di Franco Cardini
Le crociate non sono mai state “guerre di religione”, non hanno mai mirato alla conversione forzata o alla soppressione degli infedeli. Eccessi e violenze compiuti nel corso delle spedizioni – che ci sono stati e non vanno dimenticati – debbono tuttavia esser valutati nel quadro della normale ancorché dolorosa fenomenologia degli eventi militari e sempre tenendo presente che alcuna ragione teologica li ha giustificati.
La crociata corrisponde a un movimento di pellegrinaggio armato lentamente affermatosi e sviluppatosi nel tempo – fra XI e XVIII secolo – che dev’essere inteso inserendolo nel contesto del lungo incontro fra la Cristianità e Islam, che ha prodotto positivi risultati culturali ed economici (come si giustifica altrimenti la notizia di frequenti amicizie e addirittura alleanze militari tra cristiani e musulmani nella storia delle crociate?).
L'”ideologia” della crociata si è affermata e costruita lentamente, a partire dal diritto canonico del Duecento, per consolidarsi solo in età moderna alla luce delle lotte tra Europa cristiana e turchi ottomani. La polemica illuminista contro le crociate nel nome della tolleranza religiosa – ha fatto sì che le crociatesiano state considerate, a torto, antenate delle guerre di religione e delle guerre ideologiche.
Un contributo alla chiarificazione è giunto adesso dal libro di L’invenzione delle crociate (ed. Einaudi) di Cristopher Tyerman, medievista dello Hertford College di Oxford. Egli non dimostra certo che le crociate non sono ami esistite: si limita a far capire come, nel corso del primo secolo di quello che noi oggi usiamo definire “movimento crociato”, esso non vi fu; né vi fu niente di quella che noi siamo soliti definire “idea di crociata”.
La spedizione – in parte pellegrinaggio, in parte campagna militare – conclusasi nel 1099 con la conquista di Gerusalemme da parte di alcune migliaia di cavalieri, di armati e di pellegrini provenienti dall’Europa occidentale, condusse certo alla formazione di una monarchia feudale nel territorio silopalestinese – il “regno franco di Gerusalemme” – e fu salutata fin dal suo nascere da un talora disorientato entusiasmo, ma non fondò alcuna consuetudine.
Non c’era la crociata. C’erano e cruce signati, coloro che avevano partecipato alla spedizione, si erano impegnati a farlo con una promessa solenne e per questo recavano ben in vista sulle loro vesti il simbolo dfella croce secondo una tradizione ch’era già tipica del pellegrinaggio. Ma la parola “crociata” non esisteva, e si sarebbe dovuto aspettare le fine del medioevo perché divenisse d’uso comune.
La cosiddetta “seconda crociata” si mosse dall’Europa solo circa mezzo secolo dopo la prima: la distanza d’una vita umana media, all’epoca. Nessuna tradizione “crociata” si stabilì quindi, né allora, né più tardi. Solo nel corso del Duecento il papato assunse la gestione del movimento, che aveva ancora nomi incerti: iter, peregrinatio, expeditio, più tardi passagium,poi ancora negotium crucis e crux cismarina (“croce pellegrina” l’avrebbe chiamata un poeta italomeridionale del tempo di Federico II, Rinaldo d’Aquino).
Fu per successivi passaggi, per ulteriori “successive approssimazioni”, che si arrivò a un diritto della crociata, a una sua dusciplina canonistica e fiscale, a un suo allargarsi anche degli obiettivi: dalla conquista (o riconquista)dei Luoghi Santi a spedizione militare contro i nemici musulmani, poi contro i “pagani” in genere, quindi contro i cristiani eretici, infine contro i nemici politici della Santa Sede.
Per un paradosso abbastanza impressionante, la crociata assunse forma giuridica e “masslmediale” definitiva solo quando ormai le speranze di riconquistare Gerusalemme erano ormai state abbandonate, e si espresse soprattutto – fra XV e XVIII secolo – contro i turchi ottomani. In tal modo si può dire che apologeti e propagandisti prima, storici poi, concorsero in un arco di tempo durato più di mezzo millennio alla costruzione di una “ideologia” che venne chiarita e articolata addirittura attraverso una nutrita trattatistica, ma che rispetto agli eventi del 1095-1099 che per noi stanno a fondamento della crociata ha tutti i caratteri della manipolazione e della “eterogenesi dei fini”.
Il tyerman mostra come nell’Europa tardo medievale e protomoderna si costruisse una talora confusa, sempre comunque duttile e dinamica “cultura ella crociata”, che dal diritto passò alla letteratura, alla musica, alle arti, alla propaganda popolare, al sentire comune, alimentandosi di gesti, di riti, di tradizioni: sino alle polemiche illuministiche e al revival romantico che consacrò la crociata al mondo dei presupposti delle avventure colonialistiche, con tutto il loro bagaglio culturale che sarebbe andato a costruire l’esotismo; e a più recenti e più scopertamente strumentali revivals politici, come quelli durante le due guerre mondiali o la guerra civile di Spagna del 1936-39. Ma la parola “crociata”, che avrebbe riempito di sé i secoli successivi, non venne poi neppure pronunziata in quel lungo periodo che da Goffredo di Buglione giunge fino a San Luigi, e che noi continuiamo a immaginare “l’età della crociata” per eccellenza.
Proprio questo è ciò che c’interessa di più in questa sede. Che rapporto c’è fra l’idea di crociata, il movimento crociato e la costruzione dell’identità europea? é stato scritto che le spedizioni crociate furono la prima guerra comune degli europei contro un nemico esterno. In un certo senso, è vero. Ed è anche vero che la crociata presiedette in qualche maniera anche al nascere e all’articolarsi del sentimento nazionale, primo vagito dell’Europa come “arcipelago di nazioni” consce delle loro reciproche distinzioni eppur ben consapevoli dell’unità culturale che le teneva insieme, la fede cristiana e l’eredità romana.
Una fonte cronistica peraltro un po’ dubbia sostiene che alla partenza per la cosiddetta “terza crociata”, alla fine del XII secolo, i guerrieri-pellegrini si servirono come contrassegno di croci di differente colore: rossa i francesi, bianca gli inglesi, verde i fiamminghi. Più tardi, fra XV e XVI secolo, le “leghe sante” presiedute di solito dal papa unirono gli stati europei nel comune sforzo contro i turchi.
Da questo punto di vista, il “congresso di mantova” del 1460, voluto da Pio II, fu uno degli atti di nascita dell’Europa moderna. Una realtà, questa da non intendersi in senso totalizzante: le crociate non “fecero l’Europa”, che fra l’altro affonda le sue radici in due scismi, quello “d’Oriente” dell’XI secolo e la Riforma del XVI. Ma l’Europa, va caratterizzata da e per quel che unisce gli europei, o per quello che, se non proprio li divide, quanto meno li distingue?
Anche questo è argomento di riflessione necessaria.