Le origini dello Stato Pontificio (680 ca.-824)

I.D.I.S. – Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale

Voci per un Dizionario del Pensiero Forte

Stato_pontificio

di Francesco Pappalardo

1. La divisione politica della penisola italiana

Nel 476 finisce l’impero romano d’Occidente, dopo che Roma è stata saccheggiata prima, nel 410, dai visigoti di Alarico (370 ca.-410) e poi, nel 455, dai vandali di Genserico (m. 477), mentre la parte orientale dell’impero sopravvive attorno a Costantinopoli, la Nuova Roma creata dall’imperatore Costantino I il Grande (280 ca.-337) dove sorgeva la vecchia Bisanzio.

Con una guerra quasi ventennale (535-553) l’imperatore Giustiniano I (482-565) elimina la presenza ostrogota in Italia, ma l’invasione dei longobardi del 568 rompe definitivamente l’unità politica della penisola e apre la strada a una distinzione fra il Regnum longobardo, con capitale Pavia – che si frazionerà in ducati sempre più autonomi -, e i territori bizantini. Anche questi ultimi si frammentano in una serie di nuclei locali, alcuni dei quali – l’Esarcato di Ravenna e il Ducato di Calabria, comprendente parte della Puglia e la Calabria – restano sotto il governo dell’impero d’Oriente e altri divengono di fatto ducati autonomi.

È il caso di Venezia, di Napoli, di Gaeta, di Amalfi, di Sorrento e del Ducato Romano, che fra le terre di dominazione bizantina è quella dai confini più incerti, diviso dal corso del Tevere fra la Tuscia romana, a nord del fiume, e la Campania laziale, a sud.

2. Il Patrimonio di San Pietro

Fin dall’età di Papa san Leone I Magno (440-461) la popolazione romana può contare per la difesa dai barbari soltanto sul prestigio del suo vescovo, quale successore degli apostoli Pietro (m. 64 ca.) e Paolo (m. 58/68 ca.), e sulla sua azione protettrice. I romani continueranno a guardare al Pontefice piuttosto che al governatore imperiale come al proprio naturale difensore, anche dopo la riconquista operata da Giustiniano, la cui Prammatica Sanzione, una costituzione imperiale del 554, riorganizzando il governo bizantino in Italia, amplia i poteri attribuiti negli anni precedenti ai vescovi, fino a dar loro la veste di magistrati cittadini.

Davanti all’avanzata dei longobardi, mentre l’esarca di Ravenna rivela la sua impotenza, Papa san Gregorio I Magno (590-604) è il solo che riesca a tutelare efficacemente l’incolumità di Roma, sia con preparativi militari sia con trattative diplomatiche. Egli assume praticamente il governo della città, pur continuando a riconoscere l’autorità di Bisanzio.

All’epoca la Chiesa romana dispone non solo di un immenso prestigio spirituale ma anche di ricchezze fondiarie rilevanti, costituite dalle donazioni offerte “a san Pietro” da fedeli di ogni condizione sociale ed economica. Queste proprietà sono organizzate in grandi aziende agrarie, ognuna delle quali, definita patrimonium, costituisce un organismo autonomo, gestito da un rector, alto funzionario dell’amministrazione centrale pontificia nominato direttamente dal Pontefice.

Il così detto Patrimonium Sancti Petri, esteso nei primi secoli ben oltre l’ambito peninsulare, è limitato, nel secolo VII, dopo le conquiste longobarde e le confische bizantine, all’Italia Centrale, in una continuità – rappresentata dal costante modello organizzativo dei singoli patrimonia – che travalicava le distinzioni politiche fra i regni romano-barbarici e i territori imperiali.

La Chiesa costituisce così una grande e complessa struttura, con personale numeroso, vaste proprietà e un’ampia serie di competenze, ben prima di assumere la responsabilità del governo temporale. Quando, nel corso del secolo VIII, si pone alla guida dello sforzo di emancipazione dell’Italia da Bisanzio, le riesce facile adattare le proprie istituzioni alle necessità di un governo su scala maggiore.

3. La nascita della respublica

Alla fine del secolo VII l’Italia bizantina è guidata, sul piano politico, sociale ed economico, da uomini le cui famiglie e la cui fortuna sono legate sempre più a comunità locali ben definite. Si è sviluppata una nuova aristocrazia militare e, insieme a essa, una complessa struttura sociale che non discende più necessariamente dai vertici dell’impero.

Nelle singole province, con esclusione di Ravenna, le popolazioni locali, in grande maggioranza costituite da coltivatori legati al patrimonio ecclesiastico, si legano sempre più alla Chiesa, l’unica istituzione in grado di favorire quella ordinata e pacifica convivenza sociale che né i bizantini né i longobardi potevano garantire. L’amministrazione ecclesiastica, che aveva sempre utilizzato con la massima liberalità per opere di carità e di assistenza i redditi e i prodotti delle sue proprietà – per questo denominate res pauperum Christi -, è portata naturalmente a venire sempre più largamente incontro ai bisogni della popolazione, assumendosi anche quelle attività d’interesse collettivo fino ad allora svolte dai poteri municipali e statali.

Nella lettera scritta nel 739 da Papa Gregorio III (731-741) a Carlo Martello (689 ca.-741), maestro di palazzo dei franchi, compare per la prima volta la locuzione populus peculiaris beati Petri, riferita alle popolazioni del Ducato Romano, del Ravennate e della Pentapoli, un’area fra la Romagna e le Marche, che sono il “gregge” del Papa – oppure il suo “gregge smarrito” quando tali terre venivano conquistate dai longobardi -, e che vivono insieme in una respublica di cui san Pietro è il protettore e l’eroe eponimo.

Nel 726, l’imperatore Leone III Isaurico (717-741) scatena la lotta contro il culto delle immagini – iconoclastia -, aprendo una grave crisi religiosa che dura vari decenni e che in Italia scuote il potere bizantino già traballante. Alla condanna di Papa Gregorio II (715-731) segue la rivolta delle province della penisola contro i funzionari imperiali che tentano di far applicare il decreto sulle icone.

La politica religiosa dell’imperatore, la pressione fiscale crescente, le missioni punitive compiute dai bizantini allentano i legami fra la penisola italiana e Costantinopoli. È ormai necessario staccarsi da Bisanzio e nello stesso tempo difendersi dai longobardi: uno dei capi naturali di questa causa è il Pontefice romano che, a partire dal 680 circa, si oppone o guida l’opposizione a qualsiasi intromissione bizantina e nello stesso tempo organizza la difesa della penisola contro i re di Pavia.

Il pericolo maggiore è rappresentato dal re longobardo Liutprando (m. 744) che, rispolverando l’antico sogno dei suoi predecessori di unificare la penisola, sconfigge ripetutamente i bizantini e minaccia Roma. Tuttavia, di fronte all’ostilità delle popolazioni sottomesse e dei Pontefici, per ben due volte preferisce evitare l’urto frontale, restituendo al Ducato Romano, per la prima volta chiamato apertamente respublica, il castrum di Sutri, nella Tuscia romana, nel 728, e, nel 742, quattro città da lui occupate e una parte dei patrimoni della Chiesa in Sabina, sottratti dai duchi di Spoleto oltre trent’anni prima.

Queste restituzioni vengono compiute “per donationis titulo”, con un formale atto regio, e sono destinate “beato Petro apostolorum principi”; nelle trattative il Pontefice agisce non solo come vicario di san Pietro ma anche come rappresentante del populus romanus.

4. L’affermazione

Lentamente ma senza incertezze i Papi guidano il movimento che porta all’emancipazione della respublica di san Pietro dall’impero d’Oriente. Fra il 730 e il 750 il Pontefice diventa definitivamente l’erede dei bizantini, anche se restavano dubbi sulla capacità del giovane Stato di resistere ai longobardi e sull’estensione dei suoi confini. Saranno i sovrani franchi a dar risposta a entrambi gl’interrogativi, difendendo la “repubblica” e contribuendo a definirne i limiti territoriali.

Infatti, nel 754, di fronte alle minacce del re longobardo Astolfo (m. 756), Papa Stefano II (752-757) – consapevole del fatto che dalla salvezza del popolo romano e della Città Eterna dipendeva il libero esercizio della missione universale della Chiesa – si reca a Ponthion, in Francia, alla corte di Pipino il Breve (714-768), re dei franchi, sollecitandone l’aiuto e stipulando un patto di amicitia. L’alleanza, perfezionata a Quierzy-sur-Oise, presenta elementi religiosi – perché istituisce un rapporto di parentela spirituale fra san Pietro, tramite il suo vicario, e la monarchia detta poi carolingia da Carlo Magno (742-814), ed è fondata su legami cristiani di pace e di carità – e implicazioni di natura pratica, aventi valore pubblico e giuridicamente vincolante.

Il Pontefice incorona Pipino e gli concede il titolo onorifico di Patricius Romanorum, ottenendo in cambio la protezione militare del Patrimonio di san Pietro. Gli accordi saranno confermati da tre imperatori, il carolingio Ludovico il Pio (779-840), nell’817, Ottone I di Sassonia (912-975), nel 962, e sant’Enrico II, pure di Sassonia (973-1024), nel 1020.

L’intervento di Pipino induce prima Astolfo e poi il suo successore Desiderio (m. 774) a cedere al Pontefice numerosi territori, comprese Ravenna e la Pentapoli; anche in questo caso si parla di restitutio alla respublica Romanorum e non ai bizantini, dai quali dipendevano formalmente. Nel 774 Papa Adriano I (772-795) si rivolge al re franco Carlo Magno, che scende in Italia e sconfigge re Desiderio, che minacciava Roma.

Con le concessioni territoriali del 781 e del 787, dirette e generose, Carlo Magno amplia i confini della “repubblica” – accresciutasi negli anni precedenti con l’annessione del vecchio ducato di Perugia e di una parte della Tuscia longobarda -, andando ben oltre le specifiche e articolate rivendicazioni papali. Nell’824, Papa Eugenio II (824-827) e Ludovico il Pio stabiliscono nella Constitutio romana quello che avrebbe dovuto essere l’assetto definitivo delle loro relazioni personali e diplomatiche.

5. La “donazione di Costantino”

Nella seconda metà del secolo VIII, molto probabilmente fra il pontificato di Stefano II e quello di Adriano I, quando il potere pontificio si è esteso ormai a tutte le terre bizantine dell’Italia Centrale, viene compilato – forse da un ecclesiastico romano residente in Laterano, allora sede del governo pontificio – un falso documento, la così detta “donazione di Costantino”. Il Constitutum Constantini intende illustrare una grande donazione dell’imperatore Costantino a Papa san Silvestro I (314-335) all’inizio del secolo IV, concernente il palazzo del Laterano, i simboli della carica imperiale, compresa la corona, e le province occidentali dell’impero con la città di Roma.

È opinione diffusa che il documento sia stato redatto per legittimare le “usurpazioni” dei Papi in Italia, ma questo argomento non è determinante, perché i franchi non richiedevano alcuna legittimazione. Pipino, come dichiara egli stesso agli ambasciatori greci nel 756, fa le sue donazioni al Pontefice per amore di san Pietro e per ottenere la remissione dei suoi peccati. D’altra parte, i bizantini, cinici e sofisticati, non avrebbero degnato di alcuna considerazione il Constitutum, che non rappresenta tanto una giustificazione quanto una descrizione dell’emancipazione del Papato dall’impero d’Oriente.

La conquista dell’autonomia avviene anni prima che Pipino metta piede in Italia, così che i franchi non contribuiscono affatto a liberare il territorio romano dai bizantini, piuttosto salvano la “repubblica” quando rischia di essere eliminata dai longobardi. Anche Papa Stefano II, rivolgendosi ai franchi, non si richiama mai al Constitutum ma alla divina Provvidenza, che aveva affidato ai franchi la protezione della Chiesa. Al momento della sua redazione il documento è quasi interamente privo di valore giuridico o di effetti pratici, ma può essere valutato come un segno della lucidità con cui il Laterano percepiva, e riteneva giustificato, il proprio dominio e la propria indipendenza.

A partire dal secolo VIII la “repubblica” di san Pietro non è solo lo “Stato dei Papi” ma anche, e soprattutto, un’entità politica autonoma, dotata di proprie strutture di governo, di un popolo peculiare e di un territorio che sarebbe servito, anche nelle mutate circostanze dei secoli successivi, come garanzia della libertà della Chiesa nello svolgimento della sua missione evangelizzatrice, indipendentemente dall’estensione del territorio sotto la sua giurisdizione.

Per approfondire: vedi don Louis Duchesne (1843-1922), I primi tempi dello Stato pontificio, 1898, trad. it., con un’introduzione di Giovanni Miccoli, Einaudi, Torino 1967; Thomas F. X. Noble, La Repubblica di San Pietro. Nascita dello Stato pontificio (680-825), 1984, trad. it., ECIG, Genova 1998; per un inquadramento del periodo, vedi Longobardi e bizantini, vol. I della Storia d’Italia diretta da Giuseppe Galasso, UTET, Torino 1980.