La Nuova bussola quotidiana
9 Aprile 2018
Da un lato il regno saudita sta introducendo una nuova edizione ufficiale del Corano con annessa interpretazione da seguire. E’ un modo per evitare che gli jihadisti lo leggano e insegnino a modo loro. Dall’altro, il primo ministro del Qatar confessa all’ambasciatore russo come il suo paese abbia foraggiato le primavere arabe.
di Souad Sbai
Le due anime del mondo arabo islamico continuano a dilatare le distanze, non solo perché proseguono nella loro politica degli opposti schieramenti ma anche e soprattutto perché ogni mossa che compiono ne appesantisce il divario.
Succede infatti che l’Arabia Saudita due giorni fa faccia una cosa fino a solo qualche mese fa impensabile: ha infatti pubblicato per la prima volta nella storia il Corano con allegata interpretazione da seguire. Poca roba potrebbe dire chi pensa che il testo fondamentale dell’islam sia comunque interpretabile, ma a ben ragionare ci si rende conto che non è esattamente così, e per due ordini di motivi.
Primo che a corredare il testo dell’interpretazione è l’Arabia Saudita, che in campo islamico è ritenuto Paese guida, la quale così facendo azzoppa sul nascere ogni tentativo da parte di gruppi salafiti di propagandare una ‘propria’ interpretazione del Corano. L’interpretazione jihadista e aggressiva che Bin Salman sta tentando da tempo di sradicare.
Non c’è più, dunque, da questo momento, la possibilità, per chi voglia interpretare il testo in maniera difforme di farne propaganda in maniera palese; rimane ovvia l’obiezione di chi fa notare come in questo modo qualsiasi interpretazione sia di fatto bloccata, anche quelle innocue, ma se questo serve per troncare ogni anelito di radicalizzazione delle parole il fine giustifica fattivamente i mezzi.
Come è successo anche in Italia, dove alcuni hanno tradotto in maniera del tutto personale il Corano rendendolo così permeabile alla giustificazione di ogni atteggiamento assimilabile al proselitismo della fratellanza islamista.
Mentre accade questo, deflagra nel mondo arabo (per carità solo in quello perché i media mainstream nostrani nemmeno si sognano di farne parola) l’intervista dell’ex ambasciatore russo in Qatar, Vladimir Titorenko che a Russia Today Channel ha reso noto come il primo ministro qatarino ai tempi della primavera araba Hamad bin Jassem abbia confermato il coinvolgimento di Doha nel provocare la caduta del regime libico di Gheddafi.
In seguito al rovesciamento del regime di Mubarak in Egitto, spiega l’ex ambasciatore, il Qatar aspirava a controllare la regione araba e ha apertamente ammesso di aver tentato di destabilizzare la Siria e l’Egitto fornendo denaro e assistenza alle frange terroristiche.
E il diplomatico, citando sempre le parole di Hamad bin Jassem, spiega che il Qatar avrebbe speso 137 milioni di dollari nel tentativo di rovesciare il regime di Assad sin dall’inizio della guerra in Siria. Insomma, è un’ammissione piena e completa di quanto il Qatar abbia sin dall’inizio della primavera araba tramato per la destrutturazione del mondo arabo e degli equilibri fino a quel momento capaci di garantire stabilità globale.
Ed ecco che emerge ancora una volta uno dei tanti aspetti che hanno portato alla crepa diplomatica e culturale fra una parte di mondo arabo e l’altra, che si sfidano sul filo delle accuse di sostegno al terrorismo internazionale, e al proselitismo jihadista in Occidente (Dawa) che ha fatto danni incalcolabili, di cui il Qatar è destinatario. E su cui le parole dell’ex ambasciatore russo a Doha mettono un tassello dal peso specifico ormai non più interpretabile.