Il Corriere del Sud 13 maggio 2020
di Andrea Bartelloni
“Making the foreign serve the China” diceva Mao Zedong e fin dall’inizio aveva fatto della propaganda un’arma importante. Ma gli stranieri sembrano ribellarsi. Il primo segnale arriva dalla Svezia che chiude i principali strumenti di propaganda del regime cinese: gli Istituti Confucio che sono sparsi in tutti i parsi del mondo e influenzano il mondo culturale attraverso le università nei quali sono installati.
Così facendo preparano l’opinione pubblica ad assorbire la propaganda che viene dalla Cina. Una strategia che, dopo Tienanmen (1989) ha visto l’ufficio per la Propaganda Estera, istituito nel 1991, implementare la strategia di conquista del consenso nei paesi occidentali per controllare le informazioni anche attraverso i media internazionali.
In quest’ottica si spiega lo sforzo per influenzare i media attraverso le agenzie di stato come Xinha News Service e China Media Group che si affianca al lavoro svolto negli anni dagli Istituti Confucio. La politica è quella di “prendere in prestito una barca per andare in mare” (Liu Zepeng, 2003) è così che nascono partenariati con giornali, stazioni televisive e radio che diventano casse di risonanza per i contenuti forniti dal Partito Comunista cinese.
Esempi non mancano. China Daily, fondato nel 1981 e distribuito in più di 150 paesi, ha stipulato accordi con almeno 30 quotidiani stranieri per pubblicare inserti di quattro, otto pagine con titoli inneggianti ai successi cinesi nei più svariati settori.
Ultimo il Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria italiana che ha stretto un rapporto di collaborazione (marzo 2019) con l’Economic Daily Group che fa parte del gruppo multimediale Economic Daily Press che comprende 10 quotidiani, sei magazine e un sito di informazione economica in otto lingue e che ha pubblicato, recentemente (12 aprile) un inserto di otto pagine sulla collaborazione Cina-Italia nella lotta alla pandemia da Covid-19.
L’inserto contiene articoli quasi tutti firmati da giornalisti dell’Economic Daily. Tra i giornali oggetti degli accordi stipulati dal China Daily quotidiani prestigiosi come il New York Times, il Washington Post, il Wall Street Journal, e l’UK Telegraph con budget milionari.
Il Telegraph sembra scuotersi da questo giogo, notizia riportata dal Guardian, non pubblicando, dopo 10 anni, la sezione China Watch, finanziata dal China Daily. Il ruolo della Cina nella pandemia da coronavirus sta iniziando a scuotere l’opinione pubblica occidentale e anche il New York Times, Washington Post e Wall Street Journal hanno sospeso le pubblicazioni finanziate, e profumatamente, dalla Cina. Il Sole 24 Ore, per adesso, fa eccezione.
Mentre il mondo anglosassone sembra accorgersi dell’invadenza cinese e corre ai ripari la macchina di propaganda del partito non si ferma e continua a lavorare. Il China International Trust and Investment Company (CITIC), azienda di investimenti fondata nel 1979 alle dipendenze del Ministero delle Finanze e con un portafoglio molto differenziato, secondo Radio Praga (radio.cz) e confermato anche dall’Agenzia di stampa Ceca Ceske noviny (ceskenoviny.cz), avrebbe raggiunto il controllo del 57% delle azioni del più grande gruppo editoriale cieco: Medea.
Una delle principali media agency della Repubblica Ceca, di cui già possedeva il 30% e che finora era nelle mani di Joromin Soukup, proprietario anche di Tv Barrandov e altri magazine.
Soukup, anche in passato, ricorreva a finanziamenti sia dalla Cina che dalla Russia per le sue aziende. L’acquisizione sarebbe passata inosservata senza l’attento monitoraggio di HLÍDACÍ PES (hlidacipes.org) che ha attirato l’attenzione su questi tentativi di Pechino di influenzare i media cechi.
La società utilizzata per l’acquisto è la Rainbow Wisdom Investment dedicata agli investimenti cinesi nella Repubblica ceca grazie anche ai buoni uffici di un ex ministro della difesa e di uno stretto consigliere del presidente Miloš Zeman, ritenuto filocinese, anche se ultimamente il coronavirus ha consigliato delle correzioni di stile.
Anche dalla Svizzera arrivano notizie sull’influsso della propaganda cinese attraverso forme di pressione da parte del Fronte Unito. Il Fronte Unito è un’alleanza di otto partiti utile per affermare che in Cina non ci sarebbe un partito unico (it.bitterwinter.org), ma molto utile anche all’estero come dimostra la Svizzera dove le sue azioni hanno impedito l’esposizione delle bandiere del Tibet durante la celebrazione della rivolta popolare del 1959.
E anche in Svizzera è arrivato un cargo di materiale protettivo. Xi Jinping ha definito l’informazione una delle tre “armi magiche”, speriamo che il coronavirus spezzi quest’incantesimo.
E qualche cosa in questo ingranaggio sembra incepparsi
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