da L’Intraprendente martedì 20 Novembre 2018
Belgio, piena Prima Guerra Mondiale. La notte della Vigilia si sente cantare: inglesi e tedeschi smettono di sparare e si vengono incontro, si stringono la mano, bevono e festeggiano insieme. Un miracolo che testimonia la grandezza dell’uomo, oltre gli statalismi e le ideocrazie guerrafondaie…
di Marco Respinti
1914, Natale. Siamo nei pressi di Ypres, in Belgio, dove in novembre si è svolta la famosa, sanguinosa battaglia. È la Prima guerra mondiale, scoppiata da pochi mesi e già satura di lutti, con le sue morti assurde nei fanghi delle trincee, i gas, le distruzioni di massa, l’impiego su scala mai vista della tecnologia più efferata, gli aerei e il tritolo che cade dall’alto, i lanciafiamme e le casematte trasformate in forni crematori.
L’illusione del blitzkrieg è svanita subito; sarà un’agonia lunga e terribile. Il Pontefice, a Roma, san Pio X, ha fatto di tutto fino all’ultimo istante per cercare di fugare gli spettri del conflitto, per fermare le mani omicide, per evitare lo scempio, per scongiurare l’assalto all’Austria-Ungheria, che è pur sempre quel resta del glorioso Sacro Romano Impero. Ma ha fallito. Come san Francesco d’Assisi davanti al sultano. Non è che essere santi vuol dire riuscire sempre automaticamente in tutto. Il nuovo Papa Benedetto XV la chiama «inutile strage», e nessuno gli dà retta. Ma domani è Natale, e i miracoli esistono.
La notte della Vigilia si odono timidi ma coraggiosi canti della tradizione religiosa. Si levano dalle trincee. I soldati cantano. Domani è Natale. Il Pontefice a Roma son giorni che domanda una pausa, una tregua, e perché non dargli retta stavolta? Perché non dargli retta anche se non tutti qui siam cattolici, e tra noi ci sono luterani e zwingliani, calvinisti e anglicani, magari persino qualche hussita, e certamente un mucchio di atei e mangiapreti?
Cantano, i soldati. E smettono di sparare. I commando di sabotatori e le pattuglie spione se ne stanno in trincea. Qualcuno fuma, qualcuno guarda. Tutti ascoltano. E cantano. Non si sono accordati, ma l’accordo c’è lo stesso. La barriere che fino a ora lassù spaccavano in due le Fiandre diventano un ponte. Spontaneamente i militi inglesi e i fanti tedeschi, ma anche i belgi e i francesi, escono dalle loro luride tane di thanatos e si fanno gli uni incontro agli altri.
Stingere la mano al nemico è difficile. Qualcuno ci pensa, qualcun altro tentenna. Poi il primo osa, ed è subito scambio di auguri. La Babele delle lingue, stavolta benedetta. Cantano, cantano assieme. Nelle mille loro lingue. Una nuova famiglia, enorme, strana, sul campo di battaglia pacificato almeno per una notte. Ed ecco che un soldato tira fuori, ça va sans dire, una foto color seppia di casa sua, mamma, sorella, fidanzata; ed è scambio di ricordi, ma anche di cordiali e dolcetti, quel che c’è si condivide.
E pensare che i comandi l’alcol lo davano distribuivano per incattivire le truppe negli scontri e il cioccolato per stare desti anche nella stanchezza a centrare il nemico. La notte oramai scappa, è giunta l’alba, arriva il nuovo giorno. Natale. Si prega persino, si celebrano funzioni religiose, e Messe. E s’improvvisa pure anche una partitella a calcio, l’uomo è uomo. Un miracolo che fa il giro del mondo, che finisce sui giornali e che gli alti comandi non gradiscono. Non accadrà mai più. Anzi, cerchiamo di dimenticare tutto alla svelta che è meglio. Vergogna.
Ma il diavolo che ha imparato a far le pentole ancora dopo secoli non sa fare i coperchi. La storia circola, si viene a sapere, è troppo bella per licenziarla in tronco. La tregua di Natale finisce nel film Oh, che bella guerra! di Richard Attenborough (1969), compare nel videoclip della canzone Pipes of Peace di Paul McCartney (1983) e così pure nelle composizioni di altri cantautori e in alcune opere teatrali, il regista francese Cristian Carion ne fa un film, Joyeux Noël, che presenta fuori concorso al Festival di Cannes nel 2005 e che l’anno dopo viene candidato sia al Premio Oscar sia al Golden Globe come miglior film straniero.
Quest’anno la tregua del Natale ’14 è diventato addirittura uno spot pubblicitario (bellissimo) della britannica Sainsbury’s, la terza catena di supermercati del Regno Unito, tant’è che se n’è accorto anche il bravo Tommaso Ricci del TG2.
Ma non è ancora finita. Alla fine degli anni 1990, due giornalisti inglesi, Alan Cleaver e Lesley Park, scartabellando negli archivi dell’Hampshire Chronicle di Winchester (uno dei più antichi broadsheet inglesi), trovano alcune delle lettere inviate a casa da certi soldati di Sua Maestà che avevano preso parte alla splendida festa. Decidono allora di dare vita a un progetto, chiamato Operation Plum Pudding (“Operazione dolce di Natale”), per trascrivere tutte le lettere relative all’evento che fossero riusciti mai a trovare.
Con un lavoro lungo, meticoloso, estenuante sono riusciti a mettere assieme dozzine di lettere provenienti da ogni dove, raccolte private, archivi pubblici, ritagli di giornale ingialliti. A centinaia. Il primo esito è stato l’allestimento di un sito dedicato, Christmas Truce, cioè appunto “Tregua di Natale”, tutt’ora perfettamente attivo, che ha finito per coinvolgere addirittura una cinquantina di volontari. Poi nel 1999 ne è nato un libro, Plum Puddings For All, che però non si trova più, è oramai solo una chicca per collezionisti, insomma è sparito nel nulla.
O quasi. Perché in Italia adesso quel libro c’è. L’editore torinese Lindau ne ha infatti curato una bella versione, La tregua del 1914. Lettere dal fronte, affidata ad Alberto del Bono e introdotta da Antonio Besana. Da leggere, regalare, meditare.
Erano tutti “santi”, “perfetti”, “credenti doc” i soldati della tregua di Natale? Verosimilmente no. Ma ci ricordano una cosa fondamentale. Oltre i giochini di morte degli Stati-nazione che sui campi di battaglia della Prima guerra mondiale hanno cercato di annichilire per sempre quel che restava della cara vecchia Europa ‒ l’Europa cristiana seppur divisa, cristiana seppur zeppa di miscredenti ‒, accendendo la miccia degl’ideologici tripudi mortali e dure a morire della Seconda, gli uomini in carne e ossa hanno saputo scrivere una storia diversa. Oltre gli Stati nazionali della morte, i popoli hanno saputo fare la pace.
I miracoli accadono, specie a Natale, nonostante gli statalismi e le ideocrazie guerrafondaie cerchino d’impedirlo.