Andrea Bartelloni
Proprio nel ritmo del racconto, si alternano le descrizioni del sistema concentrazionario sovietico con quello nazista, la tragedia del gulag e la tragedia degli ebrei deportati. Strazianti infatti le descrizioni delle condizioni di vita nei lager nazisti e di una poesia uniche nella loro drammaticità le pagine che descrivono la morte nelle camere a gas.
Nel romanzo troviamo tratteggiato nei minimi dettagli il sistema sovietico con un filo conduttore: la delazione. I personaggi principali si trovano a dover fare i conti anche con le loro frasi apparentemente più banali ma che erano registrate da un sistema infernale al quale non sfuggiva niente. L’amico, l’amante, il collega di lavoro erano sempre pronti a tradirti.
Il tutto inserito nel periodo storico della battaglia di Stalingrado descritta da chi è stato corrispondente di guerra che ha seguito l’Armata Rossa fino in Germania. Da grande giornalista descrive pagine con un ritmo incalzante e con un realismo che ti fa entrare in prima persona nella battaglia che deciderà le sorti della seconda guerra mondiale.
Ma torniamo ai personaggi principali: uomini e donne eroici ma travolti dall’ideologia dove il male la fa da padrone e sembra essere vincitore anche se il libro si conclude lasciando aperta la porta alla speranza che salva.
Grossman conclude il suo imponente romanzo nel 1960. Prima di Solzenicyn e di Shalamov inaugura il samizdat e parte del suo romanzo arriva in modo rocambolesco in Occidente dove sarà pubblicato negli anni 80. Leggere Grossman è trovarci tutto quello che poi gli altri grandi dissidenti scriveranno con una nota in più: il parallelo tra comunismo sovietico e nazionalsocialismo.
Confronto che trova difficoltà ad essere accettato anche oggi e che sicuramente costò molto a Grossman e spinse Kruscev a cercare di eliminare il manoscritto, i nastri della macchina da scrivere, le carte carbone, tutto ciò che poteva aiutare a ricostruire il grande e lungo romanzo. Il manoscritto non fu distrutto e gli archivi dell’ex Kgb lo hanno restituito alla figlia del grande scrittore russo nell’estate del 2013.
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