Osservatorio Internazionale cardinale Van Thuân
sulla Dottrina sociale della Chiesa
Newsletter n.1137 del 29 Dicembre 2020
Un dialogo a distanza con il prof. Enrique Colom.
di Stefano Fontana
Il prof. Enrique Colom è un grande teologo moralista ed esperto di Dottrina sociale della Chiesa. Molti e importanti i suoi saggi su tematiche di Dottrina sociale, inquadrati dentro la teologia morale cattolica, della quale aveva scritto un noto manuale in quattro volumi: “Scelti in Cristo per essere santi”. A lungo docente presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma, oggi risiede a Santiago del Cile e opera all’interno della Universitad de Los Andes.
Ho avuto modo di conoscerlo e di intrattenermi più volte con lui, apprezzando le sue molte qualità umane, sacerdotali e di studioso. Sono anche stato onorato di contribuire con un mio scritto al volume di ringraziamento edito in occasione del suo ritiro dall’insegnamento [Il peccato delle origini e il problema politico della modernità, in AA.VV., La persona al centro del Magistero sociale della Chiesa. Omaggio al Rev. Prof. Enrique Colom Costa, a cura di P. Requena e Martin Schlag, EDUSC, Roma 2011, pp. 115-132].
Nell’ultimo fascicolo della rivista della Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce, il prof. Colom pubblica un articolo [Encíclica Laudato si’ y las autonomía de las realidades terrenas, “Annales thelogici”, 34 (2020) 1] per confutare le tesi di quanti hanno sostenuto che essa sarebbe entrata in ambiti non consoni al magistero della Chiesa. Data l’importanza dell’argomento, mi permetto di entrare in amichevole dialogo con l’Autore.
L’argomentazione del prof. Colom segue questo sviluppo. La Laudato si’ viene intesa in perfetta continuità con tutta la Dottrina sociale della Chiesa e siccome quest’ultima rispetta l’autonomia delle realtà terrene, anche l’enciclica di papa Francesco lo fa. L’articolo quindi si dedica a ribadire la visione corretta del giusto rispetto dell’autonomia delle realtà terrene, che non impedisce che la Chiesa ne parli ma richiede che ne parli dal punto di vista morale e religioso, e poi mostra come i due temi dell’ecologia e dell’economia vengano trattati dalla Laudato si’ secondo queste corrette modalità.
Prima di proseguire, faccio subito notare un punto che riprenderò in seguito. L’attenzione dell’articolo è rivolta a mostrare che la Laudato si’ non ha invaso il campo dell’ecologia e dell’economia sovrapponendovi le proprie logiche, ma non esamina l’aspetto contrario, ossia che le logiche profane dell’ecologia e dell’economia siano fatte proprie dalla Laudato si’, ossia che il magistero abbia parlato non con le categorie morali e religiose della propria tradizione ma con categorie politiche, attingendo al linguaggio degli scienziati sociali di moda oppure dei mass media.
Tornando allo sviluppo dell’argomentazione dell’articolo, l’Autore riferisce il pensiero di alcuni scienziati sociali – Amartya Sen, Stefano Zamagni, Jeffrey Sachs ed altri – secondo i quali l’ecologia e l’economia non bastano a se stesse ma richiedono un pensiero olistico e una adeguata antropologia, il che esprimerebbe una richiesta di entrare in dialogo con la morale e la religione e conferirebbe alla Chiesa una cittadinanza in questi ambiti profani secondo una “unione senza confusione”.
A mio avviso questa ricostruzione del problema non tiene conto di due elementi. Al primo ho già accennato: il problema non è che la Laudato si’ attui una invasione del campo religioso nel campo profano ma, al contrario, che accetti una invasione di campo da parte del piano profano. Il secondo riguarda la continuità tra questa enciclica e il precedente magistero sociale: mentre il prof. Colom non ha dubbi sulla continuità, io qualche dubbio ce l’ho.
Secondo lui l’enciclica rispetta appieno il corretto rapporto tra sopra-natura e natura mentre secondo il mio parere concede il fianco al naturalismo. Ma riprendiamo ora i due punti in modo più organico. L’enciclica Laudato sì è ricca di espressioni che sembrano prese non dal vocabolario del magistero ma da quello della cronaca giornalistica.
Essa fornisce una serie di dati – soprattutto nella prima parte di esame della situazione, ma non solo – che vengono assunti come accreditati mentre invece non lo sono. Si tratta per la gran parte di opinioni o addirittura di luoghi comuni. Suscita grande perplessità la convalida in una enciclica pontificia di una teoria, quella del riscaldamento globale prodotto dall’uomo, che è negata da autorevoli scienziati ed è oggetto di discussione tra gli esperti.
Nel XII Rapporto del nostro Osservatorio [Cantagalli, Siena 2020 – leggi qui ] abbiamo esposto molte argomentazioni dalle quali risulta la completa inattendibilità scientifica di questa ipotesi. Il problema della Laudato si’ si pone quindi su due livelli: quello del linguaggio adoperato e quello dei contenuti proposti, in ambedue i casi è più il mondo che parla piuttosto che la Chiesa.
Le raccomandazioni morali dell’enciclica tengono conto della situazione storica attuale che la stessa enciclica descrive in modo sintetico. Ora, se questa ricostruzione è viziata dall’ideologia, anche le “direttive d’azione” ne risulteranno inquinate. Se la situazione è descritta nell’enciclica allo stesso modo in cui la descrive Greta Thunberg (o Jeffrey Sachs), anche le proposte operative saranno assimilabili a quelle della giovane attivista mondialista e delle cospicue forze che l’hanno inventata e la promuovono.
Questa assunzione da parte dell’enciclica del linguaggio e dei contenuti in voga oggi nel mondo, è stata giustamente criticata da molti studiosi di Dottrina sociale della Chiesa. Mi limito a ricordare qui quanto affermato dal prof. Woodall, docente alla Pontificia Università Regina Apostolorum: “Occorre distinguere molto bene la dottrina sociale vera e propria dalle semplici opinioni personali di un pontefice sulla portata di certi sviluppi storici e da affermazioni di stampo scientifico-tecnico: due realtà che restano nettamente al di fuori della competenza del Magistero della Chiesa, che si limita a dottrine e insegnamenti de rebus fidei et morum…
Altrettanto estranee a questa dottrina sono le affermazioni che sembrano constatare una “conferma papale” del riscaldamento climatico, che invece è un fenomeno da verificare” (Dottrina sociale della Chiesa, Fede & Cultura, Verona 2018, p. 22. VEDI QUI. Il volume fa parte della Collana “Teologia Ecclesiale” diretta dal prof. Don Mauro Gagliardi).
Questo aspetto della invasione di campo del profano nel religioso, come se le parole del papa gli fossero dettate dalle idee sociali e politiche oggi dominanti nei centri di potere mondiali, è collegato con l’altro di cui si parlava sopra, ossia la continuità della Laudato sì con la Dottrina sociale della Chiesa precedente. Ho già osservato che il prof. Colom considera questa continuità come scontata e questo, credo, lo trattiene dall’esaminare l’invasione di campo del profano nel religioso a cui ho appena fatto riferimento.
Ma a ben vedere questa continuità può essere debitamente essere messa in dubbio. Come ho avuto modo di osservare in un articolo di tono giornalistico [vedi qui], nella Laudato si’ – ma la cosa potrebbe essere osservata validamente in tutto il magistero di Francesco – non c’è traccia di un approccio metafisico ai problemi sociali, soprattutto non viene più adoperata la distinzione tra natura e sopra-natura.
Il punto di vista è storico ed esperienziale e questo segna una considerevole discontinuità con il passato. Una primaria conseguenza è che la constatazione della situazione storica ed esperienziale viene fornita soprattutto dalle scienze sociali che così aumentano il proprio ruolo rispetto alla filosofia e perfino alla teologia. Lo statuto di queste discipline, però, non è rigoroso sicché le infiltrazioni ideologiche diventano più facili.
Nasce così il linguaggio proprio della Laudato si’, spesso ambiguo, talvolta allusivo, sempre da interpretare e, soprattutto, molto (troppo) dipendente dal linguaggio impreciso dell’esperienza e dai dati altrettanto imprecisi delle scienze sociali. Ne consegue che ampie parti di questo documento non possono essere considerate magistero ma opinione.
La cosa era già capitata in passato, ma in misura largamente inferiore a quanto capita nell’attuale pontificato, il che induce a pensare ad una discontinuità di notevole portata.