Tempi n.9
Settembre 2019
Schiaffoni scientifici in faccia a una campagna planetaria prepotente, troppo costosa e pure dannosa. Condotta nel nome di tesi dissennate
di Ernesto Pedrocchi
Nei primi anni Settanta la temperatura globale media (Tgm), parametro principale rappresentativo del clima della terra, dopo un periodo di stabilità o di leggera diminuzione aveva dato netti segni di diminuzione, l’ideologia catastrofista, sempre attiva nel mondo, aveva subito paventato il “Global Cooling”, attribuendo senza appello la colpa all’uomo, l’imputato numero uno era l’energia nucleare.
Verso la fine del decennio e poi negli anni Ottanta e Novanta la Tgm ha iniziato a crescere come era già avvenuto tra ilo 1910 e il 1945. Si è parlato subito di “Gobal Warming”, l’imputato numero uno erano ancora le emissioni antropiche di Co2 (gas serra) conseguenti all’uso di combustibili fossili e si passò presto al “Anthropogenic Global Warming” (Agw).
Dopo il 2000 la Tgm si era all’incirca stabilizzata, ma dal 2014 fino al 2016 fu attivo un forte evento di El Niño, fenomeno naturale noto da millenni che avviene nel Pacifico e che ha comportato un picco di aumento della Tgm. Nel 2017 e 2018 la Tgm è diminuita e sembra stia tornando ai livelli precedenti a El Niño.
L’imputazione alla Co2 antropica dell’aumento di Tgm avrebbe richiesto un’analisi scientifica molto rigorosa, tenendo conto di tutti i parametri che influenzano il clima e dei dubbi sollevati da molti climatologi. Ciò purtroppo non avvenne e si imboccò subito la strada dell’Agw anche a livello dell’Onu (Ipcc).
Quegli squilibri mai dimostrati
È scontato che l’uso dei combustibili fossili, che coprono tuttora circa l’80 per cento del fabbisogno energetico mondiale, debba avvenire con la preoccupazione di contenere al massimo i veri inquinanti (ossidi di zolfo, ossidi di azoto, incombusti e particolato), deve però essere chiaro che la Co2 non è un inquinante bensì il fertilizzante base di tutta la biosfera e, anche in concentrazioni molto più elevate dell’attuale, non è pericolosa per l’uomo.
I sostenitori dell’Agw forzarono la loro posizione basandosi su considerazioni etiche legate alla differenza di emissioni di Co2 tra paesi ricchi e paesi poveri e diffondendo analisi del consenso scientifico condotte senz’alcun rigore metodologico e criticate da molti studiosi del settore.
Per i sostenitori dell’Agw il legame tra emissioni antropiche di Co2 e Tgm è presto diventato scontato, la scienza non ha più nulla da dire e si cerca in ogni modo di censurare il dissenso. In realtà i dubbi rimangono. Segnalo in estrema sintesi i principali. La concentrazione di Co2 in atmosfera ha iniziato a cresce dal Settecento, quando le emissioni dai combustibili fossili erano irrilevanti.
La sua variazione è documentata con buona attendibilità solo dal 1958, da quando sono attivi l’osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii e altri collocati in modo opportuno in varie zone del pianeta. Si nota da allora a oggi un aumento da circa 315 a 410 ppm.
Le emissioni antropiche di Co2 contribuiscono ora per circa il 5 per cento delle totali immissioni in atmosfera e si rileva che l’aumento della sua concentrazione è praticamente eguale tra i due emisferi.
È ben noto – da osservazioni sperimentali legate alla diffusione del C14 conseguente le sperimentazioni nucleari nei primi anni Sessanta – che la fascia dell’Equatore costituisce una barriera molto impervia al rimescolamento atmosferico, non si capisce quindi come non resti un segno evidente del fatto che le emissioni antropiche sono concentrate in modo fortemente prevalente nell’emisfero settentrionale.
Resta quindi il dubbio che l’aumento di concentrazione di Co2 in atmosfera sia dovuto prevalentemente a contributi naturali e che le emissioni antropiche giochino un ruolo minore.
L’intento travestito
L’Ipcc stesso riconosce che il passaggio tra glaciazioni e interglaciazioni è sempre comandato da fattori orbitali della terra rispetto al sole e agli altri pianeti, le variazioni della concentrazione di Co2 seguono quelle della Tgm.
Dall’uscita dall’ultima glaciazione, circa 20.000 anni fa, non c’è evidenza certa di un effetto della concentrazione di Co2 ai livelli attuali sulla Tgm. L’Ipcc riconosce che l’effetto serra della Co2 sulla Tgm diminuisce all’aumentare della sua concentrazione e un suo raddoppio dal valore attuale comporterebbe un aumento di solo 1°C.
Le previsioni di aumenti nettamente superiori derivano da modelli di calcolo che introducono delle retroazioni, ma che applicati per periodi antecedenti danno previsioni fortemente sovrastimate. Questi modelli a detta di tanti esperti climatologi sovrastimano l’effetto della Co2, mentre sottostimano l’effetto di elementi naturali, in particolare del sole.
Pur permanendo queste incertezze, le esagerazioni dei sostenitori dell’Agw hanno portato a scelte politiche che hanno dato il via a un’economia che forzasse la riduzione delle emissioni antropiche di Co2 (Cfe: Carbon Free Economy). Questa condiziona pesantemente tutta la politica energetica mondiale, imponendo la riduzione delle emissioni di Co2 e incentivando le fonti rinnovabili con costi molto elevati.
Per la Cfe si spende nel mondo circa 1 miliardo di dollari al giorno. Tutto questo si ripercuote in alcuni paesi sviluppati – tra cui l’Italia – in un forte aumento del costo dell’energia, inoltre potrebbe ridurne la disponibilità, oltre a ostacolare la crescita dei paesi in via di sviluppo, forzati a rinunciare alla fonte energica più economica: i combustibili fossili.
Il cambiamento del clima globale, invece di restare un problema scientifico su cui continuare a studiare per migliorare le conoscenze, è diventato un mito ideologico che si è formalizzato in un vincolo generico sull’aumento di Tgm (sotto i 2°C) privo di ogni base scientifica.
Per reggere questa ipocrisia si attribuisce alla Co2 antropica qualsiasi evento infausto capiti sul pianeta, da quelli sperimentalmente indimostrabili (aumento di numero e intensità di fenomeni estremi a livello globale) a quelli spudoratamente falsi (migrazione di alcuni popoli).
La paura isterica del cambiamento climatico, alimentata a piene mani e dissennatamente dalla grande maggioranza dei media, ha poi dato lo spunto a una ristretta élite di politici e burocrati, autoreferenziatisi come salvatori del mondo, per inserire nelle politiche Cfe una serie di argomenti vari, poco o per nulla legati al cambiamento climatico, e imporre così linee guida sovranazionali che promuovano il “bene dell’umanità”. In sostanza un tentativo di avviare una “governance mondiale”.
C’è già un governo mondiale, l’Onu, che tra mille difficoltà tenta di risolvere alcuni grandi problemi che affliggono l’umanità: le guerre tribali e religiose, le malattie endemiche, la mancanza di istruzione, eccetera; in estrema sintesi, la riduzione della differenza tra paesi ricchi e paesi poveri.
Mascherare la lotta alla povertà, che ha una sua piena giustificazione, dietro la lotta all’Agw rischia una erronea allocazione di risorse intellettuali ed economiche, a esclusivo beneficio della lobby della Cfe, che avvantaggia la green economy e la pletora di burocrati e pseudo scienziati che a spese dei governi alimentano la paura del cambiamento climatico.
L’unica strada percorribile
Per affrontare le eventuali calamità legate ai cambiamenti climatici la strategia più efficace è l’adattamento al cambiamento, che consiste nell’identificare gli effetti dannosi più probabili e intervenire perché i danni siano contenuti.
Questa è efficace sia che il cambiamento sia antropogenico, sia che invece sia naturale, mentre il contenimento delle emissioni antropiche di Co2 (strategia della mitigazione) potrebbe risultare efficace solo nel caso di cambiamento climatico antropogenico.
Infine va segnalato che finora la strategia della mitigazione risulta praticata solo da alcuni paesi sviluppati con forti penalizzazioni per le loro economie e con modesti risultati a livello globale, dimostrandosi praticamente impercorribile.