Unione cristiani cattolici razionalisti (UCCR) 06 Mar 2025
L’ipocrisia di molti cattolici giustamente scandalizza: ma di quali cattolici si parla? Quelli semplicemente nominali o chi davvero si impegna nel vivere autenticamente la fede? Una recente indagine mostra che i cristiani impegnati sono anche i più coerenti con i principi che professano.
Nel dibattito pubblico è comune sentire l’accusa che i cristiani e i cattolici siano ipocriti, riducendo la loro fede a una semplice etichetta.
Tuttavia, recenti studi dimostrano come chi vive concretamente la propria fede attraverso la partecipazione alla vita della comunità ecclesiale manifesta comportamenti che smentiscono tali generalizzazioni.
L’ipocrisia dei cattolici, pregiudizio o verità?
Occorre ammettere che i pregiudizi hanno spesso una base di verità.
In questo caso non si può negare che moltissime persone si manifestino pubblicamente come cristiane o cattoliche contraddicendo però (spesso volontariamente) i principi in cui dovrebbero credere con le scelte quotidiane che la vita richiede.
E va anche detto che l’ipocrisia dei cattolici (e dei cristiani in generale) è da sempre ciò che più scandalizza il resto del mondo.
Nei Vangeli, Gesù ammonisce ad esempio scribi e farisei chiamandoli «ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa dei morti e di ogni impurità» (Mt 23,27-28).
Anche Papa Francesco ne ha parlato spesso, soprattutto in una frase che è stata spesso citata e riportata male: «Quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno tutta la giornata lì o vanno tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri».
Cattolici e ipocrisia: una fede vera o solo nominale?
Il problema nasce dalla confusione tra chi si definisce cristiano “a parole” e chi, invece, anche senza doverlo dire, impegna concretamente la propria vita nel seguire i valori del Vangelo.
Numerose ricerche evidenziano che il vero impatto della fede si manifesta quando questa viene praticata quotidianamente, ben oltre la mera dichiarazione di appartenenza. È importante infatti distinguere tra chi si limita a etichettarsi e chi invece investe tempo ed energie nel proprio percorso spirituale.
I recenti dati forniti dal Colson Center statunitense offrono una visione illuminante sull’ipocrisia dei credenti.
Le statistiche rivelano che chi alimenta quotidianamente la propria fede:
- Ha il 30% di probabilità in meno di soffrire di solitudine;
- Mostra una riduzione del 57% di comportamenti eccessivi legati all’alcol;
- Ha il 61% di probabilità in meno di fruire di contenuti pornografici;
- Ha il 228% di probabilità in più di condividere la propria fede;
- Ha il 231% di probabilità in più di saper guidare spiritualmente altri.
Questi numeri e questi comportamenti sono ovviamente indicativi, trascinandosi dietro tutte le problematiche di uno studio su attività documentabili in un’indagine statistica.
Qualche anno fa segnalavamo sullo stesso tema una ricerca che indicava che i cristiani sono più propensi a fare beneficienza, un’altra rilevava che chi riceve un’educazione religiosa tende ad avere un comportamento migliore.
In quei casi però gli autori non si soffermarono sull’autenticità della fede professata.
Il recente studio invece evidenzia come l’impegno cristiano, fatto ad esempio di letture dei testi sacri e vita parrocchiale ad esempio, sia un vero e proprio strumento di trasformazione personale e sociale.
Secolarizzazione: quali cristiani stanno diminuendo?
Bisognerebbe dunque essere più prudenti prima di parlare di ipocrisia dei cattolici.
Un conto sono coloro che semplicemente si definiscono cattolici (per tradizione, per abitudine ecc.) e un altro sono le persone che orientano costantemente la loro vita alla luce dell’ideale e dei valori cristiani.
Questa distinzione andrebbe anche fatta quando si citano sondaggi e statistiche relative alla secolarizzazione: quali cristiani e cattolici stanno abbandonando la Chiesa? Quelli che si dichiarano tali o quelli che vivono coerentemente da cristiani (anche senza dirlo)?
Nei giorni scorsi il Pew Research Center ha pubblicato dei dati su un ampio campione in cui si osserva che negli Stati Uniti sembra essersi fermato il declino del cristianesimo, stabilizzandosi a 6 adulti su 10.
Un dato interessante, certamente, ma il quale non è completo fintanto che non si appura l’autenticità di fede di coloro che, pochi o tanti che siano, si dichiarano cristiani.
Quel che sembra emergere dai dati citati è che l’impegno reale nella vita spirituale allontana effettivamente l’ipocrisia.
La fede autentica si manifesta anche nel tentativo (!) di coerenza tra parole e azioni, pur considerando chiaramente gli sbagli che sempre ci saranno, le continue cadute e gli effetti del peccato originale che da sempre ci spingono a scegliere il male anche se vorremmo fare il bene.