Esiste un «coordinamento» in molte regioni amministrate dal centro-sinistra «per non permetterci di costruire nuovi centri di prima accoglienza per clandestini». Ad affermarlo è il Sottosegretario di stato agli interni Alfredo Mantovano
I centri di accoglienza sono necessari per poter, prima verificare l’identità e la nazionalità degli immigrati irregolari che hanno commesso crimini, e procedere poi ai rimpatrii
Emanuela Fontana
Sottosegretario Mantovano, perché questo ostruzionismo nella costruzione di nuovi centri di accoglienza temporanea?
«C’è chi pensa, a torto, che l’immigrazione clandestina sia un problema esclusivo del governo nazionale. Io dico che ciascuno deve fare la sua parte: le amministrazioni e soprattutto le Regioni. Dopo le elezioni, i nuovi governatori di centrosinistra si sono messi in prima fila per dire no a nuovi centri per clandestini. Questo crea dei problemi notevoli: se un clandestino viene intercettato e il centro di permanenza temporaneo (Cpt) è pieno fino all’inverosimile, ogni azione delle forze di polizia viene frenata, perché se di uno straniero irregolare non si conosce la nazionalità e l’identità non si può espellere».
Con chi avete trovato più resistenze?
«Il presidente della regione Puglia (Nichi Vendola, ndr) ha dichiarato di sentirsi pronto a realizzare il boicottaggio di un eventuale Cpt. Vedo un coordinamento tra i presidenti eletti del centrosinistra, che continuano a indicare nei centri di accoglienza temporanea dei nuovi lager. Non sono strutture paragonabili né a un lager, anche per rispetto a chi ne è stato vittima, né agli istituti di pena».
Quanti ce ne sono nel centro Italia?
«In Emilia Romagna c’è il Cpt di Modena, ma in Toscana, per esempio, manca, perché i politici della Regione si sono sempre rifiutati. Abbiamo invece calcolato che sarebbe necessario almeno un centro per regione».
Uno dei due marocchini arrestati a Bologna per stupro era latitante dopo essere sfuggito agli arresti. Il governo come risponde?
«Per questo chiediamo la collaborazione dell’autorità giudiziaria perché vengano applicate le norme. Non sono favorevole a proposte di modifica di pene per i reati sull’onda del momento».
Cosa pensa della castrazione rilanciata dal ministro Calderoli?
«È una provocazione, mi sembra che le pene corporali non esistano più da tempo… Il problema è calibrare la pena in modo adeguato alla gravità del fatto. Se c’è un minimo e un massimo di pena, spetterà a un giudice scegliere la sanzione per il caso concreto».
Non sono troppi gli immigrati clandestini che delinquono e rimangono in circolazione?
«In caso di reato con pena al di sotto dei due anni, vengono riaccompagnati al Paese di origine. Ma qui torna il discorso dei Cpt: se sono affollati e le Regioni non ci permettono di costruirne di nuovi si pone il problema del riconoscimento. In caso di pena superiore, la condanna viene scontata nelle nostre carceri».
Come affrontate il sovraffollamento carcerario?
«Stiamo stringendo accordi con alcuni Paesi perché alcune persone scontino la pena a casa. Il ministro Castelli ha firmato uno di questi programmi con l’Albania. Come governo chiediamo comunque più collaborazione dell’Unione europea, anche in termini di responsabilità: l’Italia finora ha affrontato gli oneri maggiori in materia di immigrazione».