di Ernesto Galli Della Loggia
Sono due le questioni al centro della discussione nata dalla conversione al Cattolicesimo di Magdi Allam, nonché dal battesimo in San Pietro impartitogli da Benedetto XVI, che quella conversione ha per così dire ratificato e reso pubblica nel più solenne dei modi.
Vi hanno visto cioè un più o meno esplicito contenuto politico. Prima però di rispondere se il gesto in questione possa davvero essere interpretato così, sarebbe bene riflettere sul fatto che, come in tutte le istituzioni che hanno alle spalle una tradizione secolare (penso alla monarchia britannica ad esempio), anche nella Chiesa cattolica «pubblico » e «politico» non sono necessariamente due dimensioni sovrapposte e/o sovrapponibili.
Spesso la dimensione pubblica, i riti, le celebrazioni, corrispondono a esigenze che piuttosto che con la politica hanno a che fare con una vicenda storico- identitaria; sono cioè la manifestazione e insieme la rivendicazione della propria natura e della propria storia. Si potrà naturalmente obiettare che tra i due ambiti vi è un certo rapporto, ed è senz’altro vero.
Ma è ancor più vero che si tratta di cose assai diverse, le quali implicano intenzioni e prospettive ideali anch’esse assai diverse. Riaffermare pubblicamente chi si è, da quale storia si viene, non vuol dire affatto enunciare per ciò stesso un programma di azione, indicare obiettivi, insomma fare politica nel senso che comunemente si dà a questa parola.
È molto probabile insomma che con il battesimo in San Pietro la Chiesa di Benedetto XVI — il cui pontificato sembra particolarmente sensibile proprio a questo tema — abbia voluto soprattutto riaffermare la propria identità, al cui centro sta, precisamente, la conversione. E cioè il battesimo.
Il Cristianesimo, infatti, lungi dal nascere come una religione etnica, cioè legata vocazionalmente a una determinata popolazione, è nato anzi in polemica con una religione siffatta, nel suo caso rappresentata per l’appunto dall’ebraismo.
Proprio perciò esso dovette inizialmente affidare le sue sole speranze di successo alla spontanea adesione di migliaia e migliaia di uomini e donne, dovendo a null’altro che a tale adesione la sua prima, decisiva diffusione nel mondo. C’è stato e c’è un evidente, intimo nesso tra tutto questo e alcuni tratti cruciali dell’identità culturale cristiana nel suo complesso, a cominciare da quei tratti fondamentali costituiti dalla centralità della persona e dal primato della coscienza.
Il motore storico del Cristianesimo, insomma, così come una delle sue massime dimensioni fondative, è stata la conversione. Ed è plausibile, direi ovvio, che per la Chiesa, la quale della storia cristiana si considera la vera erede, continui a esserlo; e che con il rito in San Pietro essa abbia voluto semplicemente ribadire questo elemento centralissimo della sua identità: a dispetto di ogni opportunismo (questo sì politico!) e di ogni conformismo dei tempi.
Ha senso fargliene una colpa? Tuttavia, si aggiunge —ed è la seconda questione di cui si dibatte—le «bellicose dichiarazioni» rese da Magdi Allam stesso all’indomani del battesimo hanno piegato ad un significato politico la sua conversione, e dunque anche il rito e la partecipazione ad esso del Papa. Certo: bellicose quelle dichiarazioni lo sono state senz’altro.Ma chi punta il dito contro di esse, vedendovi soltanto un clamoroso fraintendimento della natura complessa dell’Islam, e, ancor peggio, una mancanza di carità cristiana, chi fa ciò, non solo, forse, dovrebbe spendere almeno qualche parola sulla terribile condizione personale del dichiarante.
Sul fatto, per esempio, che Allam, sua moglie e i suoi figli vivono ormai da anni una vita non vita, una vita priva di un solo momento di vera intimità e tranquillità, dovendo tutto prevedere e programmare, circondati, 24 ore su 24, da uomini con le armi spianate che stanno lì a ricordargli continuamente il pericolo mortale sospeso sulle loro teste.
Non solo; forse dovrebbe anche chiedersi come mai, di fronte alla violenza delle ripetute condanne a morte giunte dall’islamismo «estremista» ad Allam come a Salman Rusdie, come a Robert Redeker e a tanti altri, come mai di fronte alle «aberranti derive fondamentaliste e terroriste» dell’Islam, in nessuna occasione sia arrivata alle nostre orecchie dallo stesso Islam una voce significativa, alta e forte, di condanna; come mai nessun imam di fama, nessun celebre intellettuale, nessuna importante istituzione o assemblea islamica abbia mai pensato di pronunciarsi in maniera irrevocabile contro tale uso barbarico della fede.
Dovrebbe chiederselo e, se possibile, anche darsi, e darci, una risposta.
(A.C. Valdera)