Libero, 27 novembre 2017
È curioso lo slancio umanitario che ha colto d’improvviso la Sinistra italiana di fronte all’inedita marea migratoria di questi mesi. Perché storicamente non ha proprio le carte in regola in tema di “accoglienza”.
Antonio Socci
Su queste colonne più volte è stato ricordato l’atteggiamento comunista nei confronti dei profughi di Istria e Dalmazia, nel dopoguerra. La vicenda – quasi assente dalla storiografia ufficiale – riguarda 300 mila profughi italiani che dovettero fuggire dalle loro case, dalla terra dei loro padri, perdendo tutto.
Verso di loro – che scappavano dal comunismo titino – avevamo un doppio dovere di accoglienza e di solidarietà perché erano italiani e pagavano loro per tutti noi, per la guerra persa. Eppure la sinistra comunista non accolse questi nostri connazionali come fratelli, ma come avversari, con manifestazioni ostili, insulti e sputi. Una vergogna.
C’è poi un’altra vicenda, più vicina nel tempo, che io stesso ricordo di aver vissuto personalmente: la tragedia dei cosiddetti “boat people” vietnamiti e cambogiani che scappavano dal “paradiso comunista” fra il 1975 e il 1980.
La Sinistra italiana, dal ’68, per anni aveva manifestato nelle piazze in favore dei Vietcong e della guerriglia comunista indocinese. Quando costoro trionfarono in Vietnam e in Cambogia, imponendo la loro disumana tirannia, centinaia di migliaia di disperati scapparono dai “liberatori” comunisti o via terra o sulle barche. Molti finirono annegati, ammazzati dai pirati o mangiati dagli squali. Ci furono anche tanti bambini tra le vittime.
Secondo il professor Le Van Mao (d’origine vietnamita, docente alla Concordia University di Montreall e responsabile del canadese ’Programma di patronato dei rifugiati vietnamiti’) i profughi morti in mare furono “almeno trecentomila”. Alcuni dei fuggitivi furono salvati, fra l’altro, anche da tre navi della Marina militare italiana spedite là dal governo Andreotti: in Italia furono assistiti e ospitati dal volontariato cattolico circa 3.500 profughi.
Non erano migranti economici, come la gran parte di quelli di oggi, ma erano profughi che fuggivano da dittature sanguinarie e dalla morte, quindi avevano uno status internazionale che dava loro il diritto di essere accolti. Inoltre erano anche un numero molto esiguo e non creavano alcun rischio. Il costo economico per l’Italia era trascurabile, perlopiù sostenuto dalla Chiesa. Ma ciò non bastò per attirare su di loro la simpatia e l’accoglienza della Sinistra che – di fronte alla loro tragedia – avrebbe dovuto fare un’autocritica troppo spietata e devastante.
Io, che a quel tempo ero un giovane studente cattolico e mi impegnavo nell’opera di accoglienza coordinata dalla Caritas, ricordo ancora bene gli insulti e gli sputi che – nelle piazze – ci prendevamo dai compagni, quando distribuivamo volantini in quelle stesse piazze dove per anni si era manifestato a sostegno dei tiranni comunisti (indocinesi e non solo).
A quel tempo, a far conoscere gli orrori del comunismo indocinese – come ricorda padre Piero Gheddo – “si veniva bollati, come minimo, da provocatori ‘finanziati dalla Cia’ ”.
Sugli esuli intellettuali stessa storia. Nel 1974 era uscito “Arcipelago Gulag” di Solzenicyn (che venne subito esiliato dal regime). Fu una bomba in tutto il mondo, ma da noi la cultura, ovviamente allineata a Sinistra, accolse quel libro “con freddezza, magari” ha scritto Pigi Battista “accompagnando la gelida accoglienza con la divulgazione (come è accaduto) della leggenda nera di un Solzenicyn nientemeno che al soldo del dittatore Pinochet”.
In seguito al caso Solzenicyn nel 1977 Carlo Ripa di Meana – in armonia col nuovo Psi di Craxi – organizzò a Venezia la “Biennale del dissenso” dove furono invitati gli intellettuali perseguitati dei paesi comunisti che vivevano esuli.
Successe il finimondo (la Cgil arrivò a organizzare uno sciopero contro la Biennale). Hanno rievocato quei fatti Gabriella Mecucci e Ripa di Meana nel libro “L’ordine di Mosca: fermate la Biennale del dissenso”. Eppure c’era il Pci di Berlinguer e si parlava di eurocomunismo. Ma gli esuli dell’Est, gli intellettuali perseguitati, erano molto sgraditi.
Accoglienza, questa sconosciuta.