di Guido Verna
La mattina del sabato precedente la tornata elettorale, mia moglie, iscritta da molti anni all’UNITALSI, riceve una lettera di un signor Dante D’Elpidio di Teramo, che comincia così: «Care amiche e amici UNITALSIANI [da qui in avanti, tutte le maiuscole nelle citazioni sono originali n.d.r.], mi permetto di approfittare della comune appartenenza ad una GRANDE Associazione come la nostra per presentarVi un mio Progetto per l’UNITALSI». Finalmente — mi viene da pensare — qualcuno che si dà da fare ancor di più, qualcuno che moltiplica la sua generosità! Ma tali pensieri sono subito soffocati dalla presenza di un fastidioso logo elettorale in alto a sinistra. Scaccio, perciò, i pensieri «buoni» e cerco di capire meglio dove il D’Elpidio vuole andare a parare.
Mi avvicino ansiosamente a squarciare il velo che copre il Grande Progetto, ma debbo anzitutto prendere atto della prima — e, sembrerebbe, condivisa — Grande Decisione. Dunque: «a questo punto abbiamo deciso che una IMPORTANTE Associazione come la nostra NON POTEVA NON ESSERE RAPPRESENTATA ai massimi livelli istituzionali, al solo fine di tutelare e rappresentare un mondo troppo spesso trascurato»
Ciò posto, si scopre finalmente il geniale Piano Risolutore, attraverso la seconda — questa volta, personale — Grande Decisione: «Ho deciso di candidarmi alle prossime elezioni politiche per la Camera dei Deputati». Il Gave, saputolo, continua a scorrere solo un po’ meno lento davanti alla Grotta, ma di colpo si increspa, si gonfia e rompe gli argini, perché è venuto a sapere quello che leggo subito dopo: il Piano Risolutore prevede che il candidato si presenti «a sostegno del CentroSinistra di Romano Prodi, con l’UDEUR del Presidente Mastella, Partito che rispecchia i valori e i principi ai quali una Associazione Ecclesiale come la nostra fa riferimento nel suo agire quotidiano». Malgrado l’insorgere in me di un irrefrenabile moto di condivisione dell’atteggiamento straripante del Gave, mi verrebbe da concludere: senza commenti.
Però, siccome l’episodio mi pare molto serio — denotando, ancora una volta, lo stato «culturale» di molti rappresentanti del mondo cattolico associato e comportando molti elementi di giudizio che vanno ben al di là del soggetto in questione (che, peraltro, non ho il piacere di conoscere e che, nel frattempo, per la serenità e la speranza di tutti gli ammalati, è, forse, già diventato onorevole) —, credo che almeno qualche domanda sia necessario farla. Ne pongo, per cominciare, due, che sollevano l’autore della lettera, se mai leggesse questa nota, dall’incombenza delle risposte, trattandosi di domande evidentemente retoriche.
1) Come può, il D’Elpidio — che è da assumere come prototipo di quel certo mondo cosiddetto «cattolico democratico» — scrivere che sostiene il «CentroSinistra», quando una minima conoscenza dei dati elettorali pregressi basta a configurare la «sua» coalizione come un enorme corpo di Sinistra, con solo due piccole appendici esterne di cosiddetto centro (rese, peraltro, ancora più irrilevanti dall’esito elettorale)?
Come può, quando una altrettanto minima conoscenza dei programmi della «sua» coalizione è sufficiente a cogliere compiutamente, in questa Sinistra, la conferma del suo volto anticattolico e della sua volontà di continuare nella lotta contro il diritto naturale?
Riporto, per la sua sintetica chiarezza, quanto ha scritto al riguardo, prima delle elezioni, un intellettuale autenticamente cattolico come Mario Palmaro: «Al di là delle dense cortine fumogene che ne saturano le centinaia di pagine, alcune cose sono evidenti: che per l’Unione la legge 194 sull’aborto non si può né si deve toccare; che il prossimo parlamento attuerà il riconoscimento delle coppie di fatto, a prescindere dall’orientamento sessuale (pagina 72 del programma); che l’eutanasia è una giusta possibilità almeno in certi casi (si veda ciò che in Toscana è stato deciso sui bambini prematuri); che l’aborto chimico — la RU 486 — deve essere diffuso, come dimostrano le regioni di centro sinistra che hanno da tempo avviato la sperimentazione; che la scuola libera dovrà cavarsela da sola e dire addio alle ipotesi pur timide dei buoni scuola; che l’educazione è faccenda dello Stato; che la famiglia è solo una fra le tante realtà interessanti, insieme al circolo Arci e alla bocciofila parrocchiale» (La Provincia, 07-04-2006, p.1; anche in www.fattisentire.net/modules.php?name=News&file=article&sid=1889).
2) Se lo scrivente cerca di attenuare l’impatto specificando il «CentroSinistra di Romano Prodi», come può pensare che questo nome sia, per noi cattolici senza aggettivi, una garanzia? Se lo è, lo è per gli «altri», non certo per noi.
Come riassume felicemente ancora Mario Palmaro nell’articolo citato, «l’inaffidabilità di questo politico sui temi della vita e della famiglia è clamorosa, enorme, sconcertante. Il 25 luglio 2005 il professore ha pronunciato una frase che ne riassume il mondo interiore: “Aborto e divorzio sono un patrimonio dell’Unione”. Io non posso votare un uomo che considera un suo patrimonio la morte cruenta di 136.000 bambini non nati ogni anno in Italia. Lo stesso uomo che ritiene la pillola abortiva Ru486 solo una questione di «tecnica sanitaria» (Avvenire 01-02-2006, p.7).
Sempre Prodi ha inviato una illuminante lettera datata 1 marzo 2006 a Francesca Polo, Presidente nazionale ArciLesbica e a Sergio Lo Giudice, Presidente nazionale Arcigay, nella quale in sostanza si dice: non fate chiasso adesso, aiutateci a vincere, e state certi che otterrete ciò che chiedete per le unioni di fatto.
Ma il peggio di sé Romano Prodi lo ha dato nelle vesti di Commissario europeo, quando l’Unione ha finanziato con almeno 32 milioni di euro le associazioni ed i gruppi che praticano aborti, sterilizzazioni e contraccezione nei Paesi in Via di Sviluppo. Associazioni apertamente anticattoliche: alcune di esse hanno chiesto di buttare fuori dall’ONU la Santa Sede, altre hanno accusato la Chiesa di essere omofobica e contro l’emancipazione femminile.
Da ricordare anche il fatto, enorme, che Prodi, da cattolico adulto, è andato a votare al referendum sulla legge 40, quando i cristiani avevano scelto di combattere con l’astensione».
Ma ci sono queste altre domande che, contrariamente alle precedenti, non sono minimamente retoriche e che abbisognerebbero di risposte a chiarimento, non certo da parte del D’Elpidio — verso le quali nutro un interesse pressoché nullo —, bensì, molto più gravemente, da parte dell’UNITALSI, che — malgrado l’eligendo-forse-eletto si cauteli, dichiarando che non ha «[…] nessuna intenzione di coinvolgere l’Associazione… ma gli amici SI!» — mi sembra, invece, formalmente coinvolta in misura non trascurabile, anche se non so quanto coscientemente e volontariamente (ma dar conto di questo «quanto» attiene ai suoi vertici).
3) La mia famiglia vota nel Lazio e nessuno dei componenti è amico del D’Elpidio. Perché, allora, riceve dall’Abruzzo la sua propaganda elettorale, con indirizzo «mirato» — «Care amiche e amici UNITALSIANI»? Senza appellarmi alla legge sulla privacy, ma solo perché ritengo questo genere di propaganda cattolicamente volgare e ad alto tasso di inquinamento, chi ha fornito allo stesso gli indirizzi degli iscritti all’Associazione?
4) I vertici di quest’ultima concordano con il D’Elpidio, nel ritenere «l’UDEUR del Presidente Mastella, [un] Partito che rispecchia i valori e i principi ai quali una Associazione Ecclesiale come la nostra fa riferimento nel suo agire quotidiano»? Anch’essi trovano sintonia tra l’«agire quotidiano» dell’UDEUR e quello della loro «Associazione Ecclesiale»? Sono per il «sì sì, no no» oppure per il «ni ni, so so»?
5) Quando D’Elpidio scrive «abbiamo deciso», perché usa il plurale? «Chi» ha deciso «con» lui? I suoi parenti, i suoi amici oppure anche l’UNITALSI? In questo caso: quale UNITALSI: quella locale, quella regionale o quella nazionale? Delle due l’una: se l’UNITALSI, a qualsiasi livello, non c’entra nella decisione, l’uso del plurale è assimilabile a millantato credito, teso evidentemente a — per usare un eufemismo — frastornare gli elettori (ma, allora, perché l’UNITALSI lo ha permesso senza proferire parola pubblica?); in caso contrario, su quale base morale l’UNITALSI ritiene sia possibile appoggiare una coalizione nel cui ambito si colloca, quasi totalmente, l’amplissimo fronte delle forze che sostengono l’eutanasia e la cernita degli embrioni?
Non posso immaginare che i vertici di questa straordinaria Associazione — che, nel suo «agire quotidiano», è stata sempre mossa da autentico amore verso l’ammalato, riconoscendo in lui una “persona”, cioè un uomo a tutti gli effetti, con intangibile e totale dignità, perché fatto a immagine e somiglianza di Dio — abbiano ritenuto possibile appoggiare la predetta coalizione, che, ripeto, è stracolma di partiti e di uomini che propugnano, con lena incessante, quella «particolare» forma di soluzione del problema dell’ammalato, che è la sua soppressione o la sua non-nascita.
Sarebbe una tremenda mutazione dello statutario «agire quotidiano», che diventerebbe non solo difforme ma addirittura contrario alla propria «ragione sociale», che, in questo caso, è molto, molto di più di un elemento definitorio dell’ambito e dello scopo: è una più alta e mirabile «ragion d’essere» per migliaia e migliaia di aderenti, la loro strada verso il Paradiso.
Per chiudere, mi servo ancora dello scritto di Palmaro: «So che ad alcuni le parole di questo articolo suoneranno per nulla convincenti. A costoro, nel caso in cui — come sembra — l’Unione vincerà, mi permetto di dare un appuntamento amichevole: rivediamoci fra un anno, su queste pagine, e verifichiamo serenamente che cosa il Parlamento avrà fatto sulle cose che, Benedetto XVI dixit, contano più di ogni altra: vita umana, famiglia, educazione, scuola libera. Non sarà un bilancio piacevole».
Facendo questo amaro bilancio, il mondo cattolico dovrà ricordarsi, fra gli altri, anche del «Presidente Mastella» che — giustamente ridotto ai minimi termini dall’esito elettorale, dopo una polemica con Di Pietro su chi è più debole nella coalizione vincente —, si è premurato anzitutto di precisare che «il centrosinistra ha vinto la difficile sfida con la Casa delle Libertà, anche grazie al nostro [cioè dell’UDEUR] indiscutibile e determinante [sic!] apporto» e poi di informare l’on Di Pietro — ma anche noi, che, peraltro, non lo abbiamo mai dubitato — di non avere «[…] alcun problema a restare fuori dal governo [ipotesi formulata non per motivi ideali n.d.r.], pur appoggiandolo lealmente nei passaggi politici e programmatici [sic!], perché resterebbe per noi un governo amico, molto amico (Il Tempo, 15-04-06, p.9)».
Le campane del campanile del «Presidente Mastella» e dei cosiddetti «cattolici democratici» sono state fortunatamente quasi silenziate dal risultato elettorale, mentre quelle dei campanili dell’autentico e profondo popolo cattolico italiano hanno riacquistato vigore e sonorità. Fra esse, c’è anche quella dell’UNITALSI?
Spero proprio di sì, perché sono convinto che i suoi vertici, come me, ritengono che, se il progetto degli «altri» di rendere vuote le carrozzelle avanzasse, il mondo non sarebbe migliore, giacché quel vuoto non sarebbe la fine del dolore dell’uomo ma la fine del «senso» della sua vita. E allora la Madonna di Lourdes — che ci è amica, molto amica — avrebbe ancora da fare: anzi, avrebbe da fare di più, molto, molto di più.