Juan Donoso Cortés,
Marchese di Valdegamas
Ho appena ricevuto la sua lettera del 13, contemporaneamente a un’altra scritta il 14 da un amico intimo di Mon e di Pidal (1), secondo cui il suo ritiro dalla vita pubblica è probabile. Si è offerta a Mon la Legazione di Vienna, ma non l’ha accettata. Credo che sia per il meglio, e cioè che non potrà tardare a tornare trionfalmente. Sartorius passerà al Ministero degli Esteri e Quinto entrerà a far parte del Gabinetto (2).Posso riferirLe come è nato in Narvàez il proposito di dirigere personalmente la riforma degli affari di Stato.
Tale progetto è antico e non lo ha concepito da solo. Quando la scorsa estate si decise a chiamare Orlando e Mon (3), Narvàez volle consultarsi sulla situazione estera con uno dei miei amici, molto esperto in materia. Questo amico, volendo adularlo, gli disse: “Perché non potrebbe essere Lei il ministro degli Esteri? C’è bisogno di un uomo di grande risolutezza e di grande autorità che ponga fine agli abusi, e Lei possiede ambedue le qualità”.
Narvàez rimase immobile, come se fosse stato assalito da un subitaneo pensiero; ma la crisi era grande, urgeva una soluzione, ed egli non osò assumersi da solo l’impresa. Chiamò Mon: però quell’idea rimase impressa nella sua mente. Questa stessa idea si è andata sviluppando lentamente e pare che sia arrivata a maturazione. Narvàez possiede l’istinto che muove a grandi cose; può essere un grande governante come è un grande guerriero: ma lo perderanno le sue cattive compagnie.
Se con la sua volontà di ferro e le sue enormi capacità si mettesse a capo del Governo con il deciso proposito di circondarsi di un piccolo numero di uomini onesti ed esperti, si potrebbe dire senza presunzione che salverebbe lo Stato, per il bene della Nazione e per la sua stessa gloria. Ma se Narvàez continua, per sua disgrazia, ad associarsi ai Pastor, ai Bermùdez (4), e ad altri simili parassiti, si perderà e perderà il Paese.
Assolutamente convinto che questa sarà la sua condotta, affermo senz’altro che siamo perduti.
Sempre ho nutrito tale convinzione. Mai mi sono i lasciato ingannare dalle apparenze di tranquillità e di calma in Spagna. Una nazione corrotta fino alle midolla delle ossa, tanto in alto quanto in basso, deve fatalmente soccombere, il giorno più impensato, in una maniera o in un’altra. Generalmente si crede che il socialismo non sia penetrato in Spagna : errore, errore profondo. Il giorno in cui si saranno rotte le dighe, vedrete qui più socialisti che a Parigi, e mi chiederete con spavento da dove sono usciti questi mostri. Io non saprò dirvelo. In Spagna ogni novità è accettata immediatamente, e tutto ciò che penetra in Spagna, subito arriva al più assoluto estremismo.
Il carattere storico degli Spagnoli è l’esagerazione, in tutto: esageriamo nei vizi e nelle virtù, nelle cose grandi e nelle piccole; abbiamo esagerato nella perseveranza fino a lottare per sette secoli contro gli Arabi; abbiamo esagerato nell’odio di razza fino a sterminare gli Ebrei; abbiamo esagerato nel sentimento religioso fino a creare l’Inquisizione; ci manca solo di esagerare nel socialismo, e certamente lo faremo. Allora vedrete ciò che sono gli Spagnoli innamorati di un’idea, buona o cattiva che sia.
* * *
Dresda, 17 settembre 1849
Avete ragione su quel che dite: la vita di Narvàez è, per disgrazia, minacciata. Temo una improvvisa catastrofe. Voi sapete che tra Narvàez e me non può esistere né amicizia, né simpatia; per i nostri caratteri, per i nostri gusti, per la nostra maniera di vedere e apprezzare tutte le cose, siamo ai poli opposti. Però sono giusto e imparziale: Narvàez è la colonna che sostiene l’edificio; il giorno che la colonna cadrà, crollerà tutto l’edificio. Per questa ragione ho prestato a Narvàez in ogni circostanza un appoggio sincero e disinteressato.
JUAN DONOSO CORTES
NOTE
* Mentre Donoso Cortés era ambasciatore di Spagna a Berlino, Athanasius conte di Raczynski (1788-1874) era ambasciatore di Prussia a Madrid. Tra i due nacque una grande amicizia che portò a una corrispondenza importante, per il suo contenuto politico.
(1) Alejandro Mon (1801-1882) e José Pedro Pidal (1800-1865), ministri nei governi Narvàez, l’uno delle finanze, l’altro degli interni e poi degli esteri, si distinsero per le importanti riforme, specie il Mon per quella tributaria che porta il suo nome.
(2) José Luis Sartorius (1820-1861) combattè la reggenza del generale Baldomero Espartero dal giornale l'” Heraldo ” da lui fondato. Ministro degli interni in uno dei gabinetti Narvàez, fu un grande riformatore dell’amministrazione pubblica. Francisco Javier Quinto (1810-1860) politico e scrittore, fu vice presidente del parlamento.
(3) Francisco de Paula Orlando, economista e politico, fu ministro delle finanze in uno dei gabinetti Narvàez.
(4) Luis Maria Pastor (1810-1872) esponente liberale, economista, difese alle Cortes la dottrina del libero scambio. Nel 1853 divenne ministro delle finanze. Manuel Bermùdez de Castro (1811-1870) esperto in problemi finanziari, si oppose alle teorie economiche del Mon. Fu ministro delle finanze, degli interni e degli esteri.