di Stefano Fontana
Direttore dell´Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân
I cittadini irlandesi hanno bocciato il Trattato di Lisbona, costringendoci a ripensare l’Europa. Anche se il percorso costituente potrà continuare, questo fatto, come già la bocciatura di Francia e Olanda della Costituzione europea, richiederà senz’altro un ripensamento.
Tra i tanti motivi dell’esito irlandese che si possono addurre, uno ci sembra particolarmente significativo. Nei campi sensibili della vita, della bioetica, della famiglia i cittadini sentono che l’Europa talvolta non rispetta l’etica diffusa nei popoli e cerca di imporre dall’alto una antropologia individualistica e una filosofia relativistica.
Casi di questo tipo ce ne sono stati tanti. La Corte di Giustizia di Strasburgo ha di recente sanzionato la Francia in quanto, pur permettendo l’adozione da parte dei singles, l’ha negata ad una donna omosessuale.
La Corte di Giustizia delle Comunità europee ha dichiarato che il diritto comunitario impone la pensione di reversibilità anche alle coppie semplicemente registrate e che le leggi nazionali non possono discriminare fra queste ultime e quelle regolarmente costituite in matrimonio. Il Consiglio d’Europa ha approvato una nuova Convenzione sul tema delle adozioni, che apre alle coppie omosessuali e ai singoli.
L’opinione pubblica non distingue con precisione tra un organismo e l’altro. Per esempio, il Consiglio d’Europa, appena citato, non c’entra nulla con l’Unione europea. Non distingue molto nemmeno tra politica e giurisprudenza. Sente tuttavia, vagamente ma insistentemente, che le istituzioni sovranazionali cercano di intervenire nei settori di competenza delle nazioni e, per di più, su temi molto sensibili. Di questo hanno un po’ paura. Paura non dell’Europa ma dell’ideologia europeista che di fatto non rispetta il principio di sussidiarietà.
Lo stesso trattato di Lisbona, valido per molti aspetti, recepisce la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione che contempla anche i “nuovi diritti” e nell’articolo 9 apre alla possibilità di legislazioni che contemplino varie forme di famiglia”.
Alla vigilia della consultazione i vescovi irlandesi hanno reso nota una Lettera, disponibile anche nel nostro Sito, dal titolo molto pertinente “Nutrire una comunità di valori”. I vescovi non hanno certamente preso posizione.
Nella loro Lettera, però, c’erano delle osservazioni che, lette a posteriori dopo il risultato della consultazione, suonavano premonitrici, come il riconoscimento che c’è una crescente difficoltà da parte dei cittadini a identificarsi con il progetto europeo, e soprattutto che l’Europa non è solo una comunità economica ma una civiltà i cui valori sono ancora vivi.
I Padri fondatori – affermavano i vescovi – non solo erano cattolici impegnati, ma pensavano che la dottrina sociale della Chiesa potesse contribuire ad una nuova Europa. Tra i valori di questa civiltà il cristianesimo ha un posto privilegiato, esso ha prodotto l’umanesimo europeo. Il preambolo del Trattato di Lisbona – continuavano i vescovi – fa riferimento alla sua “eredità culturale, religiosa ed umanistica”. E’ fonte di rammarico che manchi un esplicito riconoscimento all’eredità cristiana.
I vescovi avevano concluso dicendo “L’occasione del referendum deve servire per riflettere sul tipo di Europa che vogliamo per i nostri figli e nipoti”. Dato l’esito, questo invito assume ancora maggiore rilevanza.
(A.C. Valdera)