di Massimo Introvigne
Il 7 gennaio 2015 si è spenta a Parigi una luce sull’Europa, e Dio solo sa quando mai sarà riaccesa. I terroristi – qualunque sia la congrega di tagliagole cui davvero appartengono – hanno mostrato di poter colpire non solo in Iraq o in Siria, non solo nei luoghi nomadi dove si viaggia in aereo o in metropolitana, ma di giorno, in una grande città, nella sede di un giornale, cioè in uno di quei luoghi che ci sembrava potessero godere di un qualche statuto di zona franca. Ma non esistono più zone franche: ogni luogo, ogni uomo, ogni donna è un obiettivo di questa guerra maledetta.
Sì, la luce si è spenta. Si è spenta sui sogni di Hollande,di Obama, dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite, e anche dei nostri politici italiani di potersi permettere di non occuparsi dell’ISIS, del califfo, di al-Qa’ida che si riorganizza e che forse, a un anno dalla rottura con il Califfato, sta riannodando le fila di un grande cartello del Male che raduni tutti i terroristi dell’ultra-fondamentalismo islamico.
Ci si illudeva in Francia, ci si illude anche da noi che, se non ci occupiamo dei terroristi, se non mandiamo neppure un soldato a combattere in Medio Oriente o a difendere i cristiani massacrati e crocefissi o le donne della minoranza yazida violentate e vendute come schiave – perché ogni soldato che torna a casa in una bara fa perdere voti al governo che lo ha mandato a combattere – i terroristi ci lasceranno in pace. Ma se noi non ci occupiamo dei terroristi, i terroristi si occupano di noi, e torna a casa in una bara chi è semplicemente andato a lavorare nel centro di una delle nostre capitali.
Possiamo condannare, deprecare, firmare appelli, ma le chiacchiere stanno a zero e si combatte il terrorismo solo andandolo a estirpare nei suoi santuari, con gli stivali delle truppe sul terreno e non con la semplice propaganda o i droni di Obama. Altrimenti diamo ragione a Osama bin Laden, il quale sosteneva che tra chi non vuole rischiare di morire e chi ama la morte vince sempre il secondo – e il primo muore comunque.
Sì, la luce si è spenta. Si è spenta su chi non ha capito la lezione di Benedetto XVI a Ratisbona e oltre Ratisbona, che non offendeva affatto l’Islam – chi ha risposto alla satira di «Charlie Hebdo» con gli omicidi è un miserabile farabutto, e tuttavia i discorsi di Papa Ratzinger e le vignette non sono sullo stesso piano – ma lo invitava a riannodare le fila di un dialogo fra fede e ragione partendo dalla sua stessa tradizione, senza rinnegarla ma nello stesso tempo senza rifiutare di vederne gli aspetti oscuri e problematici.
Non hanno capito quella lezione i buonisti per cui tutti i musulmani sono amanti della pace, gentili e magari amici degli animali e dei fiori. Ma non l’hanno capita neanche i «cattivisti» che oggi se la prendono con Papa Francesco perché non hanno mai letto Papa Benedetto, il quale affermava anche, il 28 novembre 2006, che il dialogo con i musulmani «non può essere ridotto ad un extra opzionale: al contrario, esso è una necessità vitale, dalla quale dipende in larga misura il nostro futuro».
Sì, la luce si è spenta. Si è spenta sui politicanti estremisti e sciacalli di tutte le risme, i quali sperano di lucrare su queste tragedie per fare i martiri con il sangue degli altri alla ricerca di un miserabile tornaconto elettorale, o per arruolare anche i poveri morti di Parigi in rese dei conti ecclesiastiche che oggi hanno di mira Papa Francesco, accusato di inventare un dialogo con l’islam che invece già Benedetto XVI definiva «non opzionale», cioè obbligatorio.
Mantenere i nervi saldi quando la luce si spegne è molto difficile. Ma chi sa vedere nel buio comprende che la «strategia Francesco» che Papa Bergoglio ha più volte proposto di fronte alle stragi dell’ISIS è l’unico modo ragionevole di rispondere a questa criminale follia. Non è delegando a qualche generale medio-orientale con gli stivali sporchi di sangue la repressione insieme dell’islam politico e dei diritti umani nel suo Paese, e non è strillando in piazza che tutti i musulmani sono terroristi che si disinnesca l’ultra-fondamentalismo assassino.
Al contrario, lo si alimenta, e si spengono altre luci. Oriana Fallaci, poco prima di morire, aveva riferito che Benedetto XVI in un colloquio privato con lei aveva definito il dialogo con il mondo islamico «impossibile ma obbligatorio». In giornate come quella di oggi il dialogo sembra davvero impossibile. Ma è solo trovando interlocutori islamici disposti non a rinnegare la propria storia e la propria identità ma a cercare con fatica al loro interno le ragioni per condannare e isolare i terroristi che questi assassini potranno essere davvero sconfitti. È la strategia di Papa Francesco, era la vera strategia di Papa Benedetto. È la strategia più difficile. Ma non ce ne sono altre.
Benedetto XVI ama ricordare un proverbio della sua terra, la Baviera. Quando la luce si spegne si possono fare due cose: maledire l’oscurità, che non serve a nulla, o accendere una fiammella. Oggi ci sembra che anche la fiammella serva a poco. Ma se ognuno di noi accende la sua fiammella, alla fine tornerà la luce. Alla fine non avremo più paura del buio, e potrà perfino capitare che sia il buio ad avere paura di noi.