La Nuova Bussola quotidiana 27 febbraio 2015
di Giuseppe Brienza
Nei nuovi elenchi dell’Affittopoli romana, pubblicati ieri dal quotidiano Il Tempo, spunta anche il «circolo di cultura omosessuale “Mario Mieli”» (cfr. Valentina Conti, Anche il «Mario Mieli» baciato dalla fortuna, in Il Tempo, 23 febbraio 2015, p. 4). Questa fucina delle battaglie Lgbt nella Capitale, infatti, grazie ad una «fitta rete di rapporti politici instaurati a tanto a livello locale quanto a livello nazionale e, all’attivo, un elenco di progetti realizzati in diversi ambiti col sostegno di istituzioni varie tra cui Campidoglio, Regione Lazio e diverse realtà sanitarie di primo piano», gode per il fitto della sua ampia sede, nel quartiere Ostiense di Roma, di un canone di assoluto privilegio, pari a poco più di 200 euro.
Dal Gay Pride ad Affitopoli
Organizzatore dei Gay Pride a Roma fin dal 1994, compreso quello clamoroso tenuto in pieno Giubileo del 2000, il circolo “Mario Mieli” ha sempre fatto sfoggio di anarchia e rivoluzionarismo anti-borghese. Allora come mai oggi rientra a pieno titolo nella lista degli affittuari capitolini “baciati dalla fortuna”? Ma non erano gli immobili degli Istituti religiosi e del Vaticano ad essere privilegiati?
Per i locali della sua sede, aggiunge il quotidiano Il Tempo diretto dal 2013 da Gian Marco Chiocci, «l’associazione indipendente che si basa sul volontariato, roccaforte dei diritti del mondo Lgbt vicina alla sinistra, guidata per anni da Imma Battaglia (candidata Pd, attuale consigliere capitolina targata Sinistra Ecologia e Libertà) e ora capitanata da Andrea Maccarrone, paga 235,61 euro di affitto mensile» (art. cit.).
D’altra parte, il Comune guidato dal sindaco Marino, che ha voluto a tutti i costi (e contra legem) il c.d. “Registro delle Unioni civili”, non poteva che confermare la linea, già sposata peraltro dalla giunta Alemanno, dei “saldi concessori” a prezzo politico per le associazioni di cultura avanzate. Del resto cosa sono 200 euro di affitto al mese quando un commerciante della zona per un locale simile ne paga almeno il quintuplo?
Mario Mieli, avanguardia della “Sinistra radicale di massa”
Come aveva visto molto prima dell’implosione del sistema comunista Augusto Del Noce (1910-1989), la nuova sinistra è passata dalla lotta di classe al radicalismo, ed all’opposizione ad ogni forma di “repressione”. Gli ex-, post- e neo-comunisti, quindi, si sono ormai fusi con ogni tipo di corrente libertina e libertaria, dando vita a quel “radicalismo di massa” che è la più edonista ed anti-naturale delle ideologie attuali.
Arriviamo quindi all’avanguardia del circolo “Mario Mieli”, che le tasse dei cittadini romani stanno contribuendo a far fiorire. Cominciamo quindi col capire chi era Mario Mieli (1952-1983) che, figlio di papà come molti “rivoluzionari” sessantottini, nasce da una famiglia di industriali della seta della provincia di Como. Fin da giovanissimo abbraccia la dottrina marxista e fa pubblica professione di omosessualità: «Una volta lo spedirono in manicomio perché a Londra, dove aveva aderito al Gay Liberation Front, girava nudo sotto la pelliccia, o dentro un abito a rete che non nascondeva gli organi genitali, chiedendo ai poliziotti di lasciarsi baciare» (cit. in la Repubblica, 7 luglio 2000).
Tornato in Italia aderisce al gruppo ultracomunista Lotta Continua e diviene uno dei fondatori del “Fuori” (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani) prima e dei Collettivi Omosessuali Milanesi poi. Nel 1977 pubblica per Einaudi il libro Elementi di critica omosessuale, per evidenziare «l’importanza della liberazione dell’omosessualità nel quadro dell’emancipazione umana: infatti, per la creazione del comunismo, è conditio sine qua non, tra le altre, la completa disinibizione delle tendenze omoerotiche» (M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, Giulio Einaudi editore, Torino 1977, p. X).
Tutti quegli omosessuali che non rendevano “politico” il loro privato erano per lui da bollare come nemici del popolo: «Così come il movimento nero americano ha dovuto lottare anche contro la borghesia nera, che si opponeva violentemente alla rivolta dei ghetti e che mina la società bianca razzista, allo stesso modo non si può dire che qualunque omosessuale sia, a priori, dei nostri [Il] tipo di omosessuale inserito è tra i primi a opporsi alla nostra rivolta. Egli fa ugualmente parte dei nostri nemici» (op. cit., p. 91).
Mieli sostiene quindi che la rivoluzione marxista si completerà solo con la promozione e l’esaltazione di ogni “orientamento sessuale”: «la progressiva liberazione delle altre tendenze represse dell’Eros rafforzerà ulteriormente il movimento rivoluzionario […] Non possiamo raffigurarci l’importanza del contributo fornito alla rivoluzione e all’emancipazione umana dalla liberazione progressiva del sadismo, del masochismo, della pederastia propriamente detta, della gerontofilia, del masochismo, della zoorastia, dell’autoerotismo, del feticismo, della scatologia, dell’urofilia, dell’esibizionismo, del voyerismo ecc. Se non muovendo in prima persona alla disinibizione e alla concreta espressione di tali tendenze del nostro desiderio» (op. cit., p. 237).
Omosex “no tax area”
La rivoluzione sessuale fu da Mieli non solo propagandata ma anche vissuta in prima persona, con eccessi che lo condussero alla fine al suicidio, a poco più di trent’anni, il 12 marzo 1983. Anche la nostra società vi è destinata seguendo “cattivi maestri” come questo. Ma almeno lo faccia senza garantire no tax areas…