La stessa Scienza (di più: la stessa tecnica del C14, cioè la datazione col radiocarbonio) dimostra oggi che quella che era stata presentata come la Prova – anche qui, con l’iniziale maiuscola – della falsità della Sindone, una prova, in realtà non era. E a smascherare l’errore in cui sono caduti i laboratori dio Oxford, Tucson e Zurigo non è un fervente cattolico tutto proteso a cercare, in quel lenzuolo, qualche «traccia» del Divino: ma è, anzi, uno scienziato insignito della più alta delle onorificenze concesse al regime sovietico. E’ infatti il Premio Lenin professor Dimitri A.Kouznetsov, del Laboratorio dei metodi di ricerca fisico-chimica di Mosca.
di Michele Brambilla
Ma ora si riapre. Perché la stessa Scienza (di più: la stessa tecnica del C14, cioè la datazione col radiocarbonio) dimostra oggi che quella che era stata presentata come la Prova – anche qui, con l’iniziale maiuscola – della falsità della Sindone, una prova, in realtà non era. E a smascherare l’errore in cui sono caduti i laboratori dio Oxford, Tucson e Zurigo non è un fervente cattolico tutto proteso a cercare, in quel lenzuolo, qualche «traccia» del Divino: ma è, anzi, uno scienziato insignito della più alta delle onorificenze concesse al regime sovietico. E’ infatti il Premio Lenin professor Dimitri A.Kouznetsov, del Laboratorio dei metodi di ricerca fisico-chimica di Mosca.
Con la collaborazione di un sindonologo italiano, Mario Moroni, Kouznetsov ha preso un lino del primo secolo proveniente da En Gedi, in Israele. Per la «datazione» col C14 si è poi rivolto proprio a uno dei tre laboratori dell’88, quello di Tucson, Arizona. «Un periodo compreso fra il 100 a.C. e il 100 d.C.», è stata la risposta. Quindi Kouznetsov ha sottoposto il lino a un incendio identico a quello che la Sindone subì il 4 dicembre 1532 a Chambéry.
Di quell’incendio, la Sindone porta ancor oggi i segni: due lunghe striscie scure provocate dalla fusione della cassetta d’argento in cui era rinchiuso quando fu aggredita dalle fiamme. L’argento fa da catalizzatore per la «carbossilazione della cellulosa», arricchendo la tela di carbonio. E infatti, dopo l’esperimento di Kouznetsov, il lino di En Gedi è stato nuovamente datato col sistema del C.14. E, a causa della presenza di argentofuso, è risultato più «giovane» proprio di tredici secoli.
Già altri studiosi avevano cercato di confutare la datazione medievale. Ad esempio, la professoressa Emanuela Marinelli e il giornalista del Messaggero Orazio Petrosillo con il libro La Sindone – Un enigma alla prova della scienza (Rizzoli, ’90); il professor Pierluigi Baima Bollone, ordinario di medicina legale all’Università di Torino, col suo Sindone o no (Sei editrice, ’90), e, quest’anno, il medico Sebastiano Rodante con La scienza convalida la Sindone – Errata la datazione medievale (editore Massimo, 98 pagine, 18.000 lire).
In tutti questi libri si elencavano i molti indizi a sostegno dell’autenticità della Sindone, e si accusavano di scarsa professionalità e tre laboratori incaricati della «datazione» dal cardinale Ballestrero. Lo stesso Kouznetsov aveva rimproverato Oxfors, Tucson e Zurigo di non aver tenuto conto delle contaminazioni subite nei secoli dalla Sindone; in particolare, appunto, dell’incendio del 1532. Kouznetsov aveva esposto queste sue convinzioni in un simposio a Roma nel giugno del ’93.
Ma queste sue argomentazioni – così come quelle dei libri cui accennavamo – restavano sul piano della discussione teorica. Erano insomma indizi dell’inattendibilità dell’esame col C14: ma non prove. Ora invece Kouznetsov può smentire la datazione medievale con un esperimento concreto. Un esperimento che sarà pubblicato sul Journal of Archaeological Science, e che la professoressa Emanuela Marinelli, 43 anni, romana, laureata in scienze alla Sapienza, fondatrice del Gruppo collegamento pro-Sindone anticipa ora a Sette.
«L’esame di Kouznetsov non dimostra che la Sindone sia autentica», dice Emanuela Marinelli, «ma distrugge in modo inconfutabile quella che era stata spacciata come la prova definitiva della sua falsità». Il tono è quello, soddisfatto, di chi vede premiati anni di studio, di indagini, di ricerche. « Se la Sindone è falsa», continua, « nessuno di noi perde la fede, questo è chiaro. ma se è autentica sarebbe pazzesco trattarla come uno straccio. Vorrebbe dire buttare via un segno straordinario che Dio ha voluto lasciarci. Ecco perché, mossi da molti dubbi suscitati dall’esame col radiocarbonio, non ci siamo arresi».
Continuando, come in un giallo che sembra non finire mai, a indagare su questo lino lungo quattro metri e 36 centimetri e largo un metro e dieci, sul quale appare un’immagine di origine (su questo tutti concordano) misteriosa. Ora, archiviato il C14, si riparte da quanto le varie discipline della scienza avevano già accertato: il lenzuolo non è un dipinto e ha avvolto un uomo flagellato, coronato di spine, crocefisso con chiodi e trapassato da una lancia al costato; ci sono tracce di sangue (gruppo AB) e di siero; di aloe e mirra, sostanze usate all’epoca per la sepoltura; di pollini mediorientali e di un tipo di carbonato di calcio simile a quello trovato nelle grotte di Gerusalemme.
E ancora: all’uomo avvolto in questo telo erano state messe, sugli occhi, due monete (anche questa, un’ usanza ebraica del tempo); una di queste monete è riconoscibile, e si tratta di un «dilepton lituus», coniato sotto Ponzio Pilato tra il 29 e il 32 dopo Cristo. Tracce, indizi che dopo l’esperimento di Kouznetsov riprendono consistenza.
Ma una nuova minaccia è in agguato. Viene da due libri pubblicati nei mesi scorsi in Germania: Kriminalfall Golgatha di Karl Herbst (un prete cattolico sospeso a divinis da ’71) e Das Jesus Komplott di Holger Kersten ed Elmar R. Gruber. Gli autori – ancor prima dell’esperimento di Kouznetsov – si erano convinti che la datazione medievale fosse una truffa. Ma sostengono che, a organizzarla, sia stato nientemeno che il Vaticano. Perché la Sindone, dicono i tre tedeschi, è autentica, ma è, per la Chiesa, una testimonianza da eliminare: «Dimostra che Gesù, quando fu avvolto nel lenzuolo, sanguinava ancora, e quindi non era morto, e quindi non resuscitò; un caso, insomma, di “morte apparente”»
«Si tenta», dice la professoressa Marinelli, «di mettere in gioco la fede rispolverando tesi vecchie e già smentite da anni. Tutti i medici che hanno esaminato la Sindone si dicono certi che in quel lenzuolo fu avvolto un morto. E poi anche Herbst, Kersten e Gruber, come già fecero i professori del radiocarbonio, si rifiutarono di rispondere al quesito di sempre: com’è rimasta impressa quell’immagine?
Certo non con il semplice contatto del corpo con il lenzuolo: se così fosse, ci sarebbero macchie dove il corpo toccava il telo, e nulla dove in contatto non c’era. E invece nella Sindone sono riprodotti anche i “chiaroscuri”, le parti del corpo che non potevano toccare il lenzuolo. L’immagine è completa, come quella di una fotografia, ed è tridimensionale. E’ come, insomma, se fosse stata proiettata. L’unica ipotesi plausibile avanzata finora dalla scienza è quella di una pioggia di radiazioni, dovuta a una grande luce».
La risurrezione?