A Bruxelles come a Madrid sulle strade contro le adozioni gay
di Marina Corradi
In piazza per ribadire ciò che ai semplici pare un’evidenza: i figli hanno bisogno di un padre, e di una madre. Ma questa convinzione non appare più così condivisa. Quel che parrebbe a prima vista un dato di realtà – i bambini nascono da una donna, e da un uomo, e la famiglia è questo, una donna e un uomo uniti stabilmente e i loro figli da educare – viene contestato in nome della non-discriminazione degli omosessuali.
Dopo la Spagna, dunque, il Belgio, che già da tre anni ha legalizzato i matrimoni omosessuali, il Belgio alfiere della legittima eutanasia, il battistrada in Europa di quelle politiche legislative “liberal” portatrici di tutti i diritti e le pretese della più trionfante cultura individualista. Quella cultura che si riconosce nelle parole del regista spagnolo Pedro Almodovar all’indomani delle riforme di Zapatero: “Finalmente lo Stato riconosce la realtà. Finalmente gli uomini e le donne potranno scegliere di vivere secondo le proprie inclinazioni e desideri”.
E dunque la riforma in progetto, in Belgio, pare il chiaro segno dell’avanzare di questo “riconoscimento della realtà”. La realtà evidente è, veramente, che i figli nascono da una donna e da un uomo; ma l’affermazione di Almodovar si può leggere nella chiave data da Hannah Arendt, secondo la quale la caratteristica della modernità è il dubbio e il risentimento “contro tutto ciò che è dato, anche contro la propria esistenza”.
Che l’uomo nasca da un padre e da una madre, e che crescendo abbia bisogno di entrambi, è in effetti principio sempre più contestato, e oggetto quasi di una rancorosa acredine, e non solo nella Spagna di Zapatero o in Belgio, ma anche in Italia, per esempio dagli accaniti sostenitori della fecondazione eterologa, nel referendum sulla legge 40.
Il rifiuto del dato di realtà sull’uomo – quella che accompagna l’umanità da sempre, non quella immaginata da Almodovar – è un vento che soffia forte in Occidente. Intrecciato, quando si allarga alla pretesa di adozione di figli da parte di coppie omosessuali, a una tendenza a rendere “oggetto” il figlio – tendenza anche questa parallela alla pretesa di legalizzazione di ogni e qualsiasi forma di fecondazione assistita. I figli – obsoleto il tempo in cui era un “dovere” averne – sono considerati “diritto” incontestabile per chiunque e comunque, al di là di ogni impossibilità biologica.
E ciò che si ha “diritto” a possedere non è infine, per quanto lo si possa poi vezzeggiare e coccolare, altro che una “cosa” – non un essere umano. I figli pretesi da chi teorizza il diritto alla più libera provetta e quelli delle riforme spagnola e forse belga si assomigliano: oggetto del libero desiderio degli adulti.
A Bruxelles come a Madrid si assiste però allo scendere in piazza di chi continua a vedere nell’uomo un’evidenza anteriore e originaria, un essere sempre e comunque persona, non disponibile ad alcuna adunca pretesa di possesso. Anche a Bruxelles le strade si sono riempite di quei semplici, non disposti a dimenticare questa verità.
Le piazze contro i legislatori, come ribelli all’imposizione di una classe dirigente che si crede élite culturalmente all’avanguardia. Il che ricorda l’esito del nostro referendum. Il che potrebbe, se qualcuno lo volesse ascoltare, suonare come un richiamo ai palazzi della politica, da non sottovalutare.