22 Febbraio 2019
di Elijah J. Magnier
Tradotto da: Alice Censi
Su Twitter, il posto prescelto dal presidente degli Stati Uniti per svelare la sua politica estera e le decisioni di stato, Donald Trump ha chiesto a Gran Bretagna, Francia, Germania e altri paesi alleati europei di “riprendersi gli oltre 800 militanti dell’ISIS catturati in Siria”, provenienti da 44 paesi, e se ciò non avvenisse, lui “ sarà costretto a liberarli” senza specificare dove e in quale paese. Trump non è più disposto a lasciar passare del tempo in attesa “che altri (i paesi europei) facciano il loro lavoro”.
Questo è quello che palesa l’ amministrazione americana in politica estera e nei confronti dei suoi alleati. Gli Stati Uniti avevano chiesto all’Europa, al Canada, all’Australia e ai paesi del Medio Oriente di mandare le loro truppe in Siria a “combattere l’ISIS”. Ma prima ancora, alcuni anni fa, gli Stati Uniti avevano chiesto ai paesi europei di lasciar partire i potenziali jihadisti alla volta della Siria e dell’Iraq e all’Arabia Saudita e alla Giordania di aprire le loro prigioni e perdonare i jihadisti affinchè potessero raggiungere la loro tanto ambita destinazione, il Levante, per distruggere così lo stato siriano e creare una situazione di “stato fallito”. Questi desideri però non poterono essere realizzati e il presidente Bashar al-Assad non fu rimosso in 3, o al massimo 6 mesi, come era stato previsto nel 2011.
Oggi il mondo deve fare i conti con un nuovo rebus: cosa farne di quelli che abbiamo aiutato a raggiungere la Siria per terrorizzare, sottoporre a violenze, uccidere la popolazione e che adesso vogliono tornare nei loro paesi d’origine? E’ chiaro che l’amministrazione americana non ha alcuna intenzione di aiutare l’Europa a risolvere il problema dei suoi rifiuti umani che hanno abbracciato lo Stato Islamico proprio come volevano gli Stati Uniti. Fino a questo momento, migliaia di membri dell’ISIS sono riusciti a tornare in Europa e molti di più sono rientrati nei loro paesi d’origine in Medio Oriente, Asia e Africa.
Sono dei combattenti (alcuni di loro erano stati anche incarcerati nei loro paesi d’origine), che avevano risposto alla chiamata e raggiunto la Siria e l’Iraq con l’aiuto dei servizi segreti occidentali e dei loro alleati per unirsi alla jihad e aggregarsi al Califfato di uno “Stato Islamico”. Viaggiavano verso il Levante per molte ragioni: per raggiungere un famigliare o degli amici, per amore dell’avventura, per l’adrenalina che scorre quando hai a disposizione delle armi per uccidere, per trovare una o più mogli, per far parte di un gruppo più accogliente e caloroso (in Medio Oriente gli incontri sociali e famigliari sono più intimi e affettuosi che in Europa).
Pochissimi avevano una discreta conoscenza dell’Islam prima di arrivare a destinazione, meno ancora erano quelli che conoscevano gli insegnamenti islamici, gli Hadith (racconti sulla vita del profeta Maometto) e le leggi islamiche. Ma molti di loro hanno in comune una cosa : hanno ucciso migliaia di iracheni e di siriani.
L’Europa e i paesi del Medio Oriente agevolavano “i corridoi della jihad” che portavano in Siria soprattutto attraverso la Turchia le cui autorità vedevano di buon occhio l’immigrazione jihadista. L’aeroporto di Ankara aveva dei corridoi speciali per ospitare i militanti appena arrivati e poi mandarli a est. L’obbiettivo era quello di dividere la Siria e l’Iraq. Il mondo restava a guardare impassibile mentre l’ISIS accumulava enormi risorse finanziarie: rubava dalle banche centinaia di milioni di dollari in oro e denaro, vendeva petrolio, infrastrutture e manufatti alla Turchia, incassava enormi somme di denaro dalle tasse che imponeva sui servizi, le case, l’elettricità, l’agricoltura, i transiti delle auto, gli scambi di merci e da altre fonti che garantivano enormi entrate nelle zone che controllava.
Il presidente Obama ebbe il coraggio di dire che non voleva inquinare l’aria della Siria e dell’Iraq bombardando i trasporti di petrolio dell’ISIS. Dal 2014 al 2015 gli Stati Uniti apparentemente combatterono l’ISIS in Siria ma il territorio che quest’ultimo dominava continuava a espandersi e prosperare. Fu necessario l’intervento russo che iniziò a settembre del 2015 per distruggere queste autocisterne e ridurre così il flusso di petrolio rubato verso la Turchia e in conseguenza le entrate dell’ISIS.
E’ possibile che il leader dell’ISIS Abu Bakr al-Baghdadi abbia seguito l’esempio di Saddam Hussein che aveva nascosto delle risorse finanziarie e delle armi in vista di tempi difficili. I servizi di intelligence iracheni sono convinti che l’ISIS abbia dato vita a molte imprese private per continuare a poter disporre del denaro necessario a finanziare le sue insurrezioni e il reclutamento. Secondo fonti di informazione interne alle forze di sicurezza irachene, l’Unità di Intelligence Irachena ha arrestato decine di cellule collegate all’ISIS che gestivano beni per centinaia di migliaia di dollari per il gruppo.
L’ISIS è anche presente in grotte e posti nel deserto che unisce la Siria con l’Iraq. Decine di attacchi meno spettacolari ma significativi avvengono ogni mese nelle province di Salahoddine, Nineveh, Diyalah, Kirkuk e nelle montagne Hamrin-Makhol e causano la morte di decine di iracheni. Questo mese l’ISIS ha rapito 19 iracheni lungo i confini con l’Arabia Saudita (Ar’ar Nakheyb) nel deserto di al-Anbar. Sei corpi sono stati trovati finora. L’ISIS infatti ha bisogno adesso di colpire il più possibile con attacchi terroristici per dimostrare di essere vivo e capace. Non sarebbe così strano che avvenissero parecchi attacchi insurrezionali in Medio Oriente anche se l’ISIS sta perdendo tutto il suo territorio.
Ma le insurrezioni dell’ISIS non sono così lontane dall’Europa dove ogni attacco procura al gruppo molta più pubblicità e lo aiuta a rafforzare la sua propaganda. Gli attacchi di Parigi e Bruxelles (tanto per nominarne un paio) diedero una gigantesca sensazione di potere ai fans dell’ISIS. Questi attacchi furono organizzati dal comando dell’ISIS a Raqqa. Così il ritorno di centinaia di militanti dell’ISIS in Europa creerà un gran problema a quei leaders europei che potrebbero essere tra coloro che hanno mandato questi candidati al terrorismo nel Levante dove poi molti sono diventati dei prolifici assassini in Siria e Iraq. Molti sono anche stati uccisi negli attacchi ma quelli che restano sono quelli che hanno capito meglio come si fa ad uccidere in modo efferato.
L’ISIS è stato sconfitto e le circostanze che gli hanno permesso di crescere nel 2014 non ci sono più. Molti si stanno arrendendo nella loro ultima roccaforte in Siria.Tuttavia la sparizione del territorio dell’ISIS non significa la fine della sua presenza in Medio Oriente, in Europa e nel resto del mondo (soprattutto in Africa occidentale, Libia, Iraq, Egitto, Yemen, Afghanistan e nelle Filippine).
Trump sta mettendo l’Europa in una situazione che rischia di esplodere chiedendole di riprendersi i suoi cittadini e facendo così capire che non vuole consegnare i prigionieri dell’ISIS al governo siriano. Non ci sono in Europa prigioni adatte a ospitarli, nessuno strumento per de-radicalizzarli o curare il lavaggio del cervello a cui sono stati sottoposti. Non ci sono garanzie che i militanti dell’ISIS arrestati non tentino di diffondere la loro ideologia e possano diventare cellule dormienti pronte ad attaccare alla prima occasione.
Ci sono modi per contrastare l’ideologia dell’ISIS usando i suoi stessi strumenti. Il suo credo può essere condannato a livello razionale e religioso dalle autorità religiose islamiche. Il gruppo è stato contestato dagli Ulema, esperti religiosi sunniti, che hanno criticato le sue razionalizzazioni e il suo stato auto-proclamato. Anche al-Qaeda è esposta ad un tale attacco ideologico. Ma quanto queste critiche potranno essere efficaci, non lo si può sapere.
Sebbene il ministro dell’interno francese Christophe Castaner sia pronto ad accogliere i militanti dell’ISIS che tornano in Francia la maggioranza dei paesi europei preferirebbe respingere i suoi rifiuti umani. Non hanno le risorse e le competenze per poter affrontare questi militanti che tornano a casa. Heiko Maas, il ministro tedesco degli esteri, ha commentato così il tweet di Trump: “non è così facile come pensano in America”. Le autorità europee dovrebbero imparare dal governo siriano e da quello iracheno come si fa a combattere l’ISIS se no incontreranno mille difficoltà cercando di evitare e prevenire le metastasi di questo cancro.