La Nuova Bussola quotidiana 16 marzo 2024
Da una ricerca di Gallup emerge che il 7,6% degli adulti statunitensi si identifica come Lgbt. La percentuale cresce nelle generazioni più giovani. Dati che sono l’effetto delle mode e dell’insistente propaganda che presenta l’omosessualità come positiva.
di Tommaso Scandroglio
La prestigiosa agenzia di sondaggi statunitense Gallup ha condotto una ricerca sull’omosessualità negli Usa intervistando 12.000 persone. Dal loro sito possiamo apprendere che «l’identificazione LGBTQ+ negli Stati Uniti continua a crescere, con il 7,6% degli adulti statunitensi [dai 18 anni in su] che ora si identifica come lesbica, gay, bisessuale, transgender, queer o con qualche altro orientamento sessuale oltre all’eterosessuale. La cifra attuale è in aumento rispetto al 5,6% di quattro anni fa e al 3,5% del 2012. […] Gli adulti bisessuali costituiscono la percentuale maggiore della popolazione LGBTQ+: il 4,4% degli adulti statunitensi e il 57,3% degli adulti LGBTQ+ affermano di essere bisessuali».
La crescita è dovuta alle nuove generazioni che sono diventate adulte. Quindi la maggior parte delle persone LGBT sono i ventenni: «Negli ultimi anni si è verificato un aumento dell’identificazione LGBTQ+ quando i membri della Generazione Z e della generazione Millennial sono entrati nell’età adulta. […] Nel complesso, ogni generazione più giovane ha circa il doppio delle probabilità rispetto alla generazione che l’ha preceduta di identificarsi come LGBTQ+. Più di un adulto su cinque della Gen Z, di età compresa tra 18 e 26 anni nel 2023, si identifica come LGBTQ+, così come quasi un millennial su 10 (dai 27 ai 42 anni). La percentuale scende a meno del 5% della Generazione X [dai 43 ai 59 anni], del 2% dei Baby Boomer [dai 60 ai 78 anni] e dell’1% della Generazione Silent [dai 79 anni in su]».
Prosegue il sito di Gallup: «La bisessualità è lo status LGBTQ+ più comune tra la Generazione Z, i Millennial e la Generazione X. […] Nelle generazioni più anziane, gli individui LGBTQ+ hanno maggiori probabilità, o pari probabilità, di dichiararsi gay o lesbiche piuttosto che bisessuali. Le donne hanno quasi il doppio delle probabilità rispetto agli uomini di identificarsi come LGBTQ+, 8,5% contro 4,7%. La bisessualità è la forma più comune di identificazione LGBTQ+ tra le donne, mentre gli uomini hanno la stessa probabilità di identificarsi come bisessuali o gay. […] Quasi tre donne su dieci della Gen Z, il 28,5%, si identificano come LGBTQ+, rispetto al 10,6% degli uomini della Gen Z […]. Se le tendenze attuali continuano, è probabile che la percentuale di identificatori LGBTQ+ supererà il 10% degli adulti statunitensi entro i prossimi tre decenni».
In sintesi: il 7,6% degli adulti statunitensi ha un orientamento omosessuale (il bisessuale è anche omosessuale). La percentuale è in crescita tanto che, se il trend persiste, tra 30 anni il 10% della popolazione si dichiarerà omosessuale. La crescita è dovuta alle nuove generazioni. Più del 20% dei giovani tra i 18 e i 26 anni si dichiara omosessuale. E all’interno di questo gruppo la spinta maggiore viene dalle donne: quasi un terzo di tutte le giovani donne si dichiara LGBT. Forse il dato più impressionante.
Non aumenta l’omosessualità cosiddetta essenziale, “pura” potremmo dire, ma quella ibrida: persona che è sia eterosessuale che omosessuale, ossia bisessuale. Quel 7,6% prima ricordato è composto da un 4,4% di bisessuali e da un 3,2% di omosessuali “puri” o, in misura assai minore, asessuali o queer o altro. E all’interno della comunità LGBT i bisessuali sono più della metà. A guidare questa crescita sono ancora una volta le donne: più del doppio degli uomini quelle che si identificano come bisessuali.
Queste percentuali cosa ci dicono? In primo luogo è di palmare evidenza che l’omosessualità è un fenomeno culturale. Non si nasce gay, lo si diventa. È quindi un costrutto sociale: concetto che, per paradosso, viene usato dalle realtà LGBT per asserire invece che è l’eterosessualità ad essere una sovrastruttura sociale. Il fenomeno LGBT è un fenomeno relativamente recente e quindi interessa soprattutto le nuove generazioni, più sensibili alle nuove mode – perché essere gay è ormai una moda – meno strutturati caratterialmente e quindi più facilmente influenzabili, meno legati ai valori tradizionali, come d’altronde è sempre stato.
Non si può obiettare che tali percentuali ci sarebbero sempre state, ma oggi emergono pubblicamente perché c’è più libertà di espressione su questi temi. L’obiezione non regge – nonostante sia vero che oggi è più facile fare outing – perché i sondaggi di ieri erano anonimi come quelli di oggi. Altra obiezione: una volta la cultura era più bacchettona e quindi comprimeva possibili identificazioni con l’orientamento omosessuale. Risposta: era solo più sana e quindi orientava verso rapporti altrettanto sani, ma agli occhi dei rivoluzionari appare bacchettona.
È invece vero che queste percentuali confermano un meccanismo noto ai sociologi, quello del contagio sociale. Se con insistenza si parla positivamente dell’omosessualità allora sarà più facile identificarsi con questo orientamento. Crescendo il numero di omosessuali dichiarati, sempre più persone saranno portate a diventare omosessuali perché si percepirà l’omosessualità come fenomeno normale, autoalimentando così un processo di crescita. Se non ci fossero stati questi condizionamenti, quelle stesse persone che oggi si dichiarano gay avrebbero condotto serenamente la loro esistenza da persone eterosessuali. Un paio di esempi banali: se domani la maggior parte dei media e dei social parlassero bene della fede cattolica, le chiese tornerebbero a riempirsi. Oggi registriamo una impennata nelle iscrizioni dei corsi di tennis per il fenomeno Sinner. Così come parecchi anni fa le vittorie di Luna Rossa all’America’s Cup spinsero molti a cimentarsi con la vela.
Interessante poi il dato sulla bisessualità che la fa da padrone, soprattutto tra le donne. Questo dato può essere forse ricondotto almeno alle seguenti motivazioni. Sembrerebbe falso affermare che nell’omosessualità prevalga il lato emotivo-affettivo. Parrebbe invece prevalere l’aspetto erotico. La bisessualità sarebbe la prova che le persone si danno al vizio: dopo aver provato l’esperienza sessuale con una persona di sesso diverso, il vizio spinge verso nuove frontiere del piacere. Ciò è comprovato dal fatto che non si vuole abbandonare la o le relazioni con il sesso diverso: se il fattore affettivo fosse preponderante porterebbe, in buona parte dei casi, all’esclusività del rapporto (soprattutto per le donne), sia che fosse omo sia che fosse etero. Un altro motivo è la spinta alla trasgressione: superare il limite della differenza sessuale per sperimentare qualcosa di nuovo, di piacevolmente illecito. Terzo motivo: l’influenza delle campagne ideologiche sulla fluidità. L’omosessuale puro è meno fluido del bisessuale, perché il primo alla fine non è binario in quanto ad attrazione, il secondo invece incorpora contemporaneamente entrambe le attrazioni sessuali.
Il fatto, poi, che la bisessualità sia sensibilmente più presente tra le donne può essere spiegato almeno con le seguenti motivazioni. La prima riguarda l’antropologia che vede le donne, anche dal punto di vista psicologico, diverse dagli uomini. Nelle donne l’amicizia femminile da sempre è stata vissuta in modo più sentimentale, intimo (anche negli anni Ottanta si potevano vedere le adolescenti che si tenevano per mano e di certo non si sarebbero mai dichiarate bisessuali). La spinta culturale delle istanze LGBT congiunta con l’erotizzazione diffusa della società trova allora lì, in quel rapporto più confidenziale tra donne, un pertugio per infiltrarsi nelle giovani menti e, così, quella naturale intimità tra ragazze si erotizza, si trasforma da amicizia ad attrazione fisica. In secondo luogo è noto che il maschio è latitante, che ha perso di virilità, si è femminilizzato (non è più forte, responsabile, maturo, etc.). Inoltre le diffuse campagne di odio contro la figura maschile lo hanno dipinto agli occhi delle donne come un nemico, un mondo da cui tenersi alla larga. La salvezza, il porto sicuro, il luogo di comprensione e affetto allora diventa il mondo femminile, l’unico rimasto. Il rifiuto del maschio, perché non vero uomo e perché potenzialmente pericoloso, ha portato a cercare tra le donne anche il rapporto affettivo ed erotico.
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