Triplicati i tossicodipendenti, fioriscono le piantagioni di cannabis
di Maurizio Blondet
Nel’98, la polizia dell’Aja ammetteva a mezza bocca: “Il 65 per cento della crescita di atti penalmente rilevanti che stiamo constatando e opera di giovani, e soprattutto di giovani consumatori di droghe”.
Jelle Kuiper, commissario di polizia di Amsterdam, ha avuto più coraggio. Ad alta voce ha dichiarato: “Finché la nostra classe politica cerca di far credere che le droghe leggere non creano dipendenza, noi affrontiamo ogni giorno problemi che ufficialmente non esistono: un enorme numero di giovani pesantemente dipendenti, con le ovvie conseguenze penali”.
Formalmente, l’Olanda mantiene i divieti cui la obbligano i trattati internazionali. Per esempio: ha ammesso la vendita di canapa indiana, ma solo per uso interno. Mantiene il divieto di importazione di hashish e marijuana.
Da dove viene allora il prodotto venduto a quintali nei 1200 Koffie-shops sparsi per il Paese, e gestiti da malavitosi? Semplice: è coltivato localmente. In oltre 20 mila piantagioni allestite in autorimesse e sottoscala. Illuminate per 18 ore al giorno con lampade di mille watt, le piante di canapa crescono come ai Tropici.
Un “giardino” di 40 metri quadri rende 35 chili di erba l’anno, con un guadagno di 120 milioni di lire per il produttore. Il rischio è minimo: due anni di prigione al massimo, se si viene scoperti Probabilità remota, tuttavia la polizia olandese, finora, è intervenuta nei rari casi in cui vicini della piantagione di cannabis si sono lamentati dell’odore delle piante in fioritura. Un rischio che gli agricoltori dello sballo hanno imparato a scongiurare, dotando i loro impianti di filtri dell’aria. E gli olandesi sono ottimi coltivatori in serra, come si sa.
A forza di selezioni, la cannabis olandese, detta Nederwiet, s’è guadagnata una giusta fama: è la più forte del mondo. Se la canapa marocchina contiene il 5-7% di principio attivo (lo stupefacente THN), il Nederwiet arriva al 35%. E’ ancora una droga “leggera”? L’ineffabile Ministero della Sanità ha risposto ufficialmente che la marijuana è ancora più “pesante”.
Ma il medico inglese Bryan Wells, un esperto di disintossicazione, dice: “Per la prima volta cominciamo a vedere nei forti consumatori di questa cannabis i sintomi di astinenza prodotti dalle droghe pesanti”. Con le conseguenze ovvie in termini di piccola criminalità. Ma è la criminalità grande, che ha posto le sue basi indisturbata in Olanda, a preoccupare di più. Il raccolto annuale del Nederwiet tocca (calcola l’Europol) le 100 tonnellate annue. Di cui 65 vengono esportate in Europa e Stati Uniti da una malavita (ormai composta anche da slavi e cinesi) che conta su un giro d’affari di 20 mila miliardi l’anno.
La canapa rende all’Olanda più dell’export di tulipani Una prospera industria collaterale è nata attorno alla cannabis. Circa 200 negozi di consulenza agricola sono nati in Olanda per fornire manuali, fertilizzanti, insetticidi e sementi selezionate di “canna” (le più costose si chiamano White Widow e Black Domina) a chi voglia dedicarsi a questo tipo di coltivo. Per i turisti che vogliano esportare il prodotto, l’Olanda della malavita ha aperto altri 150 negozi (Smartshops) che vendono false lattine di deodoranti spray, o finte lattine di Coca Cola, in cui nascondere i semi ai doganieri.
Gli stessi negozi vendono droghe “leggere” come gli allucinogeni: particolarmente richiesto il “fungo olandese” o pnklestoelen. Pensare che, tra le speranze della politica di tolleranza, c’era il proposito di “separare i mercati” tra droghe leggere (permesse) e pesanti(vietate), si che dalla canna non si passasse alla coca. Secondo l’ufficiale Istituto Trimbos, le cose sono andate altrimenti: dall’entrata in vigore della depenalizzazione, in Olanda, il numero dei tossicodipendenti è triplicato
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