La Croce quotidiano 8 giugno 2018
Intervista sui “principi non negoziabili” al nuovo presidente del Movimento per la vita prof.ssa Marina Casini Bandini. La prima donna (e madre) alla guida del maggiore gruppo prolife italiano sarà ospite nella prossima puntata di “Temi di Dottrina sociale della Chiesa”, in onda martedì 12 giugno su Radio Mater (ore 17.30). Anticipiamo qui alcune delle tematiche che verranno affrontate nel corso della trasmissione
di Giuseppe Brienza
Aveva soltanto 12 anni quando, quarant’ anni fa, venne approvata la legge italiana sull’aborto (n. 194/1978) e, oggi, a 52 anni Marina Casini Bandini è il nuovo presidente del Movimento per la Vita Italiano (MpV) succedendo a Gian Luigi Gigli e Carlo Casini, co-fondatore nel 1975 del MpV. Abbiamo rivolto a Marina Casini, che insegna Bioetica alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’università “Agostino Gemelli” di Roma, alcune domande sulle attuali sfide e risorse della battaglia civile, politica e culturale in favore della vita umana innocente, dal concepimento alla morte naturale.
Prof.ssa Casini, per la prima volta da marzo abbiamo una donna (e madre) alla guida del più importante gruppo prolife nazionale, il Movimento per la vita italiano (MpV). Sta cambiando qualcosa nelle attività, nei progetti e nello stile comunicativo?
Tutta l’esperienza del MpV italiano maturata fino ad ora costituisce la base per il lavoro futuro. Il problema non è cambiare, ma rafforzare sia il servizio dei Centri di Aiuto alla Vita (200.000 bambini sono stati aiutati a nascere), sia le molteplici iniziative culturali. Il rafforzamento è necessario perché la congiura contro la vita ha aumentato la sua spinta.
Basti pensare alla procreazione artificiale la quale, dopo le sentenze della Corte Costituzionale che hanno parzialmente demolito la legge 40/2004, condanna a morte numerosi embrioni non trasferiti nell’utero materno. Questo impone di affermare la piena umanità del concepito fin dal concepimento come del resto ha fatto il Comitato Nazionale per la Bioetica in ben 4 pareri.
Si pensi ancora anche alla c.d. “contraccezione di emergenza”, che in larga misura non è affatto contraccezione, ma “contragestazione” cioè impedisce l’annidamento del concepito nell’utero materno provocando aborti in fase precocissima, aborti tanto clandestini da non essere conoscibili e in questo modo l’aborto viene privatizzato nel massimo grado. Come se non bastasse ci sono forti pressioni internazionali perché sia riconosciuto l’aborto come un diritto fondamentale delle donne.
A fronte di tutto questo, è urgente potenziare gli aspetti culturali del lavoro per la vita senza dimenticare che per essere persuasivo esso deve essere accompagnato dalla condivisione pratica dei problemi e delle difficoltà della donna che si trova sulla strada dell’aborto.
Ci può parlare in sintesi della storia e delle finalità del Movimento per la vita?
Esistono libri che raccontano la storia del Movimento per la Vita. Ne cito due curati da Renzo Agasso: “Sul fronte della Vita” (Elledici, 1999) e “Sì alla Vita” (San Paolo, 2011). In estrema sintesi ricordo che la prima scintilla si accese a Firenze quando fu scoperta una vera e propria clinica di aborti clandestini organizzata dal Partito radicale.
I radicali si giustificarono dicendo che la loro attività era una forma di aiuto alla donna. La risposta immediata a Firenze fu la costituzione del primo Centro di Aiuto alla Vita (CAV) il cui progetto è sintetizzato dalla frase “le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita, ma superando insieme le difficoltà”. Questa fondazione è l’inizio del Movimento per la Vita Italiano che si è andato strutturando secondo due linee strettamente collegate: quella dell’assistenza alle gestanti in difficoltà per una gravidanza difficile o indesiderata e quella culturale, diretta a difendere il diritto alla vita del figlio concepito ad ogni livello legislativo, assistenziale, politico, sociale, giudiziario, educativo. I due aspetti – assistenziale e culturale – sono connessi, anzi sono due facce della stessa medaglia, perché entrambi difendono il diritto alla vita del concepito in quanto uno di noi.
La parola sarebbe non credibile se in conformità ad essa non venissero svolte azioni dirette a salvare la vita nascente che – data la particolarissima, irripetibile condizione della gravidanza – si realizzano attraverso aiuti alla donna, sicché la vita incipiente è salvata non contro la madre, ma insieme alla madre. In questa prospettiva negli anni il servizio dei CAV è stato arricchito da SOS Vita, Progetto Gemma, Culle per la vita e Case di accoglienza. D’altra parte, azioni di solidarietà non accompagnate da un messaggio che ne dimostri il valore non sono in grado da sole di estendere la difesa e la promozione della vita umana.
Molti sottolineano il carattere “confessionale” delle battaglie prolife, Lei cosa ne pensa?
Il Movimento ha scelto come propria connotazione la “specificità” e la “laicità”. La prima impedisce la dispersione dei problemi inerenti alla vita nascente nella massa degli altri problemi che investono la società attuale.
La solidarietà non può certo essere ristretta ad una singola categoria di esseri umani, ma poiché la tattica della cultura abortista si concentra sulla dimenticanza o cancellazione del figlio non ancora nato, è sembrato indispensabile dare voce a chi non ha voce dimostrando che la sua esistenza è realmente reale da dare anche da sola fondamento e consistenza ad una organizzazione di solidarietà sociale e di impegno culturale.
Ciò non significa insensibilità rispetto ad altre situazioni di bisogno e povertà ma, al contrario, porre la prima pietra di un nuovo edificio sociale, di un nuovo umanesimo, sostenuto sulle colonne della giustizia e della solidarietà. L’idea della “prima pietra” è stata suggerita anche da un pensiero di Santa Madre Teresa di Calcutta che, spesso ripeteva: “Se accettiamo che una madre possa uccidere il figlio del suo grembo, che cosa ci resta?
La connotazione della laicità intende soltanto sottolineare che alla base del riconoscimento del concepito come uno di noi e, conseguentemente, dell’impegno per la sua tutela, stanno argomenti di ragione prima che di Fede. Pertanto il Movimento è aperto alla collaborazione di tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, anche se la visione di Fede aumenta le energie e la luce intellettuale.
In un’intervista a Famiglia Cristiana pubblicata nel giorno del quarantennale della legge italiana sull’aborto (22 maggio 1978/2018), lei hai dichiarato «A mio parere la 194 non ha nulla di buono. È un testo completamente iniquo». Può spiegare meglio?
Fu La Pira a qualificare la legge 194 integralmente iniqua. Abbiamo sempre condiviso questo giudizio, perché la legge non offende soltanto la vita ma anche la verità. Basti pensare che la sentenza n. 27 del 1975 della Corte Costituzionale che aprì il varco alla legge sull’aborto, stabilì la liceità dell’IVG solo in caso di necessità cioè nel caso di pericolo grave medicalmente accertato e non altrimenti evitabile per la salute della madre.
Invece, la legge finge di rispettare questa sentenza ma, in realtà, nessun accertamento medico nei primi tre mesi di gravidanza è condizione per l’aborto. Il medico accerta solo la volontà della donna, ma i cittadini sono ingannati dal fatto che gli articoli 4 e 5 affermano che la donna deve dichiarare (lei non il medico) un pericolo per la salute fisica o psichica. Si pensi poi alla trasformazione dei consultori a strumenti di accompagnamento all’aborto e non di aiuto alla donna per far proseguire la gravidanza. La bugia principale è poi quella contenuta nel titolo (tutela della maternità) e nell’art. 1 che impegna la Repubblica a tutelare la vita umana sin dall’inizio, ma non dice quale sia questo inizio e non parla di diritto alla vita del concepito.
L’aborto clandestino è sempre stato – ed è ancora – presentato come il motivo per legalizzare e/o estendere le legislazioni pro-aborto. Ma si tratta davvero di un argomento valido?
Direi proprio di no. Intanto procedendo su questa strada dovremmo legittimare giuridicamente tutte le attività “fuori legge”, il che è un’assurdità. E poi va ricordato che in Italia, e non solo, le bugie sull’aborto clandestino sono state enormi.
Si diceva che in Italia ogni anno c’era una strage di donne – da 20 a 25 mila – a causa degli aborti clandestini. In realtà, le donne in età fertile morte ogni anno per qualsiasi causa (incidenti, malattie, delitti, suicidi…) non superavano le 13 mila.
Proprio a questo proposito ricordando nei giorni scorsi la propaganda abortista degli anni 70 è stato menzionato anche il compendio statistico italiano del 1974: nell’intero anno morirono 9.914 donne tra i 14 e i 44 anni e solo 409 per cause legate alla maternità, alla gravidanza e al parto, non tutte, ovviamente, provocate dall’aborto clandestino. Giovanni Paolo II, nell’Evangelium Vitae dopo aver elencato tutte le aggressioni antiche e moderne contro la vita umana sostiene che la più grave è quella dell’aborto perché pretende di trasformare il delitto in diritto.
Perché, dal punto di vista strettamente razionale, giuridico e filosofico un essere umano allo stato del concepimento è un figlio e, insieme, un cittadino a tutti gli effetti che andrebbe riconosciuto nella sua dignità e protetto sempre?
L’affermazione della piena identità umana del concepito si fonda sulla modernità della scienza e del diritto. In passato non si conoscevano i meccanismi della generazione, si lavorava di fantasia, la scienza non aveva gli strumenti di cui dispone oggi per vedere il momento del “big bang” di ciascuno di noi e si scrivevano a riguardo cose che oggi fanno sorridere.
Ma oggi sappiamo che dal momento del concepimento i caratteri genetici del nuovo essere umano sono già tutti individuati. Nulla viene aggiunto dall’esterno. Il nuovo minuscolo essere umano è già tutto compreso nella dimensione di un punto e la forza del suo sviluppo è intrinseca e finalisticamente orientata. L’ecografia e le fibre ottiche ci mostrano il concepito.
Studi recenti dimostrano che anche nel seno materno egli è in grado di udire le voci esterne. Il MpV italiano ha raccolto centinaia di migliaia di testimonianze di scienziati e di operatori sanitari che riconoscono nel concepito un individuo vivente appartenente alla famiglia umana nel concepito. La stessa diffusione dell’obiezione di coscienza è la prova che coloro che hanno studiato, che sono esperti in materia, non vogliono uccidere un essere umano.
Per quanto riguarda il diritto moderno esso si ispira al principio di uguaglianza in dignità umana. Perciò, una volta riconosciuto il concepito come uno di noi è difficile non riconoscergli il diritto alla vita. Non esiste un solo trattato e una sola costituzione o una sentenza delle corti supreme che abbia avuto il coraggio di negare la identità umana del concepito. Quasi sempre la si ignora per poter giustificare la sua soppressione per ragioni utilitaristiche. Viceversa, esistono documenti di alto valore giuridico che riconoscono nel concepito un soggetto umano.
Ho già citato il Comitato Nazionale per la Bioetica, ma posso aggiungere la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 (in due passaggi è chiaro il riferimento alla vita prenatale e su questa convenzione sia la Corte costituzionale polacca che quella italiana hanno fatto leva per riconoscere il diritto alla vita del concepito), la sentenza n. 35 del 1997 della nostra Corte Costituzionale, le risoluzioni del Parlamento Europeo del 1989 sull’ingegneria genetica e sulla procreazione artificiale umana, due recenti sentenze della Corte Costituzionale la n. 229 del 2015 e la n. 84 del 2016 in cui si dice che anche l’embrione in provetta non è una cosa e non può essere distrutto.
Oggi molte persone sono ingannate dall’anti-lingua che, in certi casi, si ammanta anche di scientificità. Ci può spiegare per esempio (e in parole semplici) l’inganno della cosiddetta “pillola del giorno dopo”?
Non si può offendere la vita senza mentire. L’inganno serve a coprire le offese alla vita umana. Questo dato di fatto è alla base dell’antilingua. Per quanto riguarda le pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo l’inganno è già nella parola “contraccettivi” con cui vengono diffuse. Si dice che questi prodotti, assunti dopo un “rapporto non protetto” o “non adeguatamente protetto”, hanno esclusivamente un effetto antiovulatorio, cioè impedirebbero o ritarderebbero l’ovulazione e basta. In realtà, se il concepimento è avvenuto l’effetto è antinidatorio, è quello cioè di impedire che il concepito possa annidarsi nella parete uterina e quindi venga distrutto.
A questo proposito richiamo due pareri del Comitato Nazionale per la Bioetica e un parere dell’Istituto Superiore di Sanità. Questi autorevoli organismi non hanno affatto escluso l’effetto antinidatorio della pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo, non hanno escluso dunque l’alterazione dell’endometrio che impedisce all’embrione già formato di trovare nel seno materno cibo, calore e ossigeno e che perciò viene condannato a morte. Questa è la conclusione dei più recenti studi sulla contraccezione di emergenza effettuati nel 2017. Per più dettagliate info si può consultare il sito della Società Italiana Procreazione Responsabile (SIPRE).
Alcuni intellettuali e giornalisti stanno criticando Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, perché a loro avviso non utilizza e non sottolinea abbastanza quella formula efficacissima con la quale Benedetto XVI ha richiamato il diritto alla vita, alla famiglia e all’educazione, ovvero i “principi non negoziabili”. Le sembra corretto?
Non dobbiamo creare distanze dalla Chiesa con critiche che dividono. Papa Francesco ha fatto affermazioni molto forti e nette contro la cultura dello scarto anche nei confronti dei bambini non nati.
Per quanto riguarda la formula “principi non negoziabili”, mi ci riconosco ma è necessario comprendere bene il suo significato. In politica, nei rapporti tra partiti non si può, certo, rinunciare alla difesa della vita nascente e all’idea della famiglia fondata sulla unione stabile di un uomo e di una donna, al fine di ottenere vantaggi in termini di nomine o per avere concessioni su aspetti secondari.
Tuttavia, la non rinunciare agli ideali della vita e della famiglia, non significa che questi valori debbano restare immobili, quando la situazione politica non ci consente di ottenere immediatamente la realizzazione del nostro ideale nella sua pienezza. I valori non negoziabili ammettono una gradualità. Anzi, proprio perché sono non negoziabili non bisogna trascurare niente di ciò che è possibile concretamente fare per perseguirli. Salire soltanto dei gradini di una scala non significa che la scala non debba concludersi nel piano più alto.
Naturalmente ciò che vale a livello politico non è operante a livello culturale dove la verità va detta tutta intera avendo cura di usare modalità capaci di penetrare nella mente e nel cuore degli interlocutori. San Giovanni Paolo II nella preghiera finale dell’Evangelium Vitae chiede per i cristiani il coraggio di una tenacia operosa. La tenacia implica che non ci dobbiamo arrendere mai, ma se essa rinuncia a perseguire possibili livelli intermedi non è operosa. In ogni caso la mia opinione è che di fronte alle grandi potenze internazionali che sostengono il diritto di aborto occorre una grande unità, anche strategica, dei difensori della vita.
In tale contesto il sostegno della Chiesa cattolica è indispensabile. Perciò, come ho detto, non dobbiamo creare distanze da essa con critiche divisive: la Chiesa, ha detto Giovanni Paolo II, “è oggi il principale baluardi dei diritti umani”.
Nel 2015-2016 abbiamo visto centinaia e centinaia di migliaia di famiglie e di singoli cittadini scendere in piazza a Roma contro l’ideologia gender e per la riaffermazione della centralità della famiglia nell’ordinamento italiano. I politici italiani non ne hanno però finora tenuto in conto le istanze, quale sarà il ruolo in merito del MpV?
L’ideologia del gender è un grave errore della mente umana, come ha detto Papa Francesco, ed è anche il più grave errore di un femminismo grossolano e superficiale che pretende di realizzare un’uguaglianza cancellando la ricchezza della diversità e della complementarietà in particolare il privilegio femminile della maternità.
Il Movimento per la Vita ha sempre partecipato a tutte le manifestazioni a difesa della famiglia. È molto grave che i politici non abbiano tenuto conto di queste affollate e gioiose manifestazioni. Tra l’altro, non possiamo non ricordare che nelle moderne carte sui diritti umani la famiglia è definita «cellula fondamentale della società e dello Stato».
È evidente che la ragione di questa fondamentalità risiede nella capacità generativa della famiglia (che dunque non può prescindere dalla complementarietà sessuale uomo donna) e nella sua capacità educativa (che dunque non può non attingere alla ricchezza della diversità maschile-femminile). Ancora una volta è la riflessione sul figlio concepito che illumina la verità della famiglia.
L’ennesimo referendum per legalizzare l’aborto si è tenuto in Irlanda il 25 maggio. Cosa ci può dire al proposito ed anche al riguardo del ruolo dell’Ue nelle tematiche relative al diritto alla vita?
Il risultato del referendum irlandese non è soltanto una sconfitta della vita, ma è anche una sconfitta dell’Irlanda e, soprattutto, dell’Europa. Lo aveva già detto Giovanni Paolo II parlando nel 1985 ai Vescovi europei: “La legalizzazione dell’aborto è una sconfitta dell’Europa”.
L’Unione Europea, come sta scritto nei suoi trattati e come risulta dal pensiero dei suoi padri fondatori (De Gasperi, Schuman, Adenauer) non sono i commerci, la finanza, il mercato, ma la dignità umana, l’uguaglianza e la solidarietà verso i più deboli. Nonostante il risultato del referendum irlandese non dobbiamo rassegnarci e, anche su questo, ci ha ammonito San Giovanni Paolo II, concludendo nel 1987 il convegno promosso dal Movimento per la Vita su “Il diritto alla vita e l’Europa”: “L’Europa di domani è nelle vostre mani. Non vi spaventi la difficoltà del compito. Voi lavorate per restituire all’Europa la sua vera dignità, quella di essere il luogo dove la persona, ogni persona, è accolta nella sua incomparabile dignità”.
Aggiunse anche: “Non vi freni la constatazione di essere minoranza. La forza è nella verità stessa e non nel numero”. Ogni figlio fin dal concepimento è un essere umano e quindi un uguale in dignità e diritti; la maternità è il segno di un privilegio femminile perché pone il timbro del coraggio e dell’amore sull’inizio di ogni vita umana.
Sono queste le verità che le potenze economiche internazionali e un grossolano vetero-femminismo vorrebbero cancellare. L’Europa potrà ritrovare la sua anima se saprà rivolgere lo sguardo sul concepito riconoscendolo come uno di noi e meditare sul significato profondo della maternità per scoprire il senso della vita.
Sono passati già 6 mesi da quel giovedì 14 dicembre 2017 nel quale, fra gli ultimi degli atti della XVII legislatura, il Senato ha detto il suo sì definitivo al disegno di legge sul c.d. testamento biologico. Cosa dire a chi vede in queste norme sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento (Dat) una sorta di “anticamera” dell’eutanasia?
Certamente quello del fine vita è un ambito molto complesso e delicato. Sono molteplici le questioni. Comunque è vero che quella legge apre la strada all’eutanasia. Cercheremo di opporci a questa deriva che ancora una volta sfrutta il linguaggio dei diritti umani per calpestare la vita umana afflitta dalla malattia o dalla disabilità.
Purtroppo nell’accettazione culturale dell’aborto è compresa l’eutanasia: se accettiamo di uccidere un essere umano che ha tutta la vita davanti a sé e che potrebbe essere un altro Leonardo da Vinci come possiamo impedire l’uccisione di chi ha già vissuto il “meglio” della vita, non ha prospettive positive davanti a sé e non può più rendere un servizio all’umanità? È necessario riflettere a fondo sul significato e sulle esigenze della dignità umana.
La Sindrome Post Aborto (PAS) è studiata già da molto tempo negli Stati Uniti, laddove in Europa continentale è persino negata in alcuni ambienti. Si stima in effetti che quasi due donne su tre che hanno effettuato aborti volontari soffre di questa sindrome con conseguenze psico-fisiche anche gravi. Non crede che il fatto di negarla o non parlarne sia una violazione dei diritti delle donne oltre che una trave sull’attuale legge che consente l’aborto?
Certo. Già nel 1996 il Movimento per la Vita italiano promosse un convegno scientifico internazionale sulle “conseguenze psichiche dell’aborto volontario”. Fino a poco tempo fa abbiamo promosso a Roma un centro di ascolto, uno sportello, per accogliere le donne che avevano abortito e aprire loro un percorso di guarigione dalle conseguenze psichiche dell’aborto volontario.
È un tema importante che non deve essere negato o messo sotto silenziatore. La sofferenza per l’aborto compiuto è reale. Riteniamo però che la massima prevenzione dell’aborto derivi dal riconoscimento della dignità umana del concepito e dallo stupore che ne consegue, più che dalla paura delle conseguenze dell’aborto sulla donna.
La negazione del diritto all’obiezione di coscienza all’aborto, alla “pillola del giorno dopo” e al biotestamento porterebbero secondo lei alla negazione sostanziale del carattere democratico delle società occidentali?
Abbiamo difeso e difenderemo sempre non solo culturalmente, ma anche giudizialmente gli obiettori di coscienza. Essi sono insopportabili per i promotori della congiura contro la vita, perché testimoniano con l’autorità della scienza che il concepito è un essere umano; che la qualifica di “contraccezione” alle pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo è una menzogna, che la dignità umana va sempre rispettata, che la tutela della maternità riguarda anche quella specialissima relazione per cui un essere umano vive e cresce dentro un altro essere umano.
È paradossale che l’obiezione di coscienza sostenuta da tutte le forze politiche della sinistra con riferimento al servizio militare, venga poi contestata quando manifesta il rifiuto di uccidere un essere umano povero, indifeso, innocente. Ed è altrettanto paradossale che chi mette in trono l’autodeterminazione voglia poi imbavagliare chi si autodetermina a favore della vita.
Qual è il problema più urgente oggi in Italia del quale dobbiamo prendere consapevolezza e cercare di reagire come genitori e/o come sostenitori del diritto alla vita?
Santa Madre Teresa di Calcutta nel ricevere il Premio Nobel per la pace dichiarò che l’aborto è il principio che mette in pericolo la pace nel mondo. Dunque, in Italia è in corso una guerra, perché la guerra consiste nell’organizzarsi di una nazione per uccidere. Quando un Paese è in guerra il primo problema politico è quello di fare la pace.
Naturalmente un tema strettamente collegato è quello della famiglia. Oggi molti politici parlano della famiglia, ma pensano soltanto alle necessarie provvidenze economiche, mentre oggi è stato distrutto lo stesso concetto di famiglia. Basti pensare alla legge Cirinnà. Penso che il punto di partenza sia il riconoscimento della piena umanità del concepito perché l’idea stessa di famiglia si fonda sul miracolo della vita che nella famiglia è generata, accolta, educata e che garantisce l’esistenza stessa della società e di un futuro.