L’impegno dei cattolici in politica

per Rassegna Stampa  

Testo della conferenza tenuta a Roma il 24 maggio 2023 presso la Residenza Universitaria Internazionale (RUI)

di Giuseppe Brienza

«L’incapacità di elaborare un giudizio di fede

circa ciò che sta accadendo

è una malattia gravissima di chi crede»

[card. Carlo Caffarra (1938-2017),

intervista rilasciata il 13 maggio 2015]

Oggi accade spesso di cercare un allenatore (coach) per fare progressi nello studio, nelle relazioni interpersonali, nello sport e persino nell’attività imprenditoriale. Uno che ci accompagni, insomma, un “maestro” che ci inizi a un’arte o ad una disciplina, un consigliere per i problemi sentimentali, finanziari, relazionali etc., ma per occuparci di politica? O meglio per esercitare le responsabilità di buoni cristiani e onesti cittadini che ha sempre insegnato san Giovanni Bosco?

La risposta a tale interrogativo l’ha data Giovanni Paolo II quando, nel Discorso di Puebla considerato di rilancio della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) dopo l’oblio post-conciliare.

Cattolici in politica ma solo con la DSC

Papa Woytjla arriverà a definire la DSC «un ricco e complesso patrimonio» che «nasce alla luce della parola di Dio e del magistero autentico», con lo scopo precipuo di orientare «la presenza dei cristiani in seno alle mutevoli situazioni del mondo, a contatto con le sfide che da esse provengono. Tale dottrina sociale comporta pertanto principi di riflessione, ma anche norme di giudizio e direttive d’azione» (1).

Lo stesso Pontefice ha affermato inoltre, nell’enciclica Sollicitudo rei socialis, che la Dottrina Sociale «appartiene non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specificamente della teologia morale» (2).

Possiamo così finalmente rispondere nel modo più chiaro alla domanda su che cosa sia la DSC: è una branca della teologia morale, che riguarda la formazione della coscienza politica e sociale dei cattolici e di tutti gli uomini di buona volontà.

L’insegnamento di Benedetto XV e di Papa Francesco

Volendo circoscrivere il Magistero sull’impegno dei cattolici in politica agli ultimi due Papi, possiamo iniziare con quanto affermato da Benedetto XVI proprio all’inizio del suo Pontificato. A proposito della responsabilità dei laici in un Paese come il Ruanda che ha vissuto nel 1994 quell’inaudito stillicidio di violenza che tutti ricorderemo (nell’arco di pochi mesi il genocidio causato dallo scontro antico tra tribù rivali fece scorrere fiumi di sangue, causando tra le 800mila e il milione di vittime), Papa Ratzinger chiese ai Vescovi di formare laici per «assumersi sempre più le proprie responsabilità nella società, in particolare nel campo dell’economia e della politica, con un senso morale alimentato dal Vangelo e dalla Dottrina Sociale della Chiesa» (3).

Certo, come riconosciuto davanti ad un gruppo di giovani italiani da Papa Francesco, oggi la politica non gode di buona fama. «Le cause sono molteplici – ha affermato il Santo Padre -, ma come non pensare alla corruzione, all’inefficienza, alla distanza dalla vita della gente? Proprio per questo c’è ancora più bisogno di buona politica. E la differenza la fanno le persone. Lo vediamo nelle amministrazioni locali: un conto è un sindaco o un assessore disponibile, e un altro è chi è inaccessibile; un conto è la politica che ascolta la realtà, che ascolta i poveri, e un altro è quella che sta chiusa nei palazzi, la politica “distillata” […], la peggiore politica, quella di andare avanti e farsi spazio facendo fuori gli altri, quella che persegue non il bene comune ma interessi particolari e usa ogni mezzo per soddisfarli» (4).

Un esempio nella Bibbia di “buona politica”

Come esempio biblico positivo di “buona politica” il Pontefice richiama la figura di Giuseppe figlio di Giacobbe che viene venduto come schiavo dai suoi fratelli, di lui invidiosi, essendo portato in terra straniera, in Egitto. Lì, però, dopo alcune peripezie, il patriarca viene liberato, ed entra subito al servizio del Faraone essendone riconosciuto come una specie di Viceré. Divenuto uomo di Governo Giuseppe «non si comporta da padrone, ma da padre: si prende cura del Paese; quando arriva la carestia organizza le riserve di grano per il bene comune, tanto che il Faraone dice al popolo: “Fate quello che [Giuseppe] vi dirà” (Gen 41,55) – la stessa frase che Maria dirà ai servi alle nozze di Cana riferendosi a Gesù -. Giuseppe, che ha sofferto l’ingiustizia personalmente, non cerca il proprio interesse ma quello del popolo, paga di persona per il bene comune, si fa artigiano di pace, tesse rapporti capaci di innovare la società» (5).

A chi studia la DSC è chiaro che rispetto alle concrete questioni economiche, politiche e sociali “opinabili” – non parliamo certo dei principi non negoziabili, che sono espressione della legge morale naturale -, vige tra i cattolici il principio del pluralismo e della piena libertà. In una famosa intervista il fondatore dell’Opus Dei san Josemaría Escrivá (1902-1975) ha insegnato al proposito, scandalizzando non pochi nella Chiesa di allora (eravamo nel 1968), che «in tutto ciò che non è di fede, ognuno pensa e agisce come vuole, con pienissima libertà e con pienissima responsabilità personale. Il pluralismo, che è la conseguenza logica e sociologica di questo fatto, non costituisce in modo alcuno un problema per l’Opera: anzi, tale pluralismo è una manifestazione di buono spirito» (6).

Questo riguardo agli “esiti” della riflessione e della elaborazione politica. In senso stretto, però, le fonti di tale riflessione ed elaborazione non possono che essere, per il laico impegnato in politica nel XXI secolo, il Catechismo della Chiesa Cattolica (11 ottobre 1992) e il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (2 aprile 2004). Entrambi questi due formidabili strumenti, in materia sociale e politica, possiedono le stesse caratteristiche e la stessa autorevolezza del Magistero della Chiesa. Attenzione, stiamo parlando di Dottrina e, quindi, né con le “fonti” né con gli “esiti” si deve confondere l’opinione o la dichiarazione di questo o quello (pure autorevole) Pastore della Chiesa, compreso il Papa (se non di pronunci ex cathedra, naturalmente). Difatti l’obbligatorietà di tener conto dei principi della DSC dipende dal collegamento con la verità umana e cristiana: la Dottrina Sociale della Chiesa non propone soluzioni tecniche ai problemi, essa indica criteri e direttive di carattere morale, vale a dire che favoriscono lo sviluppo integrale delle persone.

Difesa della vita, della famiglia e dell’educazione: atto dovuto per ogni cattolico

In definitiva la difesa della vita umana e della famiglia, il riconoscimento del diritto/dovere dei genitori di educare i propri figli e la libertà religiosa (principi non negoziabili) non sono solo valori importantissimi per la crescita personale e sociale, ma la loro protezione e promozione costituiscono un atto dovuto per ogni cattolico, così come per ogni persona che abbia a cuore il bene umano, indipendentemente dal suo schieramento politico e sociale.

A questo punto si potrà obiettare: come si fa a distinguere se un intervento appartiene alla Dottrina della Chiesa oppure costituisce un’opinione personale? Studiando meglio la Dottrina Sociale della Chiesa, leggendo e consultando in proposito il Catechismo e il Compendio della DSC.

Contro questo criterio d’impegno del cattolico in politica è scagliato spesso il principio di laicità oppure quello, maggiormente utilizzato almeno fino alla fine del secolo scorso, di libera Chiesa in libero Stato. Il primo come il secondo possono essere considerati corretti solo se ben interpretati. Quello cavouriano (7), infatti, s’intende nel senso che la Chiesa è libera soltanto nell’involucro dello Stato oppure entro le mura delle chiese e delle sacrestie. Si pretende così di impedire il suo ruolo pubblico, propugnando che in questo campo i cattolici dovrebbero rinunciare alla propria Dottrina quando agiscono in una funzione pubblica. Si è entrati, come ben si vede, nel perimetro dell’ideologia, vale a dire di quel laicismo che, per vari aspetti, si presenta (e non solo per i cattolici) sia illusorio che ingiusto.

Illusorio poiché le convinzioni di una persona, derivate o meno da una fede religiosa, influiscono necessariamente su quanto tale persona decide e su come agisce. Ingiusto perché i non cattolici applicano in questo ambito le proprie Dottrine. Difatti, tutti i cittadini, siano o meno cristiani, hanno il diritto e il dovere di agire coerentemente con le proprie idee, rispettando le differenze e la dignità di ogni persona. Anzi, accantonare le proprie convinzioni nella vita politica, accademica, culturale, ecc., comporterebbe una mancanza di sincerità, che è una virtù indispensabile nei rapporti sociali.

Detto questo i cattolici che partecipano da cittadini o da protagonisti all’impegno complesso e gravoso della gestione della vita pubblica, non possono eludere la responsabilità di un’adeguata conoscenza dell’insegnamento sociale della Chiesa e di una pratica politica che sia con essa coerente.

Mai confondere la giusta autonomia dei cattolici in politica con il relativismo

In questo ambito è particolarmente importante non confondere la giusta autonomia dei cattolici in politica con la disattenzione nei confronti dei valori etici naturali e cristiani. Non va dimenticato che le persone fanno crescere la comunità politica spinte dalla loro tensione naturale verso il vero e verso il bene perfetto. Anche in ambito politico l’intelligenza e la volontà umana sono costitutivamente orientate verso il vero e il bene e, di conseguenza, sono estranee allo scetticismo e al relativismo.

Nel contesto attuale occorre capire il meccanismo psico-sociale alla base dell’imposizione inavvertita di un pensiero Politicamente corretto che tende a diventare poi Pensiero Unico. Riprendendo la teoria della spirale del silenzio sviluppata negli anni Settanta del Novecento dalla sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann (1916-2010) (8), che in “anni non sospetti” derivava quasi tutto dall’analisi del potere persuasivo dei mass media, la tesi di fondo è che i grandi mezzi di comunicazione di massa, oggi soprattutto Social media, siano in grado di enfatizzare opinioni e sentimenti prevalenti, mediante la riduzione al silenzio delle opzioni minoritarie e dissenzienti. Per questo la Noelle-Neumann concludeva che solo «i santi e gli eretici cambiano il clima di opinione perché non temono l’isolamento» (9).

Conclusione (con un’opinione “proibita”)

Concludiamo con un’opinione che proviene da un uomo di grande esperienza e tutt’altro che “di parte” come Pippo Corigliano, a lungo responsabile della comunicazione dell’Opus Dei in Italia. Rispondendo ad un’intervista significativamente rilasciata in concomitanza con il referendum approvativo della riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016, l’ing. Corigliano ha infatti detto apertamente quello che molti pensano ma non dicono: «l’Italia ha perso l’ultima guerra e da sempre è soggetta all’influenza delle potenze vincitrici. Ultimamente però si ha l’impressione che i gruppi finanziari e le lobby internazionali pilotino maggiormente le scelte dei nostri politici» (10).

Occorre tenerne conto ma, per invertire la rotta, va presa coscienza che non si può che ripartire “dalle basi”, dai fondamenti e, quindi, anche dal punto di vista socio-politico, ancora una volta, dai principi non negoziabili (o essenziali). Prima di architetture costituzionali, normative, economiche o monetarie, occorre che il cattolico in politica metta cerchi di porre come priorità nazionali la promozione della vita, della famiglia e della libertà educativa.

Ecco quindi tre richieste minime e irrinunciabili che un “dottore della Chiesa” [a mio avviso dovrebbe così essere riconosciuto il card. Giacomo Biffi (1928-2015) per i suoi acuti studi e le sue “profetiche” interpretazioni non solo della Dottrina sociale ma anche dell’impegno politico cattolico] rivolge a legislatori e governanti nella prospettiva del bene comune: «1. Nei vostri atti attenetevi al significato originario delle parole, e chiamate “famiglia” soltanto l’unione stabile tra l’uomo e la donna che consegue al matrimonio. Sarà anche un modo doveroso di rispettare la Costituzione Italiana che all’art. 29 “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. 2. Vedete se è possibile prendere qualche provvedimento a favore delle nascite in un popolo demograficamente degradato come il nostro, con una solerzia e con una concretezza almeno pari a quelle che sono state usate per facilitare, regolarizzandola, la soppressione della vita umana innocente. 3. Non lasciate che prenda il sopravvento la logica della produzione e del profitto su quella della qualità della vita e salvate la domenica come normale giorno di riposo» (11).

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(1) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla III Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano, Puebla (Messico), 28 gennaio 1979, III/7.

(2) Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 30 dicembre 1987, n. 41.

(3) Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi del Ruanda in visita “ad Limina Apostolorum, 21 maggio 2005.

(4) Papa Francesco, Discorso ai giovani del “Progetto Policoro” promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, Sala Clementina, 18 marzo 2023.

(5) Ibidem.

(6) Josemaría Escrivá, Colloqui, Edizioni Ares, Milano 2002 (1968), n. 98.

(7) In realtà Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861) lo ha mutuato – come molti altri aspetti della sua politica del resto – dall’esperienza illuminista essendo stato, nello specifico, il principio di libera Chiesa in libero Stato formulato per la prima volta da Charles de Montalembert (1810-1870).

(8) Questa non molto conosciuta studiosa, fondatrice nel 1947 dell’Istituto di Demoscopia di Magonza, ha proposto una teoria dell’opinione pubblica che meriterebbe forse di essere maggiormente valutata alla luce delle attuali dinamiche della “dittatura del relativismo”.

(9) Cit. in Elisabeth Noelle-Neumann, La spirale del silenzio. Per una teoria dell’opinione pubblica, Meltemi Editore, tr. It. Milano 2002.

(10) Pippo Corigliano, Da cattolico, voto No alla “colonizzazione ideologica” dell’Italia, intervista a cura di Federico Cenci, agenzia “Zenit”, 2 dicembre 2016.

(11) Card. Giacomo Biffi, Liber Pastoralis Bononiensis. Omaggio al card. Giovanni Colombo nel centenario della sua nascita, EDB, Bologna 2002, p. 294.

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Per approfondire:

Cattolici in politica (nota della Congregazione per la dottrina della fede)