L’omosessualità non è più un tabù e i gay sono ovunque élite. Perciò, dietro gli allarmi sull’intolleranza, si cela il tentativo di rovesciare l’ordine simbolico fondato sui due sessi. Rivoluzione che sarà esiziale per l’umanità
di Claudio Risé
Pare strano che, con la pandemia ancora tra i piedi, le riforme da fare a cominciare dalla più rognosa (guarda caso quella della giustizia) ed il debito internazionale più alto di sempre, i parlamentari italiani perdano altro tempo con il vetusto disegno di legge Zan, a difesa degli omosessuali perseguitati. Argomento non più d’attualità fin dai primi anni Sessanta, quando un irreprensibile professore di Piacenza venne condannato per plagio (reato inventato appositamente per l’occasione) per una storia d’amore con un giovane assistente. Si potrebbe pensare all’effetto pile scariche da tempo attivo nella sinistra italiana. Non è però così.
Perché lo scopo del ddl Zan, come è ormai del tutto manifesto, e anche dichiarato da qualche entusiasta promotore, non ha niente a che vedere con le vere pene degli omosessuali, che oggi sono molto più seriamente descritte negli asciutti libri dello scrittore Walter Siti che nell’untuosa prosa del d.d.l. Zan. Senza contare la bizzarria di sbandierare un pietismo di maniera verso un gruppo che oggi è quasi ovunque ai vertici della società.
Innanzitutto il numero di aggressioni è risibile: nelle statistiche ufficiali poche decine all’anno, contro centinaia ai danni di uomini e donne eterosessuali, feriti eanche uccisi. Se poi si allarga lo sguardo alla condizione sociale della realtà di oggi, si vede come le persone omosessuali siano fra i gruppi più rappresentati al vertici della società contemporanea, a capo delle aziende più importanti del mondo, delle maggiori istituzioni finanziarie, della politica e della cultura. Il fenomeno è noto e raccontato non solo nelle statistiche ma da libri e film.
Per la verità questo è stato vero anche in altre epoche storiche, dove gli omosessuali, pur essendo in un gruppo numericamente minoritario, hanno avuto rappresentanti significativi tra le personalità più importanti. Dal soldato e scrittore inglese Thomas Edward Lawrence (d’Arabia), che nel primo Novecento con le sue campagne militari diede forma a quelli che sono gli attuali Stati arabi del Medio Oriente, fino a (correndo all’indietro) Giulio Cesare o Alessandro Magno: l’omosessualità e bisessualità sono comportamenti presenti nei gruppi al vertice delle società di ogni tempo. Inoltre l’Italia è da sempre un’icona dell’accoglienza verso la sensibilità e la cultura omosessuale: Capri, Taormina, Venezia sono solo le più famose tra le località italiane diventate iconiche nella cultura gay.
Come mai dunque questa insistenza per ottenere una legge di tutela di una minoranza piuttosto benestante, internazionalmente riconosciuta come un attuale gruppo di élite e per nulla minacciata? Il fatto è che la battaglia per la punizione delle «parole e gesti di odio verso i gay» (peraltro già oggi perseguibili), è la copertura di un’operazione diversa e molto più complessa: la sostituzione del riconoscimento dell’identità sessuale con «l’identità percepita»: il gender; ridotto poi a pratiche sessuali secondo la teoria -peraltro molto criticata nello stesso campo degli studi di genere dell’americana Judith Butler.
È la ribellione più profonda possibile verso la natura, oggi formalmente omaggiata da partiti ecologisti e anche dai vertici delle multinazionali che spingono (giustamente) la transizione a un’economia ecologicamente sostenibile. Poi però molti di loro, come la Open society di George Soros, tra i maggiori finanziatori delle organizzazioni Lgbt, appoggia la demolizione delle identità naturali: maschio-femmina, madre-padre. Agli Lgbt -oggi il gruppo di pressione più potente del mondo – si accodano volentieri partiti sfiatati, ormai privi di identità, programmi e militanti.
Queste nuove identità «auto-percepite» non corrispondono più ai corpi i cui si è nati, ma a «ciò che ci si sente». E che può variare nel corso della vita, come effettivamente accade. Siamo dunque a un livello molto diverso della difesa di minoranze, non più oppresse da tempo. Qui si vuole rovesciare l’ordine simbolico fondato sui due sessi – maschile e femminile – sul quale si è finora sviluppata l’umanità e la personalità di tutti, donne e uomini di ogni sesso e orientamento in tutto il mondo. Ma il risultato sarebbe il caos.
Gli studiosi dei due generi, degli aspetti culturali del sesso, indagati appunto nei «gender studies», di molto preesistenti alla Lgbt, sono stati i primi a reagire a queste posizioni, in bilico sul delirio di chi (come dice un proverbio francese) «si scambia per il buon Dio» e provvede a una nuova creazione.
«I generi non sono come le scarpe, che si scelgono e comprano al mercato, in base al numero», nota un autore di studi di genere dell’Università di Washington. Inoltre, precisa un altro, dell’Università di Sidney: «Siamo abituati a considerare il genere come una caratteristica individuale, ma dobbiamo riconoscere l’esistenza di un ordine simbolico a cui ogni persona del mondo appartiene». Non possiamo essere noi a decidere di modificarlo.
Non si tratta di questioni superficiali: i due sessi, maschile e femminile, sono l’inizio e il fondamento della storia e civiltà umana. Non è un caso che nelle grandi narrazioni delle varie culture l’incontro tra maschile e femminile compaia fin dalle prime pagine (come nel libro Genesi della Bibbia): è li che inizia l’umanità, e si riproduce ad ogni generazione.
Sostituire il femminile e il maschile con un numero imprecisato di identità di genere auto-dichiarate a seconda delle proprie preferenze e fantasie, sarebbe certamente un evento di carattere epocale, ma nel senso apocalittico: difficile immaginare seriamente come l’umanità potrebbe continuare. Proprio perché la sessualità e anche il genere non sono solo fatti individuali ma sociali, che rimandano a un ordine simbolico che trascende il singolo individuo. Rovesciarlo fa naufragare l’intera società. Questo almeno alla luce dell’antropologia, della socio-biologia, della psicologia clinica e delle altre scienze umane.
Fa male poi anche solo pensare alla condizione di bambini e adolescenti che nella loro fase di latenza, durante la dove hanno particolare bisogno di affetto e silenzioso rispetto del delicato sviluppo della propria identità, che sono affidati a conferenze e colloqui con il personale specializzato che sarà fornito dal d.d.l. Zan per formare in loro le nuove identità “auto-percepite”. Si tratta di iniziative dall’apparenza mite ed invece fortemente determinate a rovesciare l’ordine della natura. Inevitabile vedere qui scorrere le immagini di Bibbiano, del Forteto e degli altri massacri di bambini celebrati nel nome del progresso.
Per pietà, fermate questa macchina.