22 settembre 2014
di Francesco Forte
Fra i guai dell’economia e della finanza italiana, c’è adesso, in modo vistoso una “trappola” della liquidità, che colpisce famiglie, imprese e banche. Le famiglie, dice il Censis, adesso risparmiano più che negli anni scorsi e non impiegano una parte cospicua di questo risparmio, lo tengono in banca in conti correnti a vista.
Ecco la trappola in cui è caduta la liquidità, che normalmente, dovrebbe essere messa a frutto, salvo per un fabbisogno di sicurezza, in c.c. bancario equivalente a contanti. La nozione di trappola della liquidità è stata messa in voga da Keynes, in un senso un po’ diverso: per lui consisteva non solo nei soldi che le famiglie tengono nei conti correnti a vista, ma anche negli impieghi in titoli a reddito fisso di imprese che a loro volta non li investono in attività produttive e immobili, perché l’offerta supera la domanda.
Invece le nostre famiglie non impiegano i soldi nel mattone perché la fiscalità sugli immobili è in aumento e le banche fanno pagare a loro tassi molto più alti di quelli a cui possono prender il denaro dalla BCE . Ma anche comprare le obbligazioni e le azioni è rischioso, perché ci sono nuove imposte. E’ poi rischioso investire in certi titoli a reddito fisso privati e pubblici anche perché il tasso di interesse ora è basso. Ma quando esso salirà un titolo a reddito fisso a tasso basso, è destinato a svalutarsi.
D’altra parte è vero che ora le famiglie risparmiano di più per far fronte a rischi ma fra questi non c’è solo quello della perdita del posto di lavoro. Molte famiglie hanno un reddito da pensione o da una impresa e temono nuove tasse e minori incassi .Inoltre il risparmio delle famiglie ora è maggiore che tre o quattro anni fa ; ma nei primi anni del duemila esse risparmiavano circa il 16% e nel 2013 il 12% . I ceti che hanno la maggior propensione al risparmio hanno carichi fiscali più alti con redditi reali minori. Anche le nostre imprese hanno adesso una trappola della liquidità peggiore di quella che Keynes teorizzava, dovuta solo alla carenza di domanda.
Certo, la domanda non è favorevole, in molti settori e anche per l’estero ci sono complicazioni dovute alle tensioni con la Russia, al caos nel Medio Oriente e in Libia. Ma anche le aziende che vorrebbero il credito fanno fatica ad averlo, dalle banche che sono restie a prestare il denaro, benché la BCE abbia abbassato i tassi e dilatato l’offerta di prestiti con operazioni particolari. Date le insolvenze e i crediti incagliati della clientela, le banche non sempre hanno i parametri adeguati per prestiti che richiedono una consistente loro capitalizzazione.
Una parte di queste difficoltà dipende dalla crisi del mercato immobiliare, causata dall’inasprimento della tassazione. Ciò ha bloccato l’edilizio generando crediti incagliati delle imprese edili e connesse. La diminuzione del valore degli immobili ha ridotto le garanzie immobiliari dei privati e i valori dei patrimoni edilizi delle banche. Inoltre l’elevata tassazione delle imprese e la rigidità del mercato del lavoro rendono più rischioso l’investimento. Anche l’eccesso di dirigismo e giustizialismo generano una trappola della liquidità non prevista da Keynes.
Da ciò si esce con rimedi diversi da quello da lui suggerito della spesa pubblica in disavanzo. Bisogna consentire alla BCE di comprare direttamente crediti delle imprese, saltando il circuito del credito bancario. Ma bisogna anche ridurre le imposte sulle imprese, alleggerire IMU e TASI e l’imposta di registro del 9% , che blocca il conferimento di immobili alle imprese e in genere il mercato edilizio.
E bisogna rendere flessibile il mercato del lavoro con il doppio sistema di togliere l’articolo 18 e di stabilire che i contratti aziendali di produttività prevalgono su quelli nazionali. La crisi di liquidità attuale deriva dal fatto che la liquidità non è un lago a cui tutti possono arrivare, ma sta in un pozzo, per attingere al quale ci vogliono strumenti adatti e uno sblocco delle carrucole, che fanno scendere e salire i secchi per prendere il liquido.