Giulio Meotti Newsletter 6 Dicembre 2024
Fate prima a dire una città dove Maometto non è il primo nome tra i nati. Altro che “complotto”, la demografia è come la lancetta che segna le ore. E scandisce l’ascesa e la caduta delle civiltà
di Giulio Meotti
I dati demografici sono the last man standing, vince l’ultimo che resta in piedi. Aveva ragione Alfred Sauvy, cattedra al College de France, un’autorità immensa nel campo degli studi demografici, a osservare che la demografia è come la lancetta corta dell’orologio: sembra immobile ma è la più importante, è quella che segna le ore e che scandisce l’ascesa e la caduta di una civiltà. E come diceva quindici anni fa su ABC Miguel Ángel Ruiz Spínola, un missionario salesiano in Pakistan, “l’islamizzazione dell’Europa è iniziata ed è qui”.
Si è discusso tanto di Brexit, ma la Gran Bretagna era già uscita non dall’Europa, ma dall’Occidente, senza attendere il responso delle urne: semplicemente col responso dei reparti di maternità.
Prima gli statistici si sono presi la briga di riunire tutte le varianti con cui è chiamato a seconda della provenienza geografica: Muhammad (Pakistan), Muhammed (Africa), Mohammed (Arabia), Mohammad (Iran e Afghanistan) e ancora Mohamed e Muhammadu. E così si è scoperto che Maometto superava Oliver, Jack, Daniel e tutti gli altri nomi nell’attuale famiglia reale come George, Harry o William.
Ma non è facile districarsi fra Mohammed, Muhammad, Mohammad, Muhammed, Mohamed, Mohamad, Muhamed, Mohammod, Mahamed, Muhamad, Mahammed e Mohmmed.
Ora però Muhammad per la prima volta è diventato il nome più popolare fra i nuovi nati nel Regno Unito. Non sommando tutte le varianti, soltanto “Muhammad”. Non era mai accaduto.
Nominate una grande città europea: Mohammed è sempre il primo. Sarebbe allora più facile elencare le città dove non lo è. Praga? Budapest? Cracovia? Bratislava
Sicuramente ancora molte città italiane. Ma ci arriveremo.
L‘Inghilterra ha appena attraversato una soglia demografica: i bianchi britannici non rappresentano più la maggior parte delle nascite e a Londra, la diversità domina ridefinendo l’identità nazionale. Gli inglesi bianchi rappresentano solo il 55,7 per cento delle nascite, mentre a Londra costituiscono solo un quinto di neonati. La capitale incarna questa trasformazione radicale in cui la diversità etnica ridefinisce l’identità nazionale dalle prime generazioni e in cui le minoranze diventano maggioranza. Le famiglie di origine indiana, pakistane e bengalese rappresentano il 19,3 per cento delle nascite. Una svolta demografica senza precedenti. Con il 44,3 per cento delle nascite da minoranze etniche, il Regno Unito mostra un rapido cambiamento demografico, osservato in particolare in grandi agglomerati. Resta da vedere se questi nuovi popoli saranno in grado di coesistere sulla stessa terra. “Chi chiede l’apertura delle frontiere è perché ritiene che l’avventura occidentale sia finita”, dichiara Pascal Bruckner.
Intanto il sito americano di satira Babylon Bee titola: “‘Allahu Akbar’ sostituisce ‘Cheerio, Mate!’ come saluto più popolare nel Regno Unito” (Cheerio, Mate sta per goodbye, arrivederci).
Mohammed è il secondo nome più popolare fra i nuovi nati in tutta l’Olanda (è da anni primo nelle quattro principali città, l’Aia, Amsterdam, Rotterdam e Utrecht).
Il primo nome a Berlino, il primo ad Amburgo, il primo a Brema, il primo a Duisburg ed Essen (a Duisburg i musulmani sono anche maggioranza nelle scuole), il primo a Oslo, il primo a Göteborg, il primo a Bruxelles, il primo ad Anversa, il primo a Vienna, il primo a Malmö…
Yasir Qadhi, un teologo americano di origine pakistana con un dottorato in teologia a Yale, ha previsto che in una sola generazione Malmö avrà una maggioranza musulmana. “Camminare per le strade di Malmö è come camminare per Baghdad o Damasco”.
E poi dicono che la “Grande Sostituzione” è un complotto di destra.
Mohammed è il secondo nome in Catalogna (a Barcellona Mohammed va fortissimo). Nel 2002, soltanto 146 neonati catalani si chiamavano Mohammed.
La storia corre velocissimo sulle gambe della demografia. E da Mohammed a Sharia4Belgium non ci vuole molto. Perché “l’islamismo è solo un Islam che ha fretta”, come ha detto Rémi Brague.
E ancora: Mohammed non è solo il primo nome in molti dipartimenti francesi, ma persino in una cittadina irlandese.
“Sono molto preoccupato” dice a Vanity Fair il filosofo Alain Finkielkraut. “Penso che siamo entrati in una crisi dalla quale non sono sicuro che potremmo riprenderci. Siamo sfidati da un’immigrazione incontrollata e stiamo attraversando un cambiamento demografico senza precedenti nella nostra storia. Di fronte a questa sfida, gran parte dell’élite sta reagendo con un’autoflagellazione sistematica e delirante. E quando una parte di un popolo perde il desiderio di rimanere fedele a se stesso, la situazione è gravissima”.
Nell’Île-de-France parigina, la più popolosa delle 18 regioni francesi, il numero di neonati con un nome islamico è del 33,6 percento, in aumento del 7,7 percento in un decennio. Il dipartimento di Seine-Saint-Denis ha il 58,3 percento di tutti i neonati con un nome musulmano.
E lo vediamo anche in Italia, da Milano a Torino.
Mohammed è il nome maschile più popolare per i neonati in diverse regioni della Germania. Lo ha stabilito la Società per la lingua tedesca (GfdS). Si va dallo Schleswig-Holstein alla Renania Settentrionale-Vestfalia.
Nelle scuole delle grandi città tedesche, la percentuale di studenti musulmani supera ampiamente l’80 per cento: Berlino, Francoforte, Offenbach, Duisburg, Essen. Toni Kroos – uno dei più famosi calciatori al mondo – ha deciso di rimanere a vivere in Spagna senza tornare in Germania. “Ci piace molto stare in Germania, penso che sia ancora un grande paese ma non è la Germania di qualche anno fa”.
Non c’è bisogno di avere una laurea in statistica per capire che non viviamo più negli stessi paesi dove siamo nati e cresciuti. Basta un po’ di curiosità e sfogliare i bollettini comunali che in tutta la Francia registrano chi viene al mondo e di chi va al Creatore.
Per il dipartimento della regione di Parigi, i dieci nomi più dati ai neonati maschi sono, nell’ordine, Mohamed, Adam, Ibrahim, Isaac, Imran, Ismaël, Amir, Issa, Yanis e Rayan. Per le ragazze: Nour, Lina, Aya, Inaya, Fatoumata, Sofia, Aïcha, Alya, Sarah e Yasmine. In Francia nessuno chiama più “Marie” la propria figlia (sono passate dal 20 per cento all’1 per cento in un secolo, il secolo che ha spazzato via la Cristianità).
Con il 10 per cento di una popolazione responsabile del 23 per cento delle nascite totali (negli anni Sessanta, la cifra era dell’1 per cento) è in corso una dinamica di rapida sostituzione etnica, culturale, sociale e religiosa.
Mohammed è il primo nome a Manchester, il primo a Nottingham, il primo a Leicester, il primo a Luton, il primo a Bradford…Ovunque gli stessi numeri nelle più grandi città britanniche. Nel censimento del 2011 c’erano 2,7 milioni di musulmani (4,9 per cento). Nel censimento del 2021, 3,9 milioni di musulmani (6,5 per cento). Un aumento del 44 per cento in soli dieci anni. L’Islam raddoppia ogni nuovo censimento.
Pierre Martinet, a lungo un agente del DGSE, il servizio segreto francese, per il quale è stato preso in ostaggio in Libia (ci ha scritto un libro), ha detto:
“Non hanno la nostra stessa nozione del tempo, l’Occidente sta guardando, ma loro hanno tempo e andranno fino alla fine. Questa famosa Grande Sostituzione di cui alcuni parlano, io preferisco parlare di progetto islamista. Sto parlando dell’Europa e i progressi sono davvero molto buoni. Sono assolutamente realista. Non lo vedrò, sarò morto prima di allora. La mia generazione forse non lo vedrà. Ma in 50-70 anni tutta l’Europa sarà islamizzata. Questa forza ideologica è più importante di qualsiasi cosa possiamo fare. E noi siamo diventati deboli di fronte a ciò”.
“Mohammed è il quarto nome più popolare fra i nuovi nati in tutta Europa”. Lo rivela una ricerca europea, analizzando i vari dipartimenti di statistica. E così entro il 2100 un europeo su quattro sarà musulmano, mentre le grandi città avranno una maggioranza islamica entro il 2050.
Nelle maggiori città europee ci siamo praticamente già: da Bruxelles (“l’Islam è la prima religione”) a Marsiglia (“al 40 per cento musulmana”) a Birmingham (al “30 per cento musulmana”)…
“Siamo noi a cambiarvi”, ha detto l’imam norvegese Krekar. “Ogni donna occidentale nell’UE produce in media 1,4 figli. Ogni donna musulmana negli stessi paesi produce 3,5 bambini. Il nostro modo di pensare si rivelerà più potente del vostro”.
Pierre Manent, il grande studioso di Tocqueville e Machiavelli, questa settimana alla tv di Le Figaro dice: “Il numero dei musulmani in Europa non può crescere al ritmo attuale altrimenti ci troveremo di fronte a tragedie che nessuna versione di laicità potrà controllare”.
Come fare a controllare questo gigantesco fenomeno storico, questa è la domanda. Ma negarlo è sicuramente la strada per la tragedia.
Intanto, mentre cambia la demografia, cambia anche l’idea stessa di libertà, e in peggio.
Lo spiega l’ex ministro dell’Interno Suella Braverman sul Telegraph di oggi:
“Tecnicamente parlando, il reato di blasfemia è stato abolito in Gran Bretagna dal Criminal Justice and Immigration Act del 2008. Tuttavia, un numero crescente di incidenti suggerisce che una legge ombra sulla blasfemia si è insinuata nella nostra psiche nazionale, imposta non da uno statuto ma da un cocktail tossico di correttezza politica, politica identitaria e codardia istituzionale. Questa non è semplicemente una cattiva interpretazione della legge e della libertà; è una minaccia esistenziale alla libertà di parola e al tessuto della società britannica. Diciotto mesi fa, la Kettlethorpe High School di Wakefield è diventata il palcoscenico di un dramma surreale e inquietante. Un ragazzo autistico ha accidentalmente rovinato una copia del Corano. Si è trasformata in una resa dei conti pubblica. Il preside ha convocato la polizia. Un incontro simile a un tribunale della sharia si è svolto in una moschea, dove la madre del ragazzo è stata costretta a scusarsi di fronte a un pubblico composto esclusivamente da uomini, le azioni del figlio sono state considerate così gravi che la polizia ha registrato un incidente d’odio. Tale assurdità orwelliana dovrebbe appartenere alla finzione, ma è realtà nella Gran Bretagna multiculturale del XXI secolo. Questo non è un caso isolato. Dalla fatwa di Rushdie all’insegnante di Batley costretto a nascondersi per aver utilizzato una vignetta di Maometto come parte di una lezione sulla libertà di parola, uno schema è chiaro. Il Primo Ministro, lungi dal difendere il principio britannico di dibattito solido e aperto, sembra approvare tacitamente questa tendenza. Quando gli è stato chiesto in Parlamento se avrebbe preso in considerazione l’idea di vietare la profanazione dei testi religiosi, Keir Starmer ha promesso di affrontare ‘l’islamofobia in tutte le sue forme’. Cosa significa? Sembra pericolosamente vicino all’approvazione di una legge sulla blasfemia, privilegiando l’islam rispetto alle altre religioni. Chiariamo: la Gran Bretagna è un paese cristiano. Eppure non esiste una legge che protegga il cristianesimo da scherni o insulti, né dovrebbe essercene. Il principio si estende a tutte le fedi, o almeno dovrebbe esserlo. Perché è accettabile ridicolizzare l’induismo ma non l’islam? Perché gli insulti ai simboli ebraici vengono ignorati, mentre un Corano rovinato diventa un caso di polizia? Come possono i cristiani essere arrestati per una preghiera silenziosa, mentre la folla cancella i film ritenuti offensivi per i musulmani? Questi doppi standard sono insostenibili. Generano risentimento, divisione e, in ultima analisi, l’erosione delle libertà che ci definiscono. Le nostre istituzioni, dalla polizia alla stampa, sono sempre più intimorite dalla politica identitaria. Vedono la critica all’islam non come una parte legittima del discorso pubblico, ma come una minaccia all’armonia sociale. Questo non è solo sbagliato; è pericoloso. Senza la libertà di criticare e mettere in discussione, la società diventa fragile. La posta in gioco è alta. Se non usiamo la nostra libertà di parola, la perderemo. E quando ciò accadrà, non avremo nessuno da incolpare se non noi stessi”.
L’Islam avanza ovunque in Europa e ovunque avanza tutto viene islamizzato sulla sua strada. Quanto agli inglesi, Nigel, Angus e Paddy un giorno saranno nomi che leggeremo soltanto in quei magnifici cimiteri di campagna cantati dai poeti.
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