Ne mancano all’appello 100 milioni. Un “genocidio di genere” con conseguenze devastanti. Grande inchiesta dell’Economist sulla “guerra globale” contro il sesso femminile tramite l’aborto selettivo di massa.
L’Economist fornisce la risposta con quest’inchiesta impressionante. In Cina e nell’India del nord, per ogni 120 maschi nascono 100 femmine. La media mondiale è di 103-106 maschi ogni 100 femmine. In molti stati, siamo a 130 maschi contro 100 femmine.
Si sta riscrivendo la saga dell’evoluzione per mezzo dell’aborto, facendo venire meno una delle grandi costanti biologiche della specie umana. La superiorità delle femmine sui maschi. E’ un divario unico al mondo e senza precedenti nella storia. Il famoso dissidente dei laogai cinesi, Harry Wu, l’ha chiamata in un bel libro “La strage di innocenti”. In Cina un’ideologia mostruosa i figli li vuole unici, maschi e sani. Tramite slogan come “Allevare meno bimbi e più maiali” e “Casa distrutta, vacca confiscata se rifiuti la richiesta di aborto”. In India invece, per aggirare la legge che in teoria proibisce la selezione sessuale medici ed ecografisti indiani fanno con le dita la “V” di vittoria se il figlio è maschio. Sennò, niente, e allora il rimedio è semplice.
L’Economist utilizza l’aggettivo “catastrofico” per indicare la strage delle bambine. Nella sola Cina ci sono uomini senza controparte femminile quanto l’intera popolazione maschile statunitense. Traffico di spose, violenza sessuale, suicidi femminili fanno da contorno a quest’agonia demografica. “Non è una esagerazione chiamarlo genocidio di genere”, scrive l’Economist. “Le donne mancano a milioni – abortite, uccise e lasciate morire”. Nel 1990 fu il guru liberal Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia, a lanciare l’allarme sulla New York Review of Books: “Almeno sessanta milioni di bambine sono state cancellate in seguito a infanticidi o aborti selettivi di feti femmine”. Quindici anni dopo Sen ha aggiunto: “E’ l’ultima delle discriminazioni, l’aborto selettivo. Una discriminazione ‘high tech’”.
In Cina negli anni Ottanta il rapporto maschi/femmine era 108 a 100. Negli ultimi anni è salito a 124 a 100. In Cina fino alla ventesima settimana si abortisce in modo assolutamente legale e discrezionale, poi anche con la coercizione. Il professor Theodor Winkler, uno dei massimi esperti mondiali di discriminazione femminile, ha parlato di “una pratica eugenetica non riconosciuta e resa silenziosa. L’intera demografia asiatica entrerà in crisi se non fermeremo il massacro di Eva. In Cina c’è l’aborto forzato, mentre in India, dove pure ufficialmente la legge impedisce la selezione del sesso, si praticano ogni giorno decine di aborti di bambine. Nei fatti, è un aborto eugenetico di massa”.
Molti i paesi demograficamente fuori controllo, e non solo orientali. Come Taiwan e Singapore, gli stati balcanici e quelli ex comunisti dell’Europa orientale. “Il genocidio di genere esiste in ogni continente. Riguarda ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, indù, musulmani, confuciani e cristiani”, spiega l’Economist. Non sarà il benessere a fermare la strage. Taiwan e Singapore sono economie ricche. “In Cina e in India le aree con le peggiori statistiche demografiche sono quelle più ricche e istruite”. L’Economist individua tre fattori: “L’antica preferenza per i maschi, un desiderio moderno per famiglie piccole e la tecnologia agli ultrasuoni che identificano il sesso del feto”. L’Accademia cinese delle scienze sociali ha appena spiegato che entro dieci anni, un cinese su cinque non riuscirà a trovare moglie.
Prima degli anni Ottanta, alle bambine indiane veniva riempita la bocca di troppo riso, per soffocarle, oppure finivano ammazzate con grandi dosi di oppio. O anche, semplicemente, gettate via, o lasciate morire di fame. Poi è arrivata l’ecografia. Oggi è possibile fare diagnosi ecografiche persino nei villaggi ancora privi di acqua potabile o di aspirine. “Nel Punjab, Monica Das Gupta della Banca mondiale ha scoperto che le seconde e terze figlie femmine di madri ricche e istruite morivano in misura maggiore entro il quinto giorno dei loro fratelli”, racconta l’Economist. Lo scenario è apocalittico. “Così come nel corso della storia gli eufemismi sono stati usati per mascherare l’assassinio di massa, termini come ‘feticidio femminile’, ‘preferenza maschile’ e ‘selezione sessuale’ sono oggi coperture per omicidi su larga scala”, dice il dottor Puneet Bedi, consulente del governo indiano. Le chiamano “kudi-maar”, omicidii di bambine.
Quando nel Punjab venne introdotta la prima macchina per l’ecografia, nel 1979, c’erano 925 femmine ogni 1.000 maschi. Nel 1991 erano scese a 875 e nel 2001 addirittura a 793. E’ in India che il fenomeno ha acquisito una dimensione in grado di oscurare il futuro stesso del continente e responsabile della scomparsa di un sesto della popolazione mondiale.
Lo scorso novembre, un nuovo rapporto di Action Aid, intitolato “Disappearing daughters”, ha fotografato questo fenomeno crescente di selezione eugenetica su base sessuale. Il rapporto ha studiato cinque enormi distretti dell’India: Kangra nel Himachal Pradesh, Morena nel Madhya Pradesh, Dhaulpur nel Rajasthan, Rohtak nel Haryana e Fatehgarh Sahib nel Punjab. Rispetto al censimento del 2001, nei cinque distretti esaminati, il numero delle bambine rispetto ai maschi tra gli zero e i sei anni è ovunque in diminuzione.
L’India è così diventata la nazione al mondo con la percentuale più bassa di donne. E’ stato anche girato un film, “Una nazione senza donne”. Si apre con la sequenza di una bambina appena nata annegata dalla madre in un calderone di latte. Se il numero di cento milioni di bambine mancanti non riuscisse a scuotere abbastanza l’immaginazione, forse ci riuscirà un’altra statistica. Nel 2010, in Asia, una bambina in pancia ha il cinquanta per cento di possibilità di sopravvivere a una ecografia.