del padre Ignacio G. Menendez – Reigada O.P.
Docente di Teologia Morale, membro dell’associazione Francisco de Vitoria
Per non dilungarmi in citazioni di molte encicliche e documenti pontefici, ho trascritto queste righe dell’Episcopato Spagnolo, che sintetizzano perfettamente la dottrina della Chiesa in una questione tanto importante. Sosteniamo questa dottrina con la mente e con il cuore – come qualunque altra che proceda da questa fonte indefettibile di verità – e andiamo a dimostrare che, nei confronti del nostro movimento nazionale, quanto citato non si oppone in alcun modo ad esso, e non ne è neppure una condanna implicita, come qualcuno potrebbe credere.
A questo scopo fisseremo una serie di proposizioni, contenenti la dottrina della Chiesa su questo punto in particolare, secondo la mente di S. Tommaso e dei teologi più eminenti, anche se eviteremo di citarli per favorire la brevità. Queste proposizioni ci mostreranno la ragione di essere di questa obbedienza ed a cosa ci obbliga. Un altra serie di proposizioni ci mostrerà poi in cosa ci lascia libertà di azione.
1° La Chiesa ed i cristiani, in quanto tali, non devono difendersi con la forza delle armi.
Questa è la condotta che la Chiesa Cattolica ha sempre seguito, fedele agli insegnamenti del suo Divino Fondatore. Cristo aveva detto: “il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei ministri certamente combatterebbero perché io non venga dato in mano ai giudei; ma ora il mio regno non è di questo mondo” (Giov. 18, 36). Per questo
Egli aveva comandato a Pietro di riporre la spada nel fodero quando aveva cercato di difenderlo (Giov. 18.11), e, come un agnello mansueto, si lasciò condurre fino alla croce. Manda i suoi discepoli “come pecore in mezzo ai lupi” (Matt. 10, 16), e raccomanda soltanto “se vi perseguitano in una città, fuggite in un altra” (ib. 23).
Ma non li esorta ad essere leoni con i lupi, o a difendersi se maltrattati o calunniati; ma piuttosto consiglia di “non resistete al malvagio; anzi se uno ti percuote nella guancia destra, porgigli anche l’altra” (Matt. 5, 39). La Chiesa ha sempre seguito questa condotta dinanzi la furia di tiranni e persecutori, come si vede chiaramente fin dai primi secoli del cristianesimo, ed in quel modo ha assicurato il suo trionfo contro tutti i poteri di questo mondo in virtù della parola divina e la promessa della sua indefettibilità.
2° La Chiesa non si mette a dichiarare la legittimità o illegittimità di un potere costituito e, pertanto, la sua attitudine non può essere altra che la sottomissione e l’obbedienza al potere, qualunque sia.
La Chiesa non si mette a dichiarare la legittimità o illegittimità di alcun potere, non perché non abbia autorità di farlo, come avverte l’insigne Vitoria, bensì per evitare dei mali maggiori, che deriverebbero dal cercare di intervenire in questioni politiche, che tanto appassionano gli uomini.
Così, opera in modo prudentissimo, lasciando che si risolvano umanamente le questioni che sono meramente umane, mantenendosi all’altezza della sua divina missione, al di sopra di tutti gli Stati, di tutti i poteri e di tutte le forme che possono assumere nel tempo.
In virtù di ciò, l’attitudine della Chiesa di fronte a qualsiasi potere costituto non può essere altra che quella della sottomissione e dell’obbedienza, come se fosse sempre legittimo, anche se in realtà non lo è, posto che ella non si intromette a dirimere la questione. Anche Cristo si comportò così davanti ai suoi giudici e comandò di dare a Cesare quel che è di Cesare, senza decidere la questione che i giudei gli proponevano sulla legittimità del tributo dato all’imperatore romano. In tutta la storia della Chiesa questo modo di procedere appare evidente, non volendo decidere in questioni umane e lasciando che gli uomini risolvano da soli gli affari politici del Governo e dello Stato.
3° I poteri politici, anche quando abbiano usurpato il potere ingiustamente, devono essere ubbiditi in tutto quello che di giusto comandano, fino a che detengono il potere di fatto.
A prima vista questa affermazione potrebbe sembrare strana, ma, nonostante ciò, non c’è niente di più certo nella dottrina cattolica. Il potere illegittimo, il quale abbia ingiustamente usurpato l’autorità, non ha nessun diritto all’obbedienza, perché non si può concepire che un fatto intrinsecamente ingiusto sia fonte e principio di diritto. Sotto questo aspetto, il potere illegittimamente costituito non merita sottomissione né obbedienza.
Ma la società civile non può in alcun modo sussistere senza un organo d’autorità che la governi, la unifichi e le diriga verso i suoi fini. Ne segue che, mentre quest’organo d’autorità non è sostituito da un altro che possa legittimamente svolgere quella funzione divina, è comunque necessaria la sottomissione all’autorità esistente, sia come postulato per l’esistenza della società stessa che come esigenza del bene comune, al fine di evitare l’anarchia e la disgregazione sociale.
Con la sottomissione a tutto quello che svolge, deve esserci l’obbedienza alle leggi o disposizioni che siano intrinsecamente giuste (anche se sono ingiuste per la loro origine) poiché questo è un altro postulato del bene comune e la società stessa, considerata in modo organico (non per ratifica della moltitudine, che manca di ogni autorità in quanto tale), supplisce a quel difetto d’origine conferendo alla legge un vero valore obbligatorio. In una concezione organica della società, con la funzione propria dell’autorità nel suo organo corrispondente, questa tesi, ammessa dai teologi cattolici, ha una perfetta spiegazione, perché l’autorità, che proviene da Dio, comunica organicamente con la società per mezzo del suo organo corrispondente. In questo modo, anche se l’organo è difettoso in ragione della sua origine, la società stessa supplisce a questo difetto in modo vitale esercitando la funzione di governo nella forma che le è possibile e attraverso l’organo di cui dispone di fatto.
Negli altri sistemi (filosofici) che parlano dell’origine dell’autorità non vediamo spiegazione possibile di questa tesi, perché non possiamo pensare che Dio conferisca immediatamente l’autorità a chi si sia ingiustamente impossessato della stessa (nel qual caso sarebbe giustificato ogni potere per il solo fatto di averlo strappato, anche in modo illecito); né si può ammettere che il popolo (secondo i partigiani della trasmissione dei poteri) abbia trasmesso l’autorità ad un potere illegittimo da esso non accettato nemmeno virtualmente, perché se l’avesse accettato sarebbe per ciò stesso legittimato.
Ma comunque sia, la tesi proposta, che nel sistema tomista può essere dimostrata con tutto il rigore filosofico, è ugualmente ammessa anche dai seguaci di altri sistemi, anche se forse con meno rigore di ragionamento.
4° Bisogna obbedire anche alle leggi ingiuste finché non comandano qualcosa di illecito, perché, se non osservate, potrebbero fare seguire dei mali maggiori alla società e all’individuo.
Sarà facile provare questa conclusione dopo quanto è stato detto anteriormente. Il criterio supremo che deve regolare l’azione di qualunque membro della società nelle sue funzioni sociali, nell’ambito del lecito, dev’essere il bene comune. Pertanto se dalla disubbidienza alla legge ingiusta devono seguire dei mali maggiori per la società di quelli che la sua osservanza comporta, è necessario obbedire, sacrificando il nostro stesso interesse in vista del bene comune, che tutti siamo obbligati a perseguire.
E questo non è dovuto al fatto che la legge ingiusta abbia in sé qualche valore obbligatorio, bensì dall’obbligo di perseguire il bene comune, che riguarda tutti i membri della società, il quale porta con sé l’obbligo di evitare alla società qualunque male che potrebbe derivare dal nostro operato.
5° La difesa in armi della Patria dal tiranno, che sia tale per origine o per modo di governare, non è lecita se vi è la la speranza fondata di poterla effettuare con mezzi pacifici e legali, a meno che non vi sia pericolo nell’aspettare.
Anche questa proposizione si prova facilmente con quanto esposto in precedenza. La guerra è un male formidabile ed è fonte di mali irreparabili, in particolare modo quando si tratta di una guerra intestina fra i membri di una stessa nazione. Basta aprire gli occhi per vedere quanto accade nella nostra amata Patria e accertarsi di questa verità. In conseguenza di ciò, se si possono evitare alla Patria tanti mali difendendola dalla tirannia con l’uso di altri mezzi meno violenti, sarà necessario provare questi mezzi prima di ricorrere alle armi. Il bene comune deve essere sempre la nostra suprema norma di condotta sociale, e questo bene comune esige che si persegua sempre il bene della Patria, evitandole, per quanto possibile, tutto il male.
In questo modo, se c’è una fondata speranza di rovesciare il tiranno dal potere per mezzo delle elezioni, o fare sì che desista dalla sua tirannia con l’opposizione politica ai suoi intenti tirannici, il ricorso alle armi non sarebbe lecito in alcun modo. Ma abbiamo aggiunto “a meno che non vi sia pericolo nell’aspettare”, perché la tirannia potrebbe essere tale da rendere pericolosa ogni attesa, giacché il tiranno ne approfitterebbe per aumentare la sua forza e indebolire coloro che ancora vorrebbero difendere la Patria; in questo caso urge adottare qualunque mezzo che conduca alla liberazione della stessa, prima che il male non abbia più alcun rimedio
6° La difesa armata dal tiranno non è lecita quando la tirannia non è molto violenta ed i mali che ne vengono sono minori di quelli che si calcola potrebbero venire dalla difesa armata.
L’immortale Vitoria stabilisce questo principio per ogni guerra e San Tommaso lo propone per il caso della tirannia. La ragione di ciò è evidente. Fra due mali che non si possono evitare, prudenza vuole che si scelga il male minore per evitare il maggiore, come sentenziano i moralisti. Dobbiamo solamente avvertire che i mali non vanno calcolati in un ordine meramente materiale, perché vi sono dei mali di ordine spirituale che superano incomparabilmente tutti i mali materiali immaginabili, così come i beni a cui si oppongono. Questi beni spirituali possono essere non solo di ordine divino, come la religione e la virtù, bensì di un ordine meramente umano, come la Patria, la famiglia, la civiltà, l’onore e molti altri che si potrebbero citare.
Per difendere e conservare tali beni, di valore imperituro, ben si può sacrificare qualunque interesse di ordine materiale, affrontando generosamente tutti i mali e i pericoli di categoria inferiore. I beni immateriali sono quelli che più pesano sulla bilancia dell’uomo civile. Solo il rozzo e degradante materialismo può disconoscere la loro importanza e il loro valore inestimabile.
In queste sei proposizioni crediamo di avere riassunto tutto quello che la Chiesa ci prescrive nel suo precetto di sottomissione ed obbedienza ai poteri costituiti, secondo l’interpretazione dei maggiori teologi. Ci apprestiamo ora a stabilire un’altra serie di proposizioni per così dire negative, che cioè espongono ciò che si oppone alla dottrina della sottomissione contenuta nelle proposizioni precedenti, nonostante possa esserci qualche apparenza di contraddizione.
A) Anche se la Chiesa ed i cristiani in quanto tali non si difendono con le armi, i popoli cristiani possono difendere la Chiesa qualora la vedano ingiustamente oppressa, sia in sé stessa che in un determinato paese, come possono anche difendere qualunque altra causa giusta, in quanto uomini e cittadini.
Di quanto detto sopra abbiamo esempi storici in abbondanza, dei quali si potrebbe fare un’ampia dissertazione. Alcune volte la Chiesa stessa esortava i principi cristiani a venire in sua difesa. Ricordiamo soltanto S. Pio V in occasione della battaglia di Lepanto e la condanna della dottrina del non intervento fatta da Pio IX (inventata proprio dai nemici della Chiesa per impedire che i popoli cristiani accorressero in sua difesa vedendola spogliata e oppressa).
Questo stesso principio di non intervento viene oggi invocato con la maggior falsità dai nemici della causa nazionale spagnola, che sono gli stessi nemici, mascherati, della religione e della Chiesa. E se una nazione straniera può intervenire per difendere la causa dei cristiani in una nazione distinta, come sostiene l’immortale Vitoria ed in altro luogo abbiamo esposto, a maggior ragione si potrà difendere la propria nazione contro i nemici interni ed esterni che cerchino di strapparle la propria religione o le impediscano il libero esercizio della stessa.
La religione cristiana è il bene più grande che possiede l’umanità poiché ci assicura i beni eterni; il libero esercizio di essa è, nello stesso tempo, un diritto divino e umano. E, se è lecita una guerra per difendere interessi materiali o un diritto materiale calpestato, a maggior ragione lo sarà per difendere i beni eterni ed i diritti che hanno radice nel divino.
E non si dica che nessun potere umano può strapparci la religione dal santuario della coscienza e non può, pertanto, privarci dei beni eterni a cui aspiriamo, o, ancor più, che lasciandoci morire per mano del tiranno, conseguiremo quei beni più presto e con maggior abbondanza. Ciò si applica solo ai cristiani in quanto tali e considerati singolarmente, ma non può applicarsi ad una società, la quale sarà scristianizzata molto presto se si perseguita la religione e si proibisce il suo insegnamento, si uccidono i suoi ministri e si distruggono i suoi templi.
Se il cristianesimo ha trionfato della tirannia pagana col sangue dei suoi martiri è stato per un miracolo stupendo dell’onnipotenza divina, necessario alle origini della Chiesa e che si potrà ripetere sempre, purché sia indispensabile; ma, mentre si aspetta il miracolo, che Dio potrà fare o meno secondo i disegni della sua infinita sapienza, non bisogna mai smettere di porre in atto i mezzi che sono alla nostra portata, perché non farlo sarebbe tentare Dio. Qui non si tratta di difendere la religione individualmente, bensì dal punto di vista sociale e collettivo, e questo non solo è un diritto, bensì un dovere sacro, sia contro i nemici esterni che contro quelli interni, anche se sono al potere.
B) La Chiesa non dichiara legittima l’autorità solo perché è in possesso del potere; di conseguenza, quella ingiustamente usurpata rimarrà illegittima e la sottomissione e l’obbedienza che di fatto le si renderà, saranno solo in vista del bene comune. Pretendere che la Chiesa dichiari legittimo ogni potere costituito, anche se avesse ingiustamente usurpato l’autorità, sarebbe un’assurdità tanto grande che tale posizione non si potrebbe sostenere senza fare un’ingiuria gravissima alla Chiesa.
Ciò equivarrebbe a considerare la Chiesa come protettrice di ingiustizie e sostenitrice della liceità di ogni fatto compiuto. Dal che ne segue che la Chiesa non può riconoscere alcun diritto reale al potere che si è costituito in modo ingiusto, nemmeno quando prescrive l’obbedienza ad esso, perché non si può concepire che da un fatto essenzialmente ingiusto derivino dei diritti per chi lo ha perpetrato. Questo si vedrà più chiaramente se portiamo la questione sul piano pratico.
In Spagna abbiamo due poteri costituiti che lottano tra loro per il possesso del territorio che non è loro sottomesso. Se ogni potere costituito fosse giusto, entrambi i governi sarebbero ugualmente legittimi e la guerra sarebbe giusta da ambo le parti, cosa assolutamente inconcepibile. Dunque il fatto di essere in possesso del potere non può in alcun modo produrre la sua legittimità.
Se qualcuno volesse portare alle estreme conseguenze la dottrina della sottomissione, qui dovrebbe applicarla ad entrambi i governi, perché sono legalmente costituiti sia l’uno che l’altro; e così coloro che sono sotto la giurisdizione del Governo Nazionale, per sottomissione ed obbedienza allo stesso, avrebbero l’obbligo di andare a fare la guerra contro quelli della fazione opposta, mentre quelli che si trovano nel territorio del Fronte Popolare, avrebbero lo stesso obbligo di combattere contro noi per sottomissione ed obbedienza al loro Governo.
Questa proposizione è talmente ridicola che non merita altri commenti. No. Quel che la Chiesa prescrive intorno alla sottomissione al potere costituito non può essere in alcun modo considerato come il riconoscimento della sua legittimità; e la prova di ciò sta nel fatto che la Chiesa giammai proibisce i partiti contrari al regime esistente.
La sottomissione e l’obbedienza vanno considerati unicamente in funzione del bene comune, perché il potere illegittimo nella sua origine rimane tale finché la nazione non lo riconosce espressamente o tacitamente, e non ha nessun diritto ad essere obbedito e rispettato, come si è visto nella precedente serie di proposizioni. È questo il vero senso della dottrina della Chiesa, dato che essa non comanda cose ridicole o assurde.
Quando l’obbedienza e la sottomissione al potere illegittimamente costituito attentano al bene comune, non possono più sussistere, né si può lecitamente praticare quella sottomissione ed obbedienza, come succede in Spagna col Governo del Fronte Popolare.
C) La Chiesa, nel prescrivere la sottomissione al potere costituito, non intende abolire nessun diritto dei cittadini, ancor meno quando quei diritti costituiscono nello stesso tempo un dovere. Questa proposizione è tanto evidente che ha bisogno solo di qualche dimostrazione. Ogni diritto legittimo, sia che si consideri l’uomo in quanto tale che come membro della società, proviene, almeno remotamente, dalla legge naturale che Dio ha impresso nelle stesse viscere della natura umana. È impossibile che Dio, tramite una legge positiva, venga ad abrogare quel che ha stabilito per legge naturale, perché contraddirebbe sé stesso. E se non abolisce la legge naturale, non abolisce nemmeno quei diritti che derivano mediatamente o immediatamente da essa.
Anche il consiglio evangelico dato ai cristiani di porgere l’altra guancia, ecc., non è un’abolizione del diritto di difesa, perché, come insegna S. Tommaso, oltre ad essere un consiglio e non un precetto, non obbliga neppure come consiglio se non “in preparatione animi“, vale a dire che lo spirito deve essere disposto a praticarlo quando da ciò debba seguire un qualche maggior bene spirituale, perché in questo caso la stessa ragione ci detta che dobbiamo sacrificare i beni materiali per i beni spirituali; ma tale consiglio non deve essere messo in atto in alcun modo quando da esso dovessero derivare dei mali anche nell’ordine spirituale.
Se Dio stesso non abolisce né annulla alcun diritto dell’uomo o del cittadino con la legge positiva, sarebbe assurdo dire che la Chiesa, rappresentante di Dio sulla terra per l’ordine soprannaturale, la quale deriva la sua legge dalla stessa legge divina, sia naturale che positiva, possa anche solo provare ad abolire un diritto umano o sociale dell’uomo. Tale supposizione sarebbe un’ingiuria gravissima alla Chiesa, come per il caso precedente.
E come si dà che alcuni diritti siano contemporaneamente dei doveri ed ogni dovere proviene in qualche modo da Dio, così, il solo pensare che la Chiesa possa opporsi al più insignificante dei nostri doveri sarebbe una bestemmia, poiché equivarrebbe a dichiararla come traditrice della missione affidatale da Dio sulla terra.
D) La difesa armata contro il tiranno, che sia tale per usurpazione o per il modo di governo, non si oppone alla dottrina della sottomissione, quando si verificano le condizioni stabilite nella prima serie di proposizioni. Questa proposizione si ricava da due premesse stabilite in precedenza.
La prima comprende quanto detto sul diritto che la nazione ha di difendersi dal tiranno che abbia ingiustamente usurpato l’autorità o che la governa dispoticamente conducendola alla rovina. Diritto che, in certe occasioni, diventa un dovere il più sacro, come sempre succede quando si tratta dell’indipendenza della Patria, o della conservazione delle sue più care istituzioni, quali sono la religione, la famiglia e la proprietà.
Un simile diritto è di natura tale che nessuno può rinunciarvi come si può fare con certi diritti particolari. L’altra premessa è contenuta nella proposizione precedente, dove si è ben provato che la Chiesa non deroga nessun diritto legittimo dei cittadini. Ma qualcuno può pensare: “Se in questo modo è lecita la difesa armata dal tiranno, a cosa si riduce questa sottomissione che si viene inculcata? Non è questa la negazione più flagrante di ogni sottomissione e obbedienza?”. In nessun modo.
Nel momento in cui la nazione, dopo avere verificato le dovute condizioni, comprende che è giunta l’ora di prendere le armi contro il tiranno e si decide a farlo, costituendo un nuovo potere che la difenda dalla tirannia e la salvi dal pericolo, possiamo ben affermare che il precedente non è più un potere costituito, pure se ancora domina con la forza qualche parte della nazione.
La nazione lo ha infatti virtualmente destituito ed esso si trova nello stesso caso di quando stava per usurpare il potere non essendo ancora in pieno possesso dello stesso. In quest’ultimo caso non si deve dire a nessuno che la resistenza è illecita perché il potere non è ancora costituito; nell’altro caso, cioè quando la nazione ha cominciato a privarnelo del possesso, almeno con la decisione di rovesciarlo in quanto tirannico e ingiusto, non si trova già più in pieno possesso del medesimo e cessa così ogni obbligo alla sottomissione.
Non si dimentichi che questo obbligo non nasce dal diritto che il potere illegittimo ha di essere obbedito e rispettato, bensì da quello che il bene comune reclama. Nel momento in cui la nazione, compiute tutte le condizioni, si decide a rovesciare il tiranno anche con la forza, lo stesso bene comune impone che gli venga negato ogni appoggio, obbedienza e sottomissione, poiché esso non aveva alcun diritto in quanto tiranno.
Dunque, resta dimostrato che la difesa armata contro il tiranno, nelle dovute condizioni, non si oppone in nulla alla sottomissione prescritta dalla Chiesa. La Chiesa Cattolica non è il tirapiedi dei tiranni né fautrice di ingiustizie, anche se è sempre riverente nei confronti di chi esercita la funzione divina del potere.