4 ottobre 2014
di Massimo Introvigne
Si parla molto in questi giorni sulla stampa internazionale del caso del vescovo di Ciudad del Este, in Paraguay, monsignor Rogelio Livieres Plano, sollevato dal suo incarico dal Santo Padre dopo che non aveva accolto il «consiglio» di dimettersi. Certamente – sul punto sono d’accordo la Santa Sede e lo stesso Livieres – le ragioni dell’intervento vaticano vanno al di là di vicende personali del vescovo, e derivano dal contrasto insanabile fra il prelato e gli altri vescovi paraguaiani. Livieres – che era l’unico vescovo del Paese ad avere un seminario fiorente e pieno – ha idee di tipo teologico e politico conservatrici, mentre gli altri vescovi del Paraguay la pensano grosso modo all’opposto.
Tutto questo premesso, non è inutile chiarire il ruolo che nella vicenda ha avuto il caso del vicario generale scelto da Liveres, il sacerdote argentino Carlos Urrutigoity. Lo abbiamo detto, Liveres è stato privato della sua diocesi principalmente per altri motivi, e su pressante richiesta a Roma degli altri vescovi del Paraguay. Però, per dirla in gergo sportivo, ha alzato ai suoi critici la più facile delle schiacciate accogliendo nella diocesi don Urrutigoity e promuovendolo addirittura suo vicario generale.
Non tutti i retroscena sono noti, e c’è chi li rappresenta in modo errato. Emergono da una causa civile federale che si è svolta negli Stati Uniti dal 2002 al 2006 presso il tribunale del distretto della Pennsylvania Centrale, e da vicende precedenti che riguardano la Fraternità sacerdotale San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre, i cosiddetti «lefebvriani».
Carlos Urrutigoity matura la sua vocazione in Argentina negli anni 1980 nell’ambito del movimento lefebvriano ed è accolto nel seminario di La Reja della Fraternità San Pio X, il cui vice-rettore prima e rettore poi è don Andrés Morello. In seminario, il giovane Urrutigoity è accusato da seminaristi più giovani e da laici (di sesso maschile) che partecipano ad attività di formazione, di comportamenti gravemente contrari alla morale: non solo commenti volgari e allusivi, ma atti di esibizionismo e palpeggiamenti osceni, in un caso con il pretesto di verificare se un seminarista soffra di un’infezione agli organi genitali. Queste accuse, cui don Morello – che afferma di aver notato da tempo la tendenza omosessuale del giovane – presta fede, sono inviate allo stesso mons. Lefebvre in un documento riservato, emerso però nel corso delle successive vicende relative a Urrutigoity.
Per fortuna del giovane seminarista – o sfortuna, dipende dai punti di vista – la vicenda che lo riguarda cade in un momento tumultuoso per il seminario di La Reja. Com’è spesso accaduto nella storia della Fraternità San Pio X, alcuni sacerdoti sono protagonisti di uno scisma «a destra» e diventano «sedevacantisti», cioè sostengono che il Papa – all’epoca, san Giovanni Paolo II – non è veramente Papa e che la sede di Roma è vacante. Il leader di questi sedevacantisti è don Morello, che sarà poi espulso dalla Fraternità San Pio X nel 1989. Il seminarista Urrutigoity ha buon gioco presentandosi come oppositore dei sedevacantisti e vittima delle loro calunnie
Il seminarista non è dunque espulso dalla Fraternità San Pio X, ma trasferito da La Reja al priorato di Córdoba, in Argentina, e quindi al seminario di Winona, negli Stati Uniti, allora retto dal vescovo lefebvriano Richard Williamson, oggi anch’egli uscito «a destra» dalla Fraternità. Williamson chiede a Urrutigoity di scrivere una memoria sulle accuse che gli sono state rivolte, e riferisce il caso direttamente a mons. Lefebvre. Il prelato francese consiglia a Williamson di tenere Urrutigoity in seminario, ma di «sorvegliarlo con occhio di falco». L’argentino è tenuto d’occhio, ma diventa prima prete e poi professore a Winona, senza dare ulteriori segni che lascino supporre un comportamento omosessuale. Williamson, però, finisce per espellere comunque Urrutigoity dal seminario di Winona: non per ragioni morali, ma perché non obbedisce ai superiori e cospira per fondare un ordine religioso separato dalla Fraternità. Tuttavia, come lo stesso Williamson riferirà successivamente alle autorità americane, dopo che Urrutigoity ha lasciato Winona emergono elementi secondo cui lì aveva intrattenuto una relazione omosessuale con almeno un giovane seminarista, di cui era anche il padre spirituale.
Urrutigoity successivamente fonda la Societa di San Giovanni, caratterizzata dalla preferenza per la Messa tradizionale detta di San Pio V, ma desiderosa di essere accolta nelle normali diocesi cattoliche, trovando il riconoscimento e la protezione del vescovo di Scranton, in Pennsylvania, mons. James Timlin. Nel 1999 il vescovo mons. Bernard Fellay, che è l’attuale superiore della Fraternità San Pio X, scrive una lettera al vescovo Timlin mettendolo in guardia contro le tendenze omosessuali di Urrutigoity. Mons. Williamson e un seminarista che era stato molestato dal sacerdote argentino si recano personalmente a Scranton per testimoniare di fronte a un delegato del vescovo. Mentre questa indagine va per le lunghe, Urrutigoity è accusato di ulteriori molestie omosessuali, questa volta nella diocesi di Scranton e su minorenni.
Nel 2002 la diocesi, insieme ad Urrutigoity e a un altro sacerdote, è convenuta in una causa civile per danni, che spesso gli studi legali americani che si occupano di preti pedofili preferiscono alle cause penali, perché sono molto più lucrose. Il vescovo reagisce sospendendo a divinis Urrutigoity e mandandolo in una casa canadese specializzata nella riabilitazione di preti che abusano di minori, il Southdown Institute.
Nel 2006 la causa è transata, con un forte esborso di denaro da parte della diocesi di Scranton. Nel frattempo, il vescovo Joseph Martino, successore di Timlin, scioglie la Società di San Giovanni fondata da Urrutigoity e prende nota del suggerimento del Southdown Institute di non affidare ulteriormente al sacerdote argentino, giudicato irrecuperabile, alcun incarico pastorale.
Su quanto avviene dopo, le versioni divergono. La stampa americana ha accusato il vescovo Martino – oggi emerito – di avere favorito il trasferimento a Ciudad del Este di Urrutigoity. Una nota ufficiale della diocesi di Scranton del 15 marzo 2014 afferma invece che Urrutigoity decise lui di andare a Ciudad del Este, perché aveva conosciuto il vescovo Liveres e sapeva che era disposto ad accoglierlo, mentre il vescovo Martino scrisse a Liveres consigliandogli di non incardinarlo, e avverti anche il nunzio apostolico in Paraguay e il nunzio apostolico negli Stati Uniti, pregandolo di riferire a Roma. Queste mosse non sortirono comunque effetto, posto che Urrutigoity fu incardinato a Ciudaddel Este, dove divenne monsignore nel 2012 e vicario generale agli inizi del 2014.
Naturalmente, chi scrive che Urrutigoity non è mai stato condannato da un tribunale canonico o statale ha ragione. Il vescovo di Scranton – come capitava spesso prima delle più severe e recenti misure in materia di preti accusati di abusi – lo fece esaminare da una struttura canadese specializzata, e i tribunali americani che se ne occuparono erano civili, non penali, in una causa finita con una transazione.
Tuttavia la prudenza avrebbe consigliato di tenere conto del passato burrascoso del sacerdote argentino. Si possono avere opinioni diverse sulla Fraternità San Pio X – i lettori che hanno la bontà di seguirmi sanno che le mie sono molto critiche – ma in questo caso occorre darle atto che, dopo qualche imprudenza iniziale nell’ordinare al sacerdozio Urrutigoity, si comportò correttamente, mettendo in guardia chi di dovere nei suoi confronti: e ha continuato a farlo negli ultimi quindici anni, ogni volta che la sua opinione è stata sollecitata. Altri purtroppo, forse con la migliore buona fede, non hanno esercitato la stessa prudenza