa Pio XII che – rivolgendosi nel 1952 agli uomini d’Azione Cattolica – parla della promozione dell’empietà da parte di un “nemico”, che definisce nello stesso tempo “violento e subdolo” e che […] si trova dappertutto e in mezzo a tutti”, e ne illustra l’opera plurisecolare: “In questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell’unità nell’organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza l’autorità; talvolta l’autorità senza la libertà. È un “nemico” divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio. Il “nemico” si è adoperato e si adopera perché Cristo sia un estraneo nelle Università, nella scuola, nella famiglia, nell’amministrazione della giustizia, nell’attività legislativa, nel consesso delle nazioni, là ove si determina la pace o la guerra” (30).

6. La Rivoluzione nella Cristianità e il suo processo

Dunque, a partire dall’exemplum di conversio ad Deum, attraverso l’attenzione alla Chiesa da Lui positivamente istituita, rappresentato dalla Cristianità come si è realizzata nel Medioevo, si è venuto svolgendo un processo di sovvertimento di tale realizzazione, processo che nel linguaggio del pensiero cattolico contro-rivoluzionario dei secoli XIX e XX – linguaggio di cui mi servo tematicamente – viene indicato con il termine “Rivoluzione” (31). Questo processo attua nella nostra epoca una categoria che interessa tutta la storia degli uomini post peccatum e, attraverso l’espansione della civiltà europea in tutto il mondo, ne dà la massima espressione geografica e materiale (32).

Secondo la scansione categoriale di questo processo – che, alla luce della presentazione che ne offre il regnante Pontefice nella richiamata esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia è comunque una scansione storica, esemplata cioè con fatti accaduti in illo tempore – alla rottura con Dio da parte di Adamo e di Eva, che hanno ceduto alla tentazione del serpente, segue la rottura fra gli stessi Adamo ed Eva, poi fra Caino e Abele, quindi la costruzione della Torre di Babele: dalla rottura con Dio trae origine la rottura fra gli uomini e il profondo condizionamento del loro operare (33); a una fase socioreligiosa seguono una tappa sociopolitica, quindi una socioeconomica, e il “sistema” comprende momenti “culturali” di diverso spessore sociale, che precedono, accompagnano e seguono (34).

Nella realizzazione storica epocale, all’eliminazione del sacerdozio ministeriale da parte del protestantesimo – certo non unica eresia, ma eresia che tocca non solo il kérygma, l'”annuncio”, ma la struttura della Chiesa così come l’ha voluta il Signore Gesù – segue il tentativo di rompere tutti i legami che uniscono l’uomo alle realtà sociopolitiche che lo circondano, traendo occasione – peraltro offerta da tutte indistintamente le realizzazioni umane, inevitabilmente semper reformandae – dalla loro imperfezione o dalla loro eventuale sclerosi.

Alla fase indicata da Papa Pio XII con la formula “Cristo sì, Chiesa no“, cioè alla fase immediatamente identificabile con il protestantesimo, segue quella definita con la formula “Dio sì, Cristo no”, cioè la fase deista, a proposito della quale il teologo protestante Emil Brunner osserva che “la mancanza di una patria religiosa – è spontaneo il rimando all’autoqualificazione nazionalsocialista Konfessionslos aber Gottgläubig, “senza confessione religiosa ma credente in Dio” (35) – strappa l’uomo alla struttura metafisica della sua esistenza: l’uomo cessa di essere radicato in un ordine eterno. Il dogma dell’uguaglianza di tutti strappa l’uomo alla sua struttura sociale, distrugge la struttura organica” (36).

a. Così, di fatto, come nel caso del protestantesimo l’uomo in quanto fedele viene abbandonato solo di fronte a Dio e al suo mistero – benché si tratti talora di un mistero “rivelato” -, senza adeguata mediazione, dal momento che è circondato da uguali, nel caso della Rivoluzione politica, detta francese dal paese in cui è esplosa, l’uomo in quanto cittadino viene abbandonato, apparentemente non più suddito, dal momento che non è più suddito confesso, all’inconfessata o inapprezzata sudditanza nei confronti della società e, soprattutto, della sua gestione statuale, comunque organizzata, mentre agli uguali che lo circondano non gli è concesso unirsi e ordinarsi, ma solo eventualmente sommarsi.

Alla separazione fra il potere politico e l’autorità ecclesiastica – forse, in precedenza, non sempre distinti in modo adeguato e sufficiente – segue un rapporto prima duramente conflittuale, quindi sostitutivo, nel senso che lo Stato si trasforma in Chiesa; all’eliminazione del potere, sulla società e nella società, nella sua espressione personale e nella sua versione apertamente gerarchica, succede un potere anonimo, da nulla limitato, né in alto né in basso, né da Dio né dagli uomini, se non – nel caso di questi ultimi – ordinariamente attraverso la derisoria manifestazione – di varia modalità e periodicità – della “volontà popolare”, manipolata in modo sempre più scientifico e tecnologicamente avanzato da opinion maker espressi e sostenuti da lobby ideologiche e/o economiche (37): insomma, il taglio “liberatore” delle mille arterie che univano l’uomo agli altri uomini in diversi e articolati rapporti, si rivela in ultima analisi come scarsamente liberatorio, in quanto tali rapporti rimangono come esigenze, come bisogni insoddisfatti, sì che – disattivati e quindi non più viventi – le istituzioni e i costumi si trasformano in catene di una libertà-beffa, un “re nudo” di cui è sconveniente – anzi, sostanzialmente vietato – denunciare la nudità, mentre esigenze e bisogni alimentano “nuove povertà” (38).

b. Se poi dalla libertà si passa all’uguaglianza, si deve notare che la libertà – quando è reale – la nega, non certo obbligatoriamente nella sua sostanza, ma nelle sue rilevanti espressioni accidentali: […] la libertà e l’uguaglianza sono irriducibili l’una all’altra. Perché l’uguaglianza è essenzialmente oppressiva della libertà, e la libertà si fonda sulla disuguaglianza. Infatti la libertà non è una parola astratta. Nasconde un insieme di libertà personali, professionali, politiche e sociali, tutte varie, diverse, disuguali, all’infinito” (39).

Infine, tale difficile rapporto può essere mantenuto in equilibrio, e in questo equilibrio conservato e ininterrottamente verificato e rinnovato, soltanto con la mediazione della fraternità: ma quale fraternità è possibile, quando è negata la paternità divina – di principio, perché “Dio non c’è”, oppure, di fatto, perché “Dio non c’entra”, perché è un – e, quindi, ogni suo riflesso terreno, da quello nel a quelli – nei quali l’analogia talora diminuisce – nel e nel ?

7. La Rivoluzione francese

Rivoluzione_franceseQuesta, in sintesi estrema, la Rivoluzione francese e la sua parte nel processo rivoluzionario: con essa – grazie all’abolizione delle vestigia del regime feudale e di quello corporativo – all’individualismo e all’ugualitarismo religiosi fanno seguito l’individualismo e l’ugualitarismo politici e l’individualismo economico, mentre, con la Rivoluzione sovietica, seguirà la stagione dell’ugualitarismo economico. Così François Furet sintetizza i decreti emanati dal 4 all’11 agosto 1789: “Essi distruggono da cima a fondo la società aristocratica e la sua struttura di dipendenze e di privilegi. Ad essa sostituiscono l’individuo moderno, autonomo, libero di fare tutto ciò che la legge non vieti. La tabula rasa realizzata a partire dal 4 agosto liquida tutti i poteri intermedi che possono esistere tra l’individuo e il corpo sociale nel suo insieme. L’opera sarà completata nel 1791 con l’approvazione della legge Le Chapelier, con la quale si proibivano le associazioni. Assai presto la rivoluzione ha manifestato un radicale individualismo” (40).

Sull’ordo rerum humanarum medioevale – già sottoposto a un processo di razionalizzazione centralizzatrice e sclerotizzante (41) – viene esercitata una potatura violenta, che dell’albero storico taglia non solo i rami secchi ma anche le radici, talora solo le radici, così producendo – in periferia, ma non soltanto in essa – una “società mafiosa”, cioè una società caratterizzata dalla conservazione forse involontaria di tutto il secondario e dalla distruzione, almeno quanto al progetto, di tutto l’essenziale.

Relativamente alle conseguenze in campo economico dell’abolizione del regime feudale, la “liberazione” della proprietà privata dall’“ipoteca sociale” (42) storica, che su di essa si era venuta costituendo organicamente, favorisce lo sviluppo di una mentalità secondo cui – come profeticamente dirà Papa Pio IX nel Sillabo, del 1864, alla proposizione LVIII – “ogni regola ed onestà dei costumi consiste nell’accumulare e nell’accrescere per qualsiasi maniera le ricchezze, e nel contentare la voluttà” (43), cioè prepara a tale istituto una condizione storica che possa, in un futuro non troppo lontano, sia emotivamente coprire la pretesa di un'”ipoteca sociale” gestita dallo Stato, sia sempre emotivamente legittimare il programma socialcomunista della sua abolizione.

Quanto alle corporazioni prerivoluzionarie, Luigi Dal Pane nota – con riferimento all’Italia, ma il giudizio è estensibile – che esse […] assolvono anche funzioni di difesa dei lavoratori, di previdenza sociale e di mutuo soccorso […]. Quando costituiscono le doti alle figlie dei matricolati, quando distribuiscono sussidi agli infermi e alle vedove, quando provvedono all’assistenza dei soci ammalati, quando assolvono doveri di pietà verso i moribondi ed i morti ed onorano Iddio, esercitano funzioni socialmente utili” (44).

8. Meditare per restaurare

Questi mi sembrano i termini di una possibile e indispensabile meditazione – nel bicentenario dell’infausto evento costituito dalla Rivoluzione francese – affinché alla rottura che rappresenta e incarna nella storia della civiltà cristiana e della nostra epoca, dal punto di vista specificamente sociopolitico, socioeconomico e generalmente culturale, si ponga autentico rimedio non con restaurazioni insoddisfacenti, in quanto – non di rado – puramente cosmetiche, ma con una riconciliazione radicale e globale, a partire da quella – fondamentale e fondante – con Dio, che si è rivelato nel Signore Gesù (45), e della quale la Vergine Santissima ha annunciato a Fatima la storica realizzazione (46).

Ma questi termini aprono una serie di considerazioni che, nell’ottica in cui mi situo, cioè nell’ottica della Contro-Rivoluzione cattolica, non possono essere né eluse, né dimenticate. Infatti, come insegna Plinio Corrêa de Oliveira, la Contro-Rivoluzione non è “una semplice nostalgia” (47),“un movimento che vive fra le nuvole, che combatte fantasmi. Deve essere la Contro-Rivoluzione del secolo XX, diretta contro la Rivoluzione così come oggi in concreto esiste e, quindi, contro le passioni rivoluzionarie come oggi divampano, contro le idee rivoluzionarie come oggi sono formulate, contro gli ambienti rivoluzionari come oggi si presentano, contro l’arte e la cultura rivoluzionaria come oggi appaiono, contro le correnti e gli uomini che, a qualsiasi livello, sono attualmente i fautori più attivi della Rivoluzione. La Contro-Rivoluzione non è, dunque, una semplice retrospettiva dei danni causati dalla Rivoluzione nel passato, ma uno sforzo per sbarrarle la strada nel presente” (48).

Ergo, l’esame della Rivoluzione francese – così come di ogni altra fase del processo rivoluzionario – non deve avere come scopo principale quello di offrirne una retrospettiva, il cui interesse consiste eventualmente nell’udienza data alla parte perdente, ma quello di conoscere e di far conoscere la Rivoluzione in una sua tappa rilevante per quanto ha prodotto e per quanto è ancora vigente; quindi vuole costituire un’opera d’informazione – meglio, di contro-informazione – storica per spingere all’azione, non certo alla nostalgia, benché non si possa assolutamente contestare l’oggettiva legittimità anche di questo sentimento (49).

Ma ricordare la Vandea, fregiarsi del Sacro Cuore, decorare il proprio ambiente di lavoro o familiare con un poster che richiami chi contro la Rivoluzione francese ha lottato, dev’essere soprattutto – in auspicio, esclusivamente – segno di una volontà intelligente e determinata di combattere quanto di questa fase rivoluzionaria rimane e opera, e non è poco. Non dimenticare attivamente significa proporsi, fra l’altro, il superamento della situazione sociopolitica in cui viviamo, non paghi della pura identificazione delle cause che l’hanno originata.

9. Propositi contro-rivoluzionari

insorgenze_TiroloIl movente ultimo di ogni opera da cristiani, e quella politica non fa eccezione, è la gloria di Dio, la sua causa prossima l’amore agli uomini (50), la ricompensa sperata la salvezza eterna. Sulla strada del ritorno al Padre – il figlio prodigo è figura di ogni uomo (51) -, del reditus di tomistica memoria e dottrina (52), la Rivoluzione è un ostacolo; e gli aspetti politici della Rivoluzione costituiscono altrettanti condizionamenti negativi posti sul percorso dal demonio, dalla malizia e dalla debolezza degli uomini, di ieri e di oggi (53).

Rimuovere questi ostacoli significa favorire il reditus, il ritorno – nostro e del nostro prossimo – al Padre, così manifestando, attraverso l’amore al fratelli che vediamo, l’amore a Dio che non vediamo (54). Rimuovere questi ostacoli – insomma – significa fare la Contro-Rivoluzione. Rimuovere gli ostacoli di cui ha disseminato il cammino dei singoli e delle società la Rivoluzione francese vuol dire fare propria l’analisi proposta da Papa Pio XII quando parla di “un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio” e accogliere l’appello del regnante Pontefice quando, rivolgendosi all’umanità tutta, cristiani compresi, grida: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!

“Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo Lui lo sa!” (55).

Perciò, si deve operare, fra l’altro, affinché:

a. alla radicale separazione fra Chiesa e Stato si sostituisca una collaborazione privilegiante, fatta salva la dottrina sulla libertà religiosa (56);

b. alla concezione della nazione come “assemblage des individus”, cioè come “messa insieme degli individui” – secondo la definizione di Emmanuel-Joseph Sieyès (57) – subentri quella che la coglie come un insieme gerarchico e storico di gruppi, naturalmente o volontariamente costituiti nel corso della storia;

c. contro la pretesa […] conseguenza naturale che il diritto a farsi rappresentare spetta ai cittadini non in forza delle qualità che li differenziano, ma in forza delle qualità che sono ad essi comuni” (58), pretesa enunciata dallo stesso leader rivoluzionario e che a suo dire determina la loro considerazione pressoché esclusivamente “in massa e dal punto di vista dell’interesse comune” (59), si riscopra che l’uomo non è solo uomo – già questo sarebbe molto, si potrebbe notare dopo la legalizzazione dell’aborto, meditando così sulle ulteriori tappe percorse dal processo rivoluzionario! – ma anche figlio o figlia, padre o madre, marito o moglie, lavoratore, padrone, soldato, fedele, e così via, rivalutando opportunamente e adeguatamente ogni qualificazione e ogni professionalità dal punto di vista politico, cioè riconoscendo i corpi intermedi, naturali e volontari, a partire dalla famiglia, e la loro rilevanza sociopolitica;

d. si corregga l’astratta rappresentanza per teste e il mandato rappresentativo ampio e indeterminato – fonte legalizzata di inganno elettorale – con una rinnovata attenzione al mandato corporativo e imperativo, a quel mandato imperativo che pare sopravvissuto soltanto nella sua forma partitica (60).

10. Fondamenti naturali e soprannaturali

Sull’Ottantanove, quello settecentesco, molto è stato detto quanto ai miti riportando le interpretazioni ai fatti (61); quanto all’Ottantanove novecentesco, vengo a conclusione premettendo che – al dire di Joseph de Maistre – “gli elementi di tutte le costituzioni sono gli uomini” (62).

Nel 1980, in occasione del suo primo pellegrinaggio apostolico in terra di Francia, Papa Giovanni Paolo II, nell’omelia della Messa celebrata a Le Bourget il 1° giugno, dice: “È nota la parte che l’idea di libertà, di uguaglianza e di fraternità ha nella vostra cultura, nella vostra storia. In ultima analisi, si tratta di idee cristiane. Affermo in piena coscienza che quanti hanno così formulato, per primi, questo ideale, non facevano riferimento all’alleanza dell’uomo con la saggezza eterna. Ma volevano agire per l’uomo” (63).

Consuetamente il richiamo dell’intervento pontificio si arresta a questo punto, lasciando credere a un giudizio sul trilemma rivoluzionario ambiguo, quando non divergente da quelli espressi in precendenza dal Magistero; ma il testo del regnante Pontefice non si ferma qui: infatti, il Santo Padre prosegue e, immediatamente di seguito, dichiara: “Per noi, l’interiore alleanza con la saggezza eterna sta alla base di ogni cultura e dell’autentico progresso dell’uomo; quindi, poco più oltre, constata: “Nello stesso tempo si può dire che il potere dell’uomo sull’altro uomo diventa sempre più pesante. Abbandonando l’alleanza con la saggezza eterna, egli sa sempre meno governare sé stesso, non sa più governare gli altri. Com’è diventato pressante il problema dei diritti fondamentali dell’uomo! Che volto minaccioso rivelano il totalitarismo e l’imperialismo, nei quali l’uomo cessa di essere il soggetto, cioè cessa di contare come uomo. Egli conta soltanto come un’unità e un oggetto; finalmente, quasi a conclusione, esclama: “Esiste solo un problema, quello della nostra fedeltà all’alleanza con la saggezza eterna, che è fonte di una vera cultura, cioè della crescita dell’uomo, e quello della fedeltà alle promesse del nostro battesimo nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo!” (64).

Dunque, la proclamazione dei “diritti dell’uomo” senza riferimento all’alleanza dell’uomo con la Saggezza Eterna, anzi, abbandonando tale alleanza, ha fatto sì che il problema dei diritti fondamentali dell’uomo stesso sia diventato sempre più pressante, dal momento che questo abbandono ha prodotto il totalitarismo e l’imperialismo. Perciò, tornando alla tesi di Joseph de Maistre, per lottare contro il totalitarismo e l’imperialismo servono uomini che non agiscano esclusivamente “per l’uomo”, dando così prova di quell’amore di sé che giunge fino al disprezzo di Dio, ma che operino sulla base dell’“interiore alleanza con la saggezza eterna”.

Mentre mi chiedo quanti, nella formulazione del discorso del regnante Pontefice, avranno colto una citazione indiretta di un maestro di vita spirituale che gli è particolarmente caro e che è in rapporto non con una Vandea retorica, ma con la Vandea essenziale, cioè un richiamo all’opera L’amour de la Sagesse éternelle, di san Luigi Maria Grignion di Montfort (65), credo di poter affermare che l’esito della proclamazione dei “diritti dell’uomo” senza attenzione – quando non in alternativa – ai “diritti di Dio” è nel testo indicato in modo inequivoco: la distruzione del “popolo” attraverso l’individualismo e l’ugualitarismo produce la “massa” (66), pronta per la manipolazione totalitaria, quella “grossa” socialcomunista e quella “sottile” tecnocratica (67), sicché quanto doveva essere il trionfo dell’uomo si rivela il trionfo dello Stato, nei confronti della cui versione totalitaria e imperialistica, cioè specificamente moderna, si impone la rivendicazione dei diritti dell’uomo, con interiore ed esteriore riferimento all’alleanza con la Saggezza Eterna.

“Soltanto a questa condizione – scrive Papa Pio XII a proposito della collettività nazionale – vi si vedranno prosperare i grandi princìpi di libertà, di uguaglianza e di fraternità, cui si vogliono richiamare le democrazie moderne, ma che, pena le peggiori contraffazioni, devono essere intese, è ovvio, come le intendono il diritto naturale, la legge evangelica e la tradizione cristiana, che ne sono nello stesso tempo – ed esse soltanto – gli ispiratori e gli interpreti autentici” (68).

Se poi, come scrive Plinio Corrêa de Oliveira parlando dell’epoca in cui si è svolta la crisi della civiltà cristiana medioevale e facendo eco a Frédéric Le Play (69), in tale tempo storico […] si andò estinguendo nei grandi e nei piccoli la fibra d’altri tempi per contenere il potere regale nei legittimi limiti vigenti al tempo di san Luigi di Francia e di san Ferdinando di Castiglia” (70), la formazione di uomini di una fibra tale da resistere, da combattere e da vincere il moderno Stato totalitario e imperialistico – di cui la Rivoluzione francese ha preparato la “materia prima” (71) e fatto qualche esperimento, e che non è né dittatura né monarchia assoluta (72), ma si caratterizza, secondo Emil Brunner, per il […] controllo totale su tutta la vita, interiore ed esterna, religiosa, culturale ed economica, di tutti i suoi cittadini” (73) – non è certo opera che l’uomo possa compiere da solo: la Vergine Santissima che, a Fatima – come ho già ricordato – ha promesso il superamento della condizione in cui l’umanità è storicamente caduta; Ella, che è Madre del Redentore ma anche Madre dei redenti, provveda a generarne e noi a renderci completamente disponibili a questa spirituale generazione.

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1) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso di apertura dei lavori della III Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-Americano a Puebla de Los Ángeles (Messico), del 28-1-1979, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol 7, pp. 188-211, soprattutto III, 7, pp. 208-209; a commento, cfr. Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), Il messaggio di Puebla, in Cristianità, anno VII, n. 50-51, Piacenza giugno-luglio 1979, pp. 6-11.

2) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” “Libertatis nuntius”, del 6-8-1984, XI, 12; a commento, cfr. il mio La “rivalutazione” della dottrina sociale della Chiesa, in Cristianità, anno XIV, n. 133, Piacenza maggio 1986, pp. 3-5.
3) Cfr. Beato Giovanni XXIII, Enciclica Mater et magistra” sugli sviluppi della questione sociale nella luce della dottrina cristiana, del 15-5-1961, in Enchiridion delle Encicliche, vol. VII, Giovanni XXIII. Paolo VI (1958-1978), EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1994, pp. 192-321, soprattutto parte IV, pp. 296-321.
4) Cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica “Sollicitudo rei socialis” nel ventesimo anniversario dell’enciclica “Populorum progressio”, del 30-12-1987, n. 41; a commento, cfr. il mio Dottrina sociale, teologia morale e coscienza, in Cristianità, anno XVII, n. 165, Piacenza gennaio 1989, pp. 5-7.
5) Gonzague de Reynold (1880-970), Cercles concentriques. Études et morceaux sur la Suisse, Les Éditions du Chandelier, Bienne 1943, p. 181.
6) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai membri del Parlamento Europeo a Strasburgo, dell’11-10-1988, n. 9, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 3, pp. 1171-1179 (pp. 1176-1177); a commento, cfr. il mio Papa Giovanni Paolo II a Strasburgo: religione e libertà, in Cristianità, anno XVI, n. 162, Piacenza ottobre 1988, pp. 3-6.
7) Cfr. Leone XIII, Enciclica “Rerum novarum” sulla condizione degli operai, del 15-5-1891.
8) Cfr. Idem, Enciclica “Tametsi futura prospicientibus” su Gesù Cristo redentore, del 1°-11-1900, in Enchiridion delle Encicliche, vol. III, Leone XIII (1878-1903), EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1997, pp. 1184-1211 (pp. 1190-1195).
9) Cfr. Idem, Enciclica “Humanum genus” sulla massoneria, del 20-4-1884, n. 1, nuova trad. it., in CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, Massoneria e Religioni, a cura di Massimo Introvigne, LDC, Leumann (Torino) 1994, Appendice II, pp. 194-215 (pp. 194-195).
10) Cfr. Sant’Agostino, De Civitate Dei, libro XIV, cap. 28; per un quadro d’insieme dell’opera e dell’eco, cfr. padre Victorino Capánaga O.A.R., Introducción a San Agustin, La Ciudad de Dios (1.°), in Obras de San Agustin, edición bilingüe, 3a ed., Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1977, pp. 7*-103*, soprattutto pp. 85*-91*.
11) Cfr. Leone XIII, Epistola “Saepenumero considerantes”, del 18-8-1883, in Ugo Bellocchi (a cura di), Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740. 250 anni di storia visti dalla Santa Sede, vol. V, Leone XIII (1878-1903), parte prima: 1878-1891, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, pp. 158-165 (p. 163).
12) Cfr. Pio XI, Enciclica “Divini Redemptoris” sul comunismo ateo, del 19-3-1937, nn. 1-3, in Enchiridion delle Encicliche, vol. V, Pio XI (1922-1939), EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1995, pp. 1128-1205 (pp. 1128-1131).
13) Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et spes”, nn. 10, 13 e 37.
14) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica “Familiaris consortio” sui compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, del 22-11-1981, n. 6; cfr. anche, fra i documenti “minori” dello stesso anno, l’omelia nella Messa in preparazione alla Pasqua per gli universitari, del 26-3-1981, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 1, pp. 788-792.
15) Cfr. Idem, Esortazione apostolica post-sinodale “Reconciliatio et paenitentia” circa la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi, del 2-12-1984, nn. 13-16, 19 e 21; e il mio La Contro-Rivoluzione e le libertà, in Cristianità, anno XIX, n. 199, Piacenza novembre 1991, pp. 6-12.
16) Cfr. Idem, Enciclica “Dominum et vivificantem” sullo Spirito Santo nella vita della Chiesa e del mondo, del 18-5-1986, nn. 33-38, 44, 47-48 e 55-56.
17) Cfr. padre Roger-Thomas Calmel O.P. (1914-1975), Per una teologia della storia, trad. it., Borla, Leumann (Torino) 1967, pp. 17-39.
18) Cfr. Giambattista Vico, Principj di Scienza nuova d’intorno alla comune natura delle nazioni, 1744, Conchiusione dell’opera. Sopra un’eterna repubblica naturale, in ciascheduna sua spezie ottima, dalla divina provvedenza ordinata, in Idem, Opere, a cura di Paolo Rossi (1900-1985), Rizzoli, Milano 1959, pp. 849-860.
19) Cfr. Juan Donoso Cortés, Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, trad. it., Rusconi, Milano 1972; e Jules Chaix-Ruy (1896-1975?), Donoso Cortés. Théologien de l’Histoire et prophète, Beauchesne et Ses Fils, Parigi 1956.
20) Cfr. Antonio Rosmini Serbati, Storia dell’Amore ricavata dalle divine Scritture, in Idem, Opere edite e inedite, vol. XLVII, a cura di Rinaldo Orecchia, Cedam, Padova 1975; e Idem, Frammenti di una storia della empietà, in Idem, Opere edite e inedite, vol. XLIX, a cura di R. Orecchia, Cedam, Padova 1977, pp. 1-95.
21) Cfr. Michele Federico Sciacca, Filosofia e antifilosofia, Marzorati, Milano 1968
22) Cfr. sant’Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, nn. 136-147.
23) Cfr. san Luigi-Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione a Maria, n. 54, trad. it., in Idem, Opere, Centro Mariano Monfortano, Roma 1977, pp. 257-435 (p. 294).
24) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale “Reconciliatio et paenitentia” circa la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi, cit., nn. 14 e 17.
25) Cfr. Leone XIII, Enciclica “Immortale Dei” sulla costituzione cristiana degli Stati, del 1°-11-1885, in Enchiridion delle Encicliche, vol. III, Leone XIII (1878-1903), cit., pp. 330-375 (pp. 351-352).
26) Cfr. Idem, Lettera “Annum ingressi”, del 19-3-1902, in U. Bellocchi (a cura di), Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740. 250 anni di storia visti dalla Santa Sede, vol. VI, Leone XIII (1878-1903), parte seconda: 1892-1903, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, pp. 431-446 (pp. 433-437).
27) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione su libertà cristiana e liberazione “Libertatis conscientia”, del 22-3-1986, n. 6.
28) Ibid., n. 19.
29) Ibid., n. 20.
30) Pio XII, Discorso “Nel contemplare” agli uomini di Azione Cattolica d’Italia, del 12-10-1952, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIV, pp. 353-362 (p. 359).
31) Cfr. la sintesi di P. Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, con un saggio introduttivo di Giovanni Cantoni L’Italia fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, parte I, capitolo VII, 3a ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977, pp. 93-105; e la mia Prefazione a padre Paolo Calliari O.M.V. (1913-1991), Servire la Chiesa. Il Venerabile Pio Bruno Lanteri (1759-1830). Pioniere dei movimenti laici cattolici. Fondatore degli Oblati di Maria Vergine, Lanteriana-Krinon, Caltanissetta 1989, pp. V-IX.
32) Cfr. Pio XII, Omelia durante la “Cappella Papale” alla Basilica Ostiense per il XIV centenario di S. Benedetto, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. IX, pp. 235-241 (p. 238); Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso promosso congiuntamente dall’Istituzione culturale romana Incontri della Rotonda e dallo Studienzentrum Weikersheim sul tema La crisi dell’Occidente e il compito spirituale dell’Europa, del 12-11-1981, n. 2, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 2, pp. 610-613 (pp. 611-612); e Friedrich Heer (1916-1984), Europa, madre delle rivoluzioni, trad. it., 2 voll., Il Saggiatore, Milano 1968.
33) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale “Reconciliatio et paenitentia” circa la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi, cit., nn. 14-16.
34) Cfr. P. Corrêa de Oliveira, op. cit., passim; e la mia Prefazione a padre P. Calliari O.M.V., op. cit.
35) Per il concetto e il fatto, cfr. Testis fidelis [padre Walter Mariaux S.J.] (1894-1963), El Cristianismo en el Tercer Reich. Hechos y documentos relativos a las condiciones de la Iglesia Católica en la Alemania actual, Editorial La Verdad, Buenos Aires 1941, vol. I, pp. 322-323; e Mario Bendiscioli (1903-1998), Germania religiosa nel Terzo Reich. Conflitti religiosi e culturali nella Germania nazista. Dalla testimonianza (1933-1945) alla storiografia (1946-1976), 2a ed. riveduta e aumentata, Morcelliana, Brescia 1977, p. 260.
36) Emil Brunner, Gerechtigkeit. Eine Lehre von den Grundgesetzen der Gesellschaftsordnung [Giustizia. Trattato sulle leggi fondamentali dell’ordinamento sociale], 3a ristampa, con una prefazione di Werner Kägi (1901-1979), Teologischer Verlag, Zurigo 1981, p. 219.
37) Cfr. Juan Vallet de Goytisolo, La democrazia moderna alla luce dei suoi classici, in Cristianità, anno XVI, n. 153-154, Piacenza gennaio-febbraio 1988, pp. 7-9.
38) Cfr. card. Joseph Ratzinger, Libertà e liberazione. La visione antropologica dell’istruzione “Libertatis Conscientia”, in Il Nuovo Aeropago, anno 5, n. 3 (19), Bologna autunno 1986, pp. 7-24.
39) G. de Reynold, La démocratie et la Suisse. Essai d’une philosophie de notre histoire nationale, 3a ed. riveduta e accresciuta, Les Éditions du Chandelier, Bienne 1934, p. 369.
40) François Furet, Notte del 4 agosto, in Idem e Mona Ozouf (a cura di), Dizionario Critico della Rivoluzione Francese, nuova ed. rivista e aggiornata, trad. it., a cura di Massimo Boffa, 2 voll., Bompiani, Milano 1994, vol. I, Avvenimenti-Protagonisti, pp. 106-113 (p. 112).
41) Cfr. Alexis de Tocqueville (1805-1859), L’Antico regime e la rivoluzione, a cura di Giorgio Candeloro, trad. it., BUR, Milano 1996; e Frédéric Le Play (1806-1882), La reforme sociale en France, deduite de l’observation comparée des peuples européennes, Slatkine, Parigi-Ginevra 1982.
42) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso per l’inaugurazione della III Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano, cit., III, 4, p. 225.
43) Sillabo ovvero sommario dei principali errori dell’età nostra che sono notati nelle allocuzioni concistoriali, encicliche ed altre lettere apostoliche del SS. Signor Nostro Pio Papa IX, dell’8-12-1864, proposizione LVIII.
44) Luigi Dal Pane, Il tramonto delle corporazioni in Italia (secoli XVIII e XIX), Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano 1940, p. 36.
45) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale “Reconciliatio et paenitentia” circa la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi, cit., nn. 19-22 e 26.
46) Cfr. Antonio Augusto Borelli Machado, Fatima: Messaggio di Tragedia o di Speranza? Con la terza parte del segreto, trad. it., Luci sull’Est, Roma 2000.
47) P. Corrêa de Oliveira, op. cit., parte II, capitolo VII, 1, p. 139.
48) Ibid., parte II, capitolo I, pp. 123-124.
49) Ibid., parte II, capitolo VII, 1, p. 139.
50) Cfr. il mio La “buona battaglia” di Alleanza Cattolica per la maggiore gloria di Dio anche sociale, in Cristianità, anno XI, n. 100, Piacenza agosto-settembre-ottobre 1983, pp. 3-5, trascritto ibid., anno XXVIII, n. 300, luglio-agosto 2000, pp. 31-34; e Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale “Christifideles laici” su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, del 30-12-1988.
51) Cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica “Dives in misericordia” sulla misericordia di Dio, del 30-11-1980, nn. 5-6.
52) San Tommaso di Aquino (1221ca.-1274), Summa theologiae, Ia, q. 2, prologo; e Idem, In I Sent., d. 1, q. 4, a. 2, divisione del testo.
53) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio nel cinquantesimo della Rerum novarum, del 1°-6-1941, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. III, pp. 105-119 (p. 109).
54) Cfr. 1 Gv 4, 20.
55) Giovanni Paolo II, Discorso per l’inizio del Pontificato, del 22-10-1978, n. 5, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. I, pp. 35-41 (p. 38).
56) In tema di libertà religiosa, si possono consultare con profitto padre Victorino Rodríguez y Rodríguez O.P. (1926-1997), Sobre libertad religiosa, in La Ciencia Tomista, tomo XCI, 1964, pp. 311-429; Idem, Estudio histórico-doctrinal de la declaración sobre libertad religiosa del Concilio Vaticano II, ibid., tomo 93, 1966, pp. 193-339; padre Baltasar Pérez Argos S.J. (1911-2000), Libertad religiosa ¿ruptura o continuidad?, in Verbo. Revista de formación cívica y de acción cultural, segúnel derecho natural y cristiano, serie XXIII, n. 229-230, Madrid ottobre-novembre-dicembre 1984, pp. 1143-1167; Idem, La Declaración “Dignitatis humanae” sobre la libertad religiosa desde la óptica del Vaticano II, ibid., serie XXV, n. 249-250, novembre-dicembre 1986, pp. 1153-1178; Idem, Para una lectura no equivocada de la declaración “Dignitatis humanae” del Vaticano II sobre libertad religiosa, ibid., serie XVI, n. 259-260, ottobre-novembre-dicembre 1987, pp. 1057-1074; Idem, La declaración “Dignitatis humanae”, caballo de Troya del liberalismo conciliar, ibid., serie XVII, n. 261-262, pp. 153-176; padre Dominique-Marie de Saint-Lumer, Le droit à la liberté religieuse et la liberté de conscience, Societé Saint-Thomas-d’Aquin, Chemeré-le-Roi 1987; don Brian W. Harrison, Le développement de la doctrine catholique sur la liberté religieuse. Un précédent pour un changement vis-à-vis de la contraception?, trad. francese, Société Saint-Thomas-d’Aquin/Dominique Martin Morin, Chémerè-le-Roi/Grez-en-Bouère 1988; padre Bernard de Margerie S.J., Liberté religieuse et règne du Christ, Cerf, Parigi 1988; dom Philippe Dupont O.S.B., La liberté religieuse, in Revue Catholique International “Communio”, anno XIII, n. 6, Parigi novembre-dicembre 1988, pp. 75-99; e G. Cantoni e M. Introvigne, Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”. Con appendici, Cristianità, Piacenza 1996.
Importante, in quanto direttamente contrastante con la formulazione classica della tesi liberale, l’affermazione contenuta nel documento dell’Episcopato Italiano, Comunione, comunità ecclesiale e disciplina, dell’1-1-1989, n. 59: in esso infatti — trattando delle nuove disposizioni concordatarie — si dichiara che la Chiesa […] non può trovare la possibilità di esprimersi compiutamente, secondo il proprio volto e le proprie esigenze, in un semplice ordinamento di diritto comune, ma ha bisogno di una disciplina “speciale”, anche se non “privilegiaria””. Con il neologismo “privilegiario” credo si debba intendere quanto si riferisce non a “certi diritti legittimamente acquisiti” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costitituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 76), cioè ai privilegi vero nomine, in quanto “diritti speciali”, ma a questi diritti speciali nell’eventualità e nella misura in cui ledano i “diritti comuni”, cioè i diritti fondamentali, di terzi. Evidentemente l’apprezzamento per la reiterazione della tesi non muta, anzi rafforza, il giudizio sulle nuove disposizioni concordatarie considerate in ipotesi: cfr. Mauro Ronco, Concordato: una revisione nella linea della separazione, in Cristianità, anno XII, n. 107-108, Piacenza marzo-aprile 1984, pp. 3-4.
57) Emmanuel Sieyès, Qu’est-ce que le Tiers état?, ed. critica, con un’introduzione e note di Roberto Zapperi, Droz, Ginevra 1970, pp. 204-205; cfr. una trad. it. in Emmanuel-Joseph Sieyès, Che cos’è il terzo stato con il Saggio sui privilegi, a cura di Umberto Cerroni, Editori Riuniti, Roma 1989.
58) Ibid., p. 208.
59) Ibidem.
60) Cfr. José Pedro Galvão de Sousa (1912-1992), Da representação política, Saraiva, San Paolo del Brasile 1971, pp. 7, 41-47 e passim; cfr. una trad. it. dei passi citati, rispettivamente, in Idem, L’idea di rappresentanza nel diritto, in Cristianità, anno XX, n. 204, Piacenza aprile 1992, pp. 5-9 (n. 2, pp. 6-7), e Idem, La rappresentanza della società politica/2, ibid., anno XX, n. 207-208, Piacenza luglio-agosto 1992, pp. 5-12 (nn. 9-10, pp. 8-10).
61) Cfr. Jean Dumont, La Révolution française ou les prodiges du sacrilège, Criterion, Limoges 1984; Idem, Pourquoi nous ne célèbrerons pas 1789, A.R.G.É., Bagneux 1987 (trad. it., I falsi miti della Rivoluzione francese, con una mia Prefazione, effedieffe, Milano 1990); Reynald Secher, La Chapelle-Basse-Mer, village vandéen. Révolution et contre-révolution, Perrin, Parigi 1986; Idem, Le génocide franco-français: la Vandée-Vengé, con una Préface di Jean Meyer e un Avant-Propos di Pierre Chaunu, 2a ed. riveduta e corretta, Presses Universitaires de France, Parigi 1988 (trad. it., Il genocidio vandeano, effedieffe, Milano 1991); René Sédillot, Le coût de la Révolution français, Perrin, Parigi 1987; [François Noël] Gracchus Babeuf (1760-1797), La guerre de Vandée [sic] et le système de dépopulation, con introduzione, presentazione, cronologia, bibliografia e note di R. Secher e Jean-Joël Brégeon, Tallandier, Parigi 1988 (trad. it., La guerra della Vandea e il Sistema di Spopolamento, effedieffe, Milano 1991); Jean de Viguerie, Christianisme et révolution. Cinq leçons d’Histoire de la Révolution française, 2a ed. riveduta, corretta e accresciuta, Nouvelles Éditions Latines, Parigi 1988; Louis Daménie (1911-1972), La Révolution. Phénomène divin, mécanisme social ou complot diabolique?, 3a ed., Dominique Martin Morin, Grez-en-Bouère 1988; e Pierre Chaunu, Le grand déclassement. À propos d’une commémoration, Laffont, Parigi 1989.
62) Joseph de Maistre, Correspondance, in Idem, Œuvres complètes, Vitte et Perrussel Editeurs-Imprimeurs, Lione 1886, vol. VI, tomo XIV, p. 168.
63) Giovanni Paolo II, Omelia della Messa all’aeroporto di Le Bourget di Parigi, 1°-6-1980, n. 5, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. III, 1, pp. 1585-1592 (p. 1589).
64) Ibid., n. 8, p. 1592.
65) Cfr. san Luigi-Maria Grignion di Montfort, L’amore dell’eterna Sapienza, in Idem, Opere, cit., pp. 73-206.
66) Cfr. Pio XII, I sommi postulati morali di un retto e sano ordinamento democratico. Radiomessaggio natalizio “Benignitas et humanitas” ai popoli del mondo intero il 24 dicembre 1944 vigilia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, Cristianità, Piacenza 1991, I, [n. 2], p. 11.
67) Cfr. Paolo VI, Enciclica “Populorum progressio” sullo sviluppo dei popoli, del 26-3-1967, n. 34; cfr. una prima denuncia di essa, in A. Rosmini Serbati, Frammenti di una storia della empietà, cit., pp. 57-95; cfr. pure J. P. Galvão de Sousa, O Estado tecnocrático, Saraiva, San Paolo 1973; J. Vallet de Goytisolo, Ideología, praxis y mito de la tecnocracia, 2a ed. aggiornata e ampliata, Montecorvo, Madrid 1975; e Claudio Finzi, Il potere tecnocratico, Bulzoni, Roma 1977.
68) Pio XII, Lettera per la XXXIII Settimana Sociale di Francia al Signor Professor Charles Flory, Presidente della Istituzione, del 10-7-1946, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. VIII, pp. 453-458 (p. 456).
69) Cfr. F. Le Play, L’organisation du travail selon la coutume des ateliers et la loi du Décalogue, avec un précis d’observations comparées sur la distinction du bien et du mal dans le régime du travail, les causes du mal actuel et les moyens de réforme, les obiections et les réponses, les difficultés et les solutions, 3a ed. riveduta e corretta, Alfred Mame et Fils, Libraires-Éditeurs, Parigi 1981, capitolo I, § 15, pp. 86-95.
70) P. Corrêa de Oliveira, op. cit., parte I, capitolo III, 5, A, p. 72.
71) Cfr. G. de Reynold, L’Europe tragique, Spes, Parigi 1934, p. 43.
72) Cfr. Pio XII, I sommi postulati morali di un retto e sano ordinamento democratico, radiomessaggio natalizio “Benignitas et humanitas” ai popoli del mondo intero, cit., II, [n. 4], p. 17.
73) E. Brunner, op. cit., p. 241.