15 giugno 2015
di Massimo Introvigne
Il 14 giugno 2015 Papa Francesco ha incontrato i partecipanti al del Convegno diocesano della Chiesa di Roma, che iniziava i suoi lavori sul tema «Noi genitori testimoni della bellezza della vita». L’incontro è stato occasione per richiamare la dottrina della Chiesa sul matrimonio e la famiglie, e per denunciare ancora una volta le «colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima» e «distruggono la società», «idee strane» insegnate nelle scuole contro cui «la famiglia deve agire».
«Gesù ha promesso di essere presente», ha esordito il Papa, quando ci si riunisce nel suo nome: e di fatto è presente e «ci parla anche oggi». «Chiediamo allo Spirito Santo i doni di grazia necessari perché la nostra vita corrisponda pienamente alla Parola di Dio». Il Pontefice ha anche fatto notare che le previsioni meteorologiche che annunciavano pioggia erano sbagliate: o forse no, perché c’è stata una piazza piena, una vera «pioggia di famiglie in Piazza San Pietro».
Roma, ha proseguito Francesco, «a seguito di alcune ben note vicende ha bisogno di una vera e propria rinascita morale e spirituale». Alla radice di queste vicende non c’è solo il problema individuale di qualche amministratore, ci sono il relativismo e la perdita della fede. «Sembra che tutto sia lo stesso, che tutto sia relativo, che il Vangelo sia sì una bella storia di cose belle, è bello leggerlo, ma rimane lì un’idea, non tocca il cuore».
La corruzione viene da un relativismo che si diffonde a partire dalle scuole. Parlando a braccio, Papa Francesco ha rivolto il pensiero ai «nostri ragazzini che incominciano a sentire queste idee strane, queste colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima, e la famiglia deve agire contro di queste. Mi diceva due settimane fa una persona un uomo molto cattolico, bravo, giovane che i suoi ragazzini andavano nella prima o seconda elementare e che alla sera lui e la sua moglie tante volte dovevano ricatechizzare i bambini da quello che portavano a casa da alcuni professori della scuola» e da certi libri che erano diffusi.
«Queste colonizzazioni ideologiche fanno tanto male e distruggono una società, un Paese, la famiglia». La migliore testimonianza contro il relativismo è offerta dagli sposi cristiani. «Con il vostro rapporto coniugale – ha detto il Papa –, esercitando la paternità e la maternità, voi donate la vostra vita e siete la prova che vivere il Vangelo è possibile e rende felici». Come fa spesso, Francesco ha proposto tre parole ai genitori: vocazione, comunione e missione.
Parlando della vocazione, il Pontefice ha spiegato che «da Dio deriva ogni paternità e possiamo aggiungere anche maternità. Tutti siamo figli ma diventare papà e mamma è una chiamata di Dio». La vocazione degli sposi cristiani comporta due aspetti: «amarsi totalmente e senza riserve» e «trasmettere la vita». Così gli sposi diventano «in modo del tutto speciale immagine e somiglianza di Dio. Diventare papà e mamma – diventare simili a Dio: questo non si dice sui giornali, non appare, ma è la verità dell’amore». Il matrimonio di due sposi corrisponde sempre a una vocazione.
«Dio li chiama dopo avere fatto sperimentare loro la bellezza dell’amore: non la bellezza della passione, la bellezza di un entusiasmo forse passeggero, ma la bellezza dell’amore». E il loro compito è «diventate uomini e donne che credono nell’amore», che credono nella sua bellezza con una «fede quotidiana» che neppure le difficoltà interrompono. Francesco ha detto che «l’amore è bello quando i genitori litigano, perché alla fine fanno la pace».
Sì, l’amore ha una bellezza che «neppure le più grandi difficoltà della vita sono in grado di oscurare. Una volta un bambino mi ha detto: che bello, ho visto i miei genitori che si baciavano». E davvero «i figli hanno bisogno di scoprire che è bello amarsi». Il Papa ha citato il titolo di un vecchio film: «I bambini ci guardano».
«Quando guardano che papà e mamma si amano, i bambini vivono in quell’area dell’amore, della felicità, anche della sicurezza». Al contrario, «quanto soffrono i bambini quando vedono papà e mamma tutti i giorni sgridarsi, insultarsi, perfino picchiarsi. Papà e mamma, quando voi cadete in questi peccati pensate che le prime vittime sono i propri vostri bambini, la propria vostra carne».
«I bambini – ha insistito Francesco – ci guardano: non quando voi insegnate loro qualcosa, ma quando vi parlate l’un l’altro, quando tornate dal lavoro, quando invitate i vostri amici, quando vi riposate. Cercano di cogliere nel vostro sguardo, nei vostri gesti, se siete felici di essere diventati genitori, se siete felici di essere marito e moglie».
Le parole non bastano. «Per un figlio non c’è insegnamento e testimonianza più grande che vedere i propri genitori che si amano con tenerezza, si rispettano, sono gentili tra di loro, si perdonano a vicenda». I figli «prima di abitare una casa fatta di mattoni abitano un’altra casa ancora più essenziale: abitano l’amore reciproco dei genitori». La seconda parola è comunione: cioè unione e comunicazione fra uomo e donna che sono diversi e complementari
«Essere genitore si fonda sulla diversità di essere, come ricorda la Bibbia: maschio e femmina. Questa è la prima e più fondamentale differenza costitutiva dell’essere umano. È una ricchezza: le differenze sono ricchezze». Oggi, ha detto il Papa con un altro trasparente riferimento alle teorie del gender, «c’è tanta gente che ha paura delle differenze, ma sono ricchezze».
«Quando i fidanzati vengono a sposarsi – ha confidato Francesco – a me piace dire a lui: “Non dimenticare che la tua vocazione è fare tua sposa più donna” – e a lei dico: “La tua vocazione è fare tuo marito più uomo”». Gli sposi «si amano nel farsi, nelle differenze, più uomo e più donna». Sbaglia quindi chi critica o sminuisce «la diversità, che non solo diventa complementarietà ma anche reciprocità».
E «questa reciprocità e complementarietà nella differenza è tanto importante per i figli. I figli maturano vedendo papà e mamma, maturano la propria identità» di bambino e di bambina «in confronto con questa differenza». Noi uomini, ha affermato il Pontefice, «impariamo a vedere attraverso le figure femminili che incontriamo nella vita la straordinaria bellezza della donna». Le donne, dal canto loro, imparano che «l’uomo è diverso».
Ma queste due figure diverse, l’uomo e la donna, e l’apprendimento della loro diversità sono fondamentali per l’educazione dei figli. Nelle famiglie ci sono certamente anche patologie. «È molto doloroso quando una famiglia vive una tensione che non si può risolvere». In questi casi, i coniugi «hanno il dovere per sé e per i loro figli di chiedere aiuto, di farsi sostenere», anzitutto da Dio, quindi dai sacerdoti e dalla comunità cristiana. Tante volte si scoprirà che «si possono curare le ferite che ci siamo fatti l’un l’altro in nome di un amore più grande».
A chi invece ha considerato la separazione come inevitabile, il Papa dice «che la Chiesa vi porta nel cuore e che il vostro compito educativo non s’interrompe». Come ha affermato altre volte, il Pontefice ha implorato i separati: «Per favore non usare i figli come ostaggi. Quanto male fanno i genitori che si sono separati quando il papà parla male al figlio della mamma e la mamma parla male del papà – questo è terribile».
Il figlio «impara il brutto cammino dell’ipocrisia, di dire quello che piace a ciascuno per profittarne: ma questo è un male terribile». «I figli sono sacri: non feriteli». Il perdono non è solo fra coniugi. Implica «accettare anche le fragilità e le debolezze dei vostri figli» come «occasione per amarli ancora di più e per farli crescere». Il Papa ha raccontato l’incontro con la mamma di un figlio alcolizzato che tutte le mattine andava a lavorare mentre giaceva ubriaco nel letto, e si limitava a guardarlo.
«Senza dire una parola se ne andava e questo sguardo della mamma ha salvato il figlio». Gli sposi e i genitori cristiani sono anche protagonisti – è la terza parola chiave – della missione. «Voi – ha detto il Papa – siete collaboratori dello Spirito Santo che ci sussurra sempre le parole di Gesù. Siatelo per i vostri figli, siate missionari dei vostri figli». La prima missione è in casa, «soprattutto nell’età della pre-adolescenza quando la ricerca di Dio si fa più consapevole e le domande esigono risposte».
L’ultima parola di Papa Francesco è stata per i nonni. Il Pontefice ha riferito di avere chiesto delle statistiche e avere appreso che «a Roma gli anziani sono il 21,5% della popolazione», una grande città con «617.635 nonni». Ma in questa città «i nonni nella famiglia hanno un posto e dignità?». Forse un posto sì, perché tanti «con la mancanza di lavoro vanno dai nonni a prendere la loro pensione», ma la domanda rimane: «i nonni che sono la saggezza, che sono la memoria di un popolo hanno un posto degno?».
Non dimenticate, ha chiesto il Papa che «i nonni che hanno salvato la fede in tanti Paesi dove era proibito praticare la religione e portavano di nascosto i bambini a farsi battezzare e insegnavano le preghiere». Pensiamoci quando ci viene da dire: «I nonni sono noiosi, parlano sempre dello stesso, mettiamoli in casa di riposo». Certo, qualche volta l’istituto o l’ospedale diventano indispensabili. Ma devono essere una misura ultima. Per tutti, «i nonni a casa sono una ricchezza».